Le assaggiatrici, intervista a Silvio Soldini: "La consapevolezza è tutto"

Il regista più misterioso del cinema italiano porta sullo schermo il libro di Rosella Pastorino: tra l'orrore della guerra, l'importanza di raccontare storie e le contraddizioni degli esseri umani. In sala.

Silvio Soldini è il regista di Le assaggiatrici

Silvio Soldini è il regista più schivo del nostro cinema. Si fa vedere poco e quando concede interviste per promuovere i suoi film è sempre rigoroso e preciso. Come le sue opere. Non fa eccezione Le assaggiatrici, in sala dal 27 marzo dopo aver aperto il Bif&st. Adattamento dell'omonimo romanzo di Rosella Pastorino, parte da una storia vera, quella di un gruppo di donne scelte per assaggiare il cibo di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale. Ossessionato dall'essere avvelenato, il Führer faceva assaggiare il cibo tre volte al giorno per sicurezza.

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Elisa Schlott in Le assaggiatrici

La protagonista è Rosa Sauer (Elisa Schlott), fuggita da Berlino nella campagna polacca, con il marito al fronte. Portata nel quartier generale nazista Tana del Lupo, dal 1943 fino alla fine del conflitto ha questo rapporto inquietante con il cibo, le sue compagne di sventura e anche il capo della struttura, Albert Ziegler (Max Riemelt).

La vera assaggiatrice ha confessato cosa le è successo soltanto nel 2012, a 95 anni: colpita dal suo racconto, dopo aver letto l'articolo in cui veniva spiegato quanto avvenuto a questo gruppo di donne Patorino ha scritto il libro. Ora Soldini ne ha fatto un film che, come suo solito, diventa spunto per riflettere sulla natura degli esseri umani. E, pur raccontando fatti di 80 anni fa, è più attuale che mai. Ce lo spiega nella nostra intervista.

Le assaggiatrici: intervista a Silvio Soldini

In Le assaggiatrici si spiega che Hitler amava molto gli animali, al punto da essere vegetariano. Lo era diventato dopo essere stato traumatizzato dalla mattanza in un mattatoio, vista da piccolo. Un'informazione sconvolgente se pensiamo a quanto abbia fatto poi con i campi di concentramento. Come si fa ad amare tanto gli animali e così poco gli esseri umani?

Silvio Soldini: "È quello che dice infatti il suocero di Rosa: le dice proprio che ama tanto gli animali, ma poi a loro fa fare le cavie. È un film di contraddizioni. Ce ne sono tante in questa storia: anche quella di mangiare del cibo durante una guerra. Sappiamo che la guerra porta fame e povertà, mentre loro mangiano. Questo dura un anno, un anno e mezzo. Però sapendo un'altra contraddizione: ovvero che forse ci rimangono secche, perché il cibo potrebbe essere avvelenato. E ci sono delle contraddizioni anche nel personaggio di Rosa, che è un personaggio stupendo, secondo me. Proprio perché è pieno di contraddizioni. Addirittura scoppia una storia d'amore folle, di sesso e di amore, col tenente delle SS, che è quello che le opprime".

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L'importanza della consapevolezza

I posteri hanno decretato, senza dubbio alcuno, che la Germania nazista nei primi anni del Novecento sia stata da quella che si definisce "la parte sbagliata della storia". Spesso si dice che l'intero popolo tedesco sia stato colpevole di quell'orrore, perché è impossibile che le persone non sapessero. Invece Le assaggiatrici si interroga anche su questo: Rosa vede che i metodi dei Nazisti e di Albert sono duri, ma non si immagina quanto stia facendo nei campi. Gli orrori che lui e i suoi hanno messo in atto. Quando lo scopre i suoi sentimenti cambiano completamente. Ecco: quanto è importante la consapevolezza?

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Elisa Schlott e Max Riemelt in Le assaggiatrici

Il regista: "La consapevolezza è alla base di qualsiasi possibilità di agire. A volte non vogliamo essere consapevoli di qualcosa, che magari sappiamo anche, ma facciamo finta di non sapere. Questo è avvenuto anche in Italia durante la guerra, non solo in Germania. E chissà in quanti altri paesi è avvenuto e avviene tutt'ora. È difficile prendere consapevolezza e coscienza di qualcosa. Anche nel nostro piccolo, nella nostra vita quotidiana: a volte ci sono delle cose che facciamo fatica ad ammettere".

La necessità di raccontare storie

Alla fine del film si legge che, come dicevamo, la vera assaggiatrice ha confessato quanto le fosse successo da ragazza soltanto nel 2012, a 95 anni, poco prima di morire. Il suo racconto ha aggiunto un altro tassello a quell'orrore che è stato la Germania nazista. Ecco: quanto è importante raccontare storie?

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Una scena di Le assaggiatrici

Soprattutto per una persona come Soldini, che ne ha fatto la propria vita, è qualcosa di fondamentale: "Le storie sono importantissime. Per quanto riguarda questo film credo che il merito principale vada a Rosella Pastorino, che da questa vicenda, di cui ha letto in un'intervista, ha tirato fuori un romanzo. Io poi ho pescato da questo romanzo, prendendo quello che mi serviva per il mio film. Ho preso tutto quello che mi aveva emozionato e fatto riflettere: c'era pane per i miei denti. Però è lei che ha scritto la storia. Devo dire che poi il cinema è bello perché si parte da una storia, però, essendo un luogo in cui la creatività è collettiva, ognuno di quelli che hanno lavorato con me a questo film ha aggiunto il suo mattoncino. Chiaramente le attrici, in modo enorme: le sette assaggiatrici sono state fantastiche. Sono molto contento: credo di aver avuto davvero molta fortuna a scegliere loro".