Questa è di sicuro e a mani basse una delle recensioni più difficili che ci siamo ritrovati a scrivere e non solo per la complessità dell'opera che viene trasposta, ma per la responsabilità intellettuale e morale che grava su chi si approccia a parlare di una storia così importante e, nel corso degli anni, assurdamente ignorata prima dagli editori poi da sceneggiatori, produttori e registi. Un plauso, quindi, anche solo per la volontà di lavorare su questo titolo va a Valeria Golino che, nel vestire nuovamente i panni di regista dopo Miele ed Euforia, anche stavolta decide di non andare sul sicuro cimentandosi nella direzione di una serie tv difficile ma che in qualche modo sentiamo quasi necessaria. Nasce così L'arte della gioia, primo vero adattamento (prodotto da Sky Studios e da Viola Prestieri per HT Film) dello straordinario libro di Goliarda Sapienza: sei episodi, divisi in due parti, che sono stati presentati prima al Festival del cinema di Cannes e che poi arriveranno nelle sale italiane il 30 Maggio 2024 (la prime parte) e il 13 giugno (la seconda).
Il materiale di partenza è una perla della letteratura del novecento, che Sapienza tenta di pubblicare dopo nove anni di lavoro, ma al quale negli anni settanta gli editori non prestano attenzione, fino a che nel 1994 non viene pubblicata la prima parte, etichettata però negativamente dai critici italiani. Sarà il successo all'estero, purtroppo postumo alla morte dell'autrice, che ci consentirà anni dopo di godere dell'intera opera oggi pubblicata da Einaudi. Sarà riuscita quindi la serie Sky a non crollare sotto il peso delle aspettative e di un romanzo così denso e ricco di significato? Per rispondere a questa domanda qui di seguito cercheremo di analizzarne alcuni aspetti.
Una trama lunga una vita
Modesta nasce il primo gennaio del 1900 nell'entroterra siciliano, una landa povera che sembra condannare chi ci abita ad una vita di miseria. Ed è proprio nella miseria che la protagonista cresce insieme a sua madre e ad una sorella disabile. Dopo la tragica scomparsa delle due, però, Modesta, rimasta sola, viene affidata ad un convento dove, nonostante la sua innata vivacità, o forse proprio per quella, entra nelle grazie della Madre superiora, Leonora, una donna dai modi gentili e talvolta ambigui tra le cui braccia la bambina si sente al sicuro, venendo nutrita non solo nel corpo ma anche nella mente attraverso un'istruzione solida che all'epoca era appannaggio di pochi e ancor meno delle donne. Le mura ecclesiastiche si stringono però sempre più strette intorno a Modesta che intanto si avvia verso l'adolescenza maturando sempre più forte la convinzione di non voler prendere i voti, ma di voler scoprire il mondo, anche se alle sue condizioni, sfidando la maggior parte degli stereotipi legati alla femminilità.
La scrittura dei personaggi
Ed è proprio intorno alla Modesta di Tecla Insolia che la serie prende forma. L'attrice, nata a Varese ma di origini siciliane, riesce ad incarnare in modo assolutamente convincente la complessità della protagonista, le sue meschinità, i suoi desideri che forti si impongono su tutto e tutti. Modesta risponde a violenza con violenza, sa cosa vuole, impara a conoscersi sin da piccola indagando i suoi desideri, imparando e assorbendo ogni situazione, lieta o nefasta. Per lei il corpo non è un limite, come vorrebbero farle credere, ma uno strumento, la sua mente talvolta un'arma, talvolta la sua risorsa più preziosa.
In questo la serie, scritta a più mani da Valeria Golino, Luca Infascelli, Francesca Marciano, Valia Santella e Stefano Sardo, rispetta la forza e la natura straordinariamente ambigua della protagonista, rimanendo fedele negli intenti all'opera originale ma proponendo poi una rielaborazione, dettata dalle esigenze derivate dal cambio di medium. È così che abbiamo, oltre che una bravissima protagonista, anche una Jasmine Trinca magnetica che nei panni di Madre Leonora seduce e inquieta e una Principessa Brandiforti interpretata da Valeria Bruni Tedeschi che sceglie di connotare l'austera nobile donandole allo stesso tempo frivolezza e autorità.
Un adattamento sensato
Reputiamo quindi L'Arte della Gioia una buona serie anche alla luce di quello che, a nostro parere, può essere considerato l'unico difetto effettivamente rilevante: la narrazione avvincente e articolata della prima parte rallenta nella seconda, girando un po' a vuoto in alcuni momenti e vicende nelle quali la storia si trova ad indugiare con eccessivo accanimento. Una simile scelta può essere frutto, forse, della decisione di fermarsi, con quella che potrebbe essere una prima stagione, alla prima parte del corposo libro di Goliarda Sapienza, lasciano la possibilità di un'auspicabile prosecuzione della storia.
Perché quello che abbiamo descritto è di sicuro un elemento negativo che però non può essere considerato un peccato capitale e che limitatamente inficia sul nostro giudizio complessivo. La serie Sky Original, infatti, rimane un adattamento efficace che è conscio di non potere eguagliare la potenza narrativa del romanzo ma che, proprio per questo, sceglie strade alternative per restituirne il valore artistico e culturale. Attraverso immagini e inquadrature frutto di una precisa ed efficace ricerca estetica, Valeria Golino porta a termine una sfida non da poco rendendo comunque omaggio ad una delle voci più interessanti del novecento.
Conclusioni
Per riassumere la nostra recensione de L’arte della gioia possiamo affermare che la serie diretta da Valeria Golino è un adattamento efficace dell’opera di Goliarda Sapienza. Non ne eguaglia la potenza narrativa ma ne mantiene intatto lo spirito e il carisma della sua protagonista. La Modesta di Tecla Insolia riesce ad incarnare le mille sfaccettatura del personaggio grazie ad una buona recitazione e ad un’altrettanto buona scrittura che coinvolge anche gli altri personaggi in scena. Unica pecca si riscontra nella seconda parte dove la narrazione si dilata girando a vuoto in alcuni momenti.
Perché ci piace
- La scrittura dei personaggi che ne restituisce gli aspetti fondamentali di personaggi complessi e interessanti.
- Tecla Insolia, Jasmine Trinca e il cast tutto che regalano delle ottime prove attoriali.
- La regia che propone immagini e inquadrature frutto di un’efficace ricerca estetica.
Cosa non va
- La narrazione che si perde e si dilata nella seconda parte.