In un prossimo futuro nel quale l'umanità è stata per gran parte decimata da un virus letale, la società è crollata e la violenza regna per le strade. Le stesse forze speciali, coloro che in principio avrebbero dovuto ergersi a difesa dei più deboli, hanno visto al loro interno delle derive autoritarie. John Wood, un agente che faceva parte di questi team potenziati, ha pagato in prima persona il brusco cambiamento di rotta da parte di commilitoni e superiori, tanto che anche sua moglie è stata brutalmente uccisa a sangue freddo.
Come vi raccontiamo nella recensione di Last man down, sono ormai trascorsi tre anni da quel drammatico giorno e il protagonista si è ritirato in una baita in mezzo ai boschi, dove conduce una solitaria esistenza da taglialegna. Ma un giorno si imbatte in una giovane donna ferita e decide di accoglierla tra le mura di casa, ignaro che questa sia la portatrice di un potenziale vaccino che potrebbe salvare il mondo intero. John si ritroverà a fare i conti con il proprio passato e con alcune vecchie conoscenze nel tentativo di proteggere la ragazza ad ogni costo.
Vedere per credere
Difficile ricordare un prologo più sconclusionato, che getta lo spettatore in un background improvvisato, senza capo né coda, con l'introduzione a questo mondo in collasso affidata a veloci scambi di battute tra i personaggi, alle prese con una paradossale situazione di stallo nella quale il pubblico prova a raccapezzarsi su quanto stia effettivamente accadendo. Un incipit che apre le porte ad un racconto altrettanto strambo e improbabile, che tenta di rinvigorire l'action di matrice distopica con svariate citazioni ai classici e un machismo tipicamente ottantiano, risultando fuori tempo massimo e irricevibile ai giorni nostri, soprattutto perché realizzato con un budget ai minimi termini e per la totale mancanza di idee che la sempre più assurda sceneggiatura getta in faccia allo spettatore, senza preoccuparsi di essere anche soltanto un minimo coerente.
Essi muoiono
Un protagonista monolitico, interpretato dal culturista norvegese Daniel Stisen, e una controparte femminile altrettanto anonima - la bionda Olga Kent - affrontano un'orda di comparse in serie, mera carne da macello che si frappone tra loro e il cattivissimo villain, sulla cui reale identità pende un colpo di scena ben più che ridicolo, antecedente alla tragicomica resa dei conti finale. Resa dei conti che prepara il campo, secondo la peggior tradizione, ad un sequel del quale per fortuna, ad oggi, non si è avuto più notizie. Il Nostro ha un armamentario delle grandi occasioni, con mitra, fucili di precisione e d'assalto, granate e quant'altro, ma spesso decide di impugnare unicamente arco e freccia per eliminare l'avversario di turno, tra istinti citazionisti e un totale nonsense. La cosa peggiore è che l'operazione non si prende mai in giro, avulsa da qualsiasi autoironia, elemento che rende ancor più straniante la rudimentale messa in scena e l'ancor più risibile sceneggiatura.
Vivo o morto, tu verrai con me
A peggiorare ulteriormente la situazione il continuo uso di frasi fatte da parte del protagonista, a richiamare un suddetto immaginario ben fuori tempo massimo. "Sono un uomo pronto alla guerra che prega per la pace", "la paura è un'illusione", "solo la morte è per sempre": sono soltanto alcune delle perle che il granitico John Wood, con tanto di volto pittato d'ordinanza nel momento della guerriglia in campo aperto tra i boschi, ci regala nel corso degli ottanta minuti di visione. Ecco, forse l'esigua durata è il solo fattore positivo che riusciamo a trovare in un film così dozzinale e telefonato, che non sfrutta la potenziale apoteosi trash a dovere prendendosi invece troppo sul serio, tra slanci melodrammatici e rivelazioni scioccanti, flashback "spiegoni" e scene al rallentatore. Un polpettone senza arte ne parte.
Conclusioni
Un massiccio ex membro delle forze speciali, sopravvissuto a una pandemia e a commilitoni impazziti che cercarono di ucciderlo, conduce ora un'esistenza solitaria immerso nei boschi, quando l'arrivo di una ragazza lo rimette faccia a faccia con il suo tormentato passato. Last Man Down è un action movie di serie Z ambientato in un contesto distopico, dove al basso budget si accompagnano una recitazione dozzinale e una miriade di frasi fatte, a citare un immaginario tipico senza consapevolezza e nemmeno la necessaria autoironia. Personaggi e cast monodimensionali in una sceneggiatura che scavalca in più occasioni la soglia del ridicolo involontario, ma qui manco le risate fanno capolino a intrattenere lo spettatore in cerca del puro trash.
Perché ci piace
- Impossibile trovare qualcosa da salvare.
Cosa non va
- Sceneggiatura assurda.
- Cast e personaggi monodimensionali.
- Dinamiche action involontariamente ridicole.