L’apparenza delle cose, la recensione: i fantasmi hanno trovato casa su Netflix

La recensione de L'apparenza delle cose, il nuovo film con protagonista Amanda Seyfried, a cavallo tra horror e thriller, disponibile in catalogo su Netflix.

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L'apparenza delle cose: Amanda Seyfried in una scena del film

Vogliamo iniziare la nostra recensione de L'apparenza delle cose dal prologo del film disponibile dal 29 aprile su Netflix. Inizia davvero benissimo, con una scelta pregevole, questa storia misteriosa tratta dal romanzo di Elizabeth Brundage, di prossima uscita anche in Italia con l'omonimo titolo del film (in originale, invece, All Things Cease to Appear). Una serie di diapositive che scorrono proiettate sullo schermo di un'aula universitaria. I quadri rappresentati scorrono mentre la macchina da presa si avvicina sempre di più, entrandoci dentro. Il dipinto diventa un vero paesaggio e notiamo un'auto arrivare nel garage di casa. Alcune gocce di sangue cadono sul parabrezza destando l'attenzione dell'uomo al suo interno. L'uomo entra veloce in casa per trovare una bambina sopra al divano. Subito dopo, l'uomo sta correndo con la bambina in braccio lungo una desolata pianura invernale. È un inizio che lascia ben sperare, che riassume tutti gli elementi che il film vuole affrontare e che ci verranno raccontati attraverso un lungo flashback. Una storia di fantasmi, di relazioni fragili, di apparenze e apparizioni. Ma più la storia prosegue più L'apparenza delle cose svela la sua vera natura e al fascino dell'invisibile spirituale si fa sempre maggiore una prevedibilità e una mancanza di coinvolgimento che trascinano lo spettatore, sempre più provato, per due ore.

Una casa maledetta

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L'apparenza delle cose: Amanda Seyfried in una scena

Siamo nel 1980. George e Catherine, con figlioletta al seguito, si trasferiscono dalla grande Manhattan al desolato nord di Chosen: George, grazie a una tesi universitaria di successo, ha ricevuto un'occasione più unica che rara. Gli è stato offerto di diventare professore di storia dell'arte nel college della Hudson Valley, il sogno della sua vita, e non ha perso tempo a comprare una vecchia casa da rimettere un po' a nuovo per iniziare una nuova vita con moglie e figlia. Proprio la moglie Catherine potrebbe beneficiare di questo nuovo cambiamento, essendo una persona che soffre di disturbi alimentari e sembra costantemente infelice. Oppure, questo trasloco potrebbe rivelarsi fatale per il matrimonio. Da subito in casa, nel cuore della notte, si sente uno strano odore, le luci si accendono e si spengono senza motivo e una strana presenza insondabile sembra perseguitare la bambina. Le visioni del mondo dei due coniugi si scontreranno, tra George, più legato alla materia e alla realtà tangibile, e Catherine che, invece, crede in una dimensione spirituale. Forse queste presenze che tormentano la famiglia sono fantasmi in attesa di una redenzione, perché passato e presente, vivi e morti, sono in realtà legati indissolubilmente. Non vogliamo rovinarvi di più per non togliervi quel pizzico di piacere nel seguire una storia che vuole essere troppe cose insieme e finisce per non esserne nessuna. Difficile trovare una definizione precisa di genere: il film ha alcune sequenze di horror gotico, ma è anche un dramma familiare. Vorrebbe essere un thriller, ma fatica a coinvolgere davvero, procedendo per addizione di elementi che non sempre trovano il loro perfetto equilibrio.

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Un fantasma intangibile

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L'apparenza delle cose: F .Murray Abraham e Amanda Seyfried in una scena

Il difetto più grande del film, però, nonostante la varietà di elementi, storyline e personaggi, anche non troppo definiti e spesso lasciati ai margini (il personaggio interpretato da Natalia Dyer sembra importantissimo ai fini narrativi e, ad un certo punto, sparisce dalla storia), è quello di risultare prevedibile. Nella parte finale il film vorrebbe puntare sui colpi di scena e costruisce parecchie sequenze in base a delle rivelazioni a cui, tuttavia, lo spettatore molto probabilmente era già giunto da tempo. È un grosso problema di storytelling che non solo priva di fascino e mistero la storia, ma la depotenzia trasformando ben presto i personaggi in macchiette. La sceneggiatura non aiuta per niente un cast che sembra accontentarsi del minimo indispensabile (con l'unica eccezione di Amanda Seyfried che ha il personaggio più sfaccettato e un volto che permette un'espressività più marcata) ed è costretto a recitare battute inverosimili che allontanano spesso lo spettatore dal piacere di seguire la storia. Di conseguenza, è un problema di regia. La coppia formata da Robert Pulcini e Shari Springer Berman, al netto di qualche sequenza visivamente azzeccata o interessante (è il caso degli ultimi momenti del film o del già accennato prologo), predilige uno sguardo molto televisivo e poco incisivo, quasi basilare nella messa in scena. Il risultato, a lungo andare, è un prodotto perfetto per essere visto sul piccolo schermo che non appassiona mai davvero. Come i fantasmi che sembrano vivere all'interno della casa dei protagonisti, il film diventa intangibile e impalpabile.

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La banalità del male

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L'apparenza delle cose: Alex Neustaedter in una scena

Eppure non possiamo fare a meno di sottolineare come, sulla carta, il film poteva avere un conflitto di fondo interessante. Proprio sulla dualità tra mondo reale e mondo spirituale, se ben sviluppato, la storia poteva regalare sorprese e un totale coinvolgimento, oltre che un discorso riuscito. Peccato che il film cerchi da una parte di confondere e dall'altra di risolvere, nello stesso breve lasso di tempo, questa matassa narrativa, dando di conseguenza vita a un finale veramente critico e ai limiti del kitsch. Non si può fare a meno, quindi, di sottolineare questa superficialità che si dichiara, col senno di poi, anche nel titolo. In quella definizione poco precisa di "cose" si racchiude qualcosa di non comprensibile, che corrisponde più alla quantità che alla messa a fuoco di un argomento preciso. Rimane invece perfetto il termine "apparenza" che descrive nel migliore dei modi la parabola del film stesso, un dipinto che non si vede incorniciato in un museo, ma solo attraverso la proiezione di una diapositiva automatica.

Conclusioni

Concludiamo la nostra recensione de L’apparenza delle cose riassumendo i vari problemi del film: nonostante un punto di partenza affascinante, la sceneggiatura confusa non riesce a coinvolgere lo spettatore, risultando prevedibile e poco interessante. Poco incisivi gli attori, seppur Amanda Seyfried sembri avere una leggera marcia in più, anche a causa di una regia incapace di valorizzare attraverso le immagini il racconto, anche se alcuni momenti sono da considerarsi riusciti. A cavallo tra thriller senza ritmo e dramma senza grosse emozioni, il film si trascina stancamente verso il finale, senza appassionare.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
2.6/5

Perché ci piace

  • Lo spunto di partenza è interessante.
  • Alcune sequenze si possono considerare riuscite.

Cosa non va

  • La sceneggiatura confusa e prevedibile rende il film poco coinvolgente.
  • La regia e la messa in scena, di stampo televisivo, non riescono a valorizzare il cast poco incisivo.
  • Il finale non riesce a salvare un film che diventa sempre più come i fantasmi della storia.