Land of the Little People: i campi insanguinati di Israele

Attraverso riferimenti simbolici e l'oppressione vissuta sulle spalle di un popolo, Yaniv Berman porta sullo schermo la storia di un'infanzia spezzata dalla guerra.

Land of the Little People: un'immagine del film
Land of the Little People: un'immagine del film

Quale destino è riservato oggi ai bambini che mangiano pane e guerra tutti i giorni? Che 'giocano' alle armi con impegno quotidiano, abituati a vivere la morte come una delle opzioni possibili e già lanciati nell'attesa di combattere esplicitamente quando sarà giunto il momento? Sul crinale di questa infanzia negata cammina Land of the Little People, film israeliano nato grazie ad un'azione di crow-funding che sfrutta i toni e i colori di una deriva chiaramente militaristica per esporre il suo drammatico ritratto politico. Una cruda realtà lungo un paese spezzato e ai bordi di una tesissima war zone; attraverso l'opprimente cappa di un popolo pronto ad 'esplodere', si aprono le rovine umane ed agonizzanti di uno scenario post-apocalittico. Qui, tra il susseguirsi di piani ravvicinati o campi lunghi, la terra arida (che ha le fattezze di un olocausto atomico) viene chiamata a rivestire i panni di mezzo di denuncia: perché dove regna il caos senza umanità, assieme alla morale finiscono anche il senso di collettività ed il bene comune. E con esse pure la civiltà scompare, si 'anestetizza', inghiottita dentro un escalation di violenza che apre a scenari futuri raccapriccianti, nel più inaspettato dei modi.

Land of the Little People: una scena del film
Land of the Little People: una scena del film

In un piccolo villaggio formato da famiglie di ufficiali militari vivono Tali, Louie, Chemi e il capetto del gruppo Yonathan, quattro ragazzi che formano un'etereogena e affiatata banda. Il loro quartier generale è una vecchia base militare abbandonata che si trova nei campi circostanti, posta in mezzo al 'nulla'. Quando scoppia la guerra, la maggior parte dei padri-soldati vengono richiamati al fronte. E la quotidianità dei ragazzi viene stravolta da un evento inprevisto: il loro territorio è invaso da due militari disertori (Ofer Hayun e Maor Schwitzer) che cercano di nascondersi in attesa di fare ritorno a casa. Da quel momento i bambini iniziano la guerra di riconquista, un conflitto parallelo a quello reale, senza regole e senza quartiere.

Un prolungato grido di dolore

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Sulla strada battuta del dramma a tinte forti per terminare come un atroce slasher movie, Land of the Little People scivola dalla fiaba all'horror, scuote e infine colpisce allo stomaco nel suo incedere ambiguo verso, mirati, obiettivi socio-politici. Filmaker con alle spalle diversi reportage di guerra, Yaniv Berman entra quindi a gamba tesa in un dibattito che non si può non immaginare 'infuocato'. Dando alito ad un'aggressività insensata, radente nei cuori e ormai scolpita negli animi puri; una metafora soffocante benché giocata fra condanna senza appello e approssimazione narrativa. Dove agli apparenti ma feroci riferimenti simbolici (l'esercito, le armi, la 'caccia' agli animali) seguono le metastasi croniche di un mondo che partorisce generazioni compromesse ed incapaci di elaborare altri tipi di linguaggio, se non quelli della violenza. Ogni silenzio, ogni vuoto, ogni equilibrio pericoloso, diviene allora per Berman un lancinate grido di dolore. Che guarda, a sua volta, alla regressione primitiva de Il signore delle mosche o alla nostalgia più disincantata di Stephen King. Ma di quella tenera età che si accingeva all'adolescenza - sognando le ricche avventure della vita - non sono che rimaste tracce invisibile, sui percorsi sporchi e polverosi di Stand by me - Ricordo di un'estate.

Un futuro senza presente

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A quanto ammonterà il prezzo finale da pagare, Land of the Little People lo suggerisce con distacco, estrema lucidità. Giungendo, infine, nell'horror più cupo e disturbante, così come traumatizzanti sono le associazioni inconciliabili fra purezza e brutalità. Perché ovunque la si osservi, è la tragedia che non riesce mai a sciogliersi in catarsi: messa a fuoco negli occhi 'killer', vitrei dei suoi giovani protagonisti. Lontani dalla civiltà, proiettati alla guerra-futura che verrà, tra il sommesso frinire degli insetti va in scena l'elegia mortifera della loro innocenza perduta. Destinata a sognare l'incubo, un immaginario 'mostruoso' di sole macerie. Per un'opera lodevole, sebbene poggi su dialoghi scarni e una regia in stile survivor.

Movieplayer.it

3.0/5