Le città di pianura, recensione: il film di Francesco Sossai è una canzone triste, stonata e meravigliosa

Scapigliato e avvinazzato, tra Bukowski e la pianura Veneta. Un atto d'amore in cui funziona tutto. Scrittura, regia, cast. Uno dei migliori titoli italiani del 2025. In sala dal 25 settembre.

Una scena de Le città di pianura

Un giro di chitarra scordata, una birra calda, una smorfia sul viso. Dietro Le città di pianura, opera seconda di Francesco Sossai, c'è un cinema gigantesco eppure modellato secondo l'intimità di un primo piano che racchiude un mondo intero. In mezzo i dettagli, le parole, i silenzi. È il cinema italiano che vorremmo, quello ideato e poi strutturato secondo il cuore dei personaggi, scritti in modo perfetto.

La Citta Di Pianura Filippo Scotti Sergio Romano Pierpaolo Capovilla 2025 Vivo Film Maze Pictures
Le città di Pianura: Filippo Scotti, Pierpaolo Capovilla, Sergio Romano

Le città di pianura è una ballata beffarda, un on-the-road ironico, un buddy-movie in salsa veneta; uno sguardo aperto sulla geografia umana portata fuori i confini, e per questo resa verace, vivida, coinvolgente. C'è la scrittura (a firmare lo script Sossai insieme ad Adriano Candiago), c'è la tecnica, c'è il cuore che comanda e continua ad avere ragione, portando il film ad un'elevazione popolare di straordinario impatto emotivo.

Le città di pianura: un on-the-road alla ricerca dell'ultimo bicchiere

La Citta Di Pianura Filippo Scotti 2025 Vivo Film Maze Pictures
Filippo Scotti è Giulio

Le città di pianura, presentato nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2025, mostra e dimostra quanto ogni film non possa prescindere dal racconto. Un racconto country in questo caso, costruito seguendo lo spazio occupato dall'asetticità circolare della pianura veneta, stesa a metà tra il mare, la laguna, le colline e le montagne. Una "terra" che diventa "territorio", usurpato e svilito dalle logiche delle infrastrutture che divorano tutto. Una landa riletta da Sossai (nato a Feltre, in provincia di Belluno) leggendola come se fosse il Texas paludoso di Joe Lansdale: l'aria che appiccica, i ricordi passati e le notti che non finiscono, riempite da personaggi sghembi, colore e anima del film. Tra loro, Carlobianchi e Doriano (Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla), stropicciati cinquantenni con l'ossessione di bere "l'ultimo bicchiere".

La Citta Di Pianura Foto
Alla ricerca dell'ultimo bicchiere

Attendono da anni il ritorno di Genio (Andrea Pennacchi), collega di fabbrica nonché compare d'avventure sparito in Argentina, dopo aversela data a gambe sotterrando un gruzzolo guadagnato raggirando l'azienda di occhiali per cui lavoravano. E attenzione al dettaglio: gli occhiali sono fondamentali nel film, bizzarri e fuori luogo, scelti dai costumisti Ilaria Marmugi e Guillem Soler Pou. Durante una delle loro solite serate a bordo di una scassata Jaguar, tra un bar e un letto rimandato, Carlobianchi e Doriano incontrano Giulio (Filippo Scotti), intimidito studente d'architettura ossessionato per il Memoriale di Brion che, guarda caso, ha la stessa struttura poetica del film: diversi elementi mischiati tra loro, capaci di creare una grande armonia. I due trascinano Giulio in quella che diventerà un'epifanica sbronza.

Un avvinazzato atto d'amore

Girando attorno ad un punto di rottura che non arriva mai, e per questo diventando ancora più focale in un finale che "cerca la provvidenza" nella bellezza di un gelato al limone, il film di Francesco Sossai elabora un certo immaginario cinematografico, lavorando di sensazioni, di scenografie (Paula Meuthen) e di musica (lo score è firmato da Krano), per prendere in prestito il cinema di Dino Risi, di Bela Tarr, di Kaurismäki ma, reggetevi forte, anche di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ne Le città di pianura ritroviamo l'esaltazione dell'amicizia, dolente e disillusa, già vista in Tre uomini e una gamba e Così è la vita (il fatto che poi siano tre i protagonisti rafforza il concetto), e declinata secondo un senso divergente, e per questo intenso e significativo.

La Citta Di Pianura Scena
I tre protagonisti

Emancipandosi dagli stereotipi delle storie d'amore, Sossai alza e modula uno stonato ritmo sentimentale, in cui il montaggio a velocità alternate rende il rapporto a tre in perpetua evoluzione. Potere di un racconto avvinazzato che cita Bukowski e Carlo Mazzacurati, esaltato da una pellicola (alla fotografia Massimiliano Kuveiller) che trasmette il senso stretto del cinema. E poi l'umorismo che diventa comicità, mascherando un dolore d'animo che si riflette negli occhi lucidi e stanchi di Romano e Capovilla, capaci di sintetizzare, senza troppe parole, il significato di cosa vuol dire essere attori.

La Citta Di Pianura Photo By Simone Falso 2025 Vivo Film Maze Pictures
Nel Memoriale di Brion

Come se fossero il Gatto e la Volpe, ma dal cuore gentile e stropicciato, insieme ad un Pinocchio ancora incapace di vivere. Almeno fino a quando quel "io non sono come voi" si trasformerà in un abbraccio. Proprio come i due famosi cerchi della tomba di Brion: un incrocio perfetto, possibile solo alla fine di un viaggio che possa portare alla conoscenza di sé, e quindi portando ad una rinnovata consapevolezza dell'altro. Un vero e proprio atto d'amore, come Le città di pianura di Francesco Sossai.

Conclusioni

Le città di pianura re-inventa l'immaginario veneto attraverso un on-the-road avvinazzato e sgualcito, che vive e si evolve grazie alla scrittura, ai personaggi, alla messa in scena applicata ad una geografia umana dalle forte emotività. Il film di Francesco Sossai è il cinema italiano al suo meglio, legato ad un immaginario ben definito eppure costantemente nuovo e sorprendente. Da non perdere.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il tono scelto.
  • La scrittura ineccepibile.
  • Il cast e la location.
  • Il finale.

Cosa non va

  • Non troviamo particolari aspetti negativi.