Lamberto Bava, i mille volti della paura

In esclusiva per i lettori di Movieplayer.it l'intervista con Lamberto Bava; tra gli ospiti di punta della seconda edizione del Fantasy Horror Award di Orvieto il regista è stato premiato dalla giuria come miglior esponente dell'horror italiano nel mondo; 'All'estero amano la nostra cattiveria, ma nel cinema di oggi non si è più disposti più ad investire'.

Con una carriera come la sua dedicata totalmente al mistero, alla paura e anche alla poesia delle favole, un cineasta del calibro di Lamberto Bava in un festival come il Fantasy Horror Award di Orvieto si trova completamente a suo agio. Per questo, quando ieri ha ricevuto il premio speciale della giuria per le sue grandi qualità di autore dalle mani del direttore artistico della rassegna Dario Maria Gulli, l'emozione di Bava è stata vera e sentita. Incontriamo il regista capitolino, ospite di punta della seconda edizione della manifestazione umbra che si chiuderà domani sera, a margine delle celebrazioni della giornata d'apertura, tutta incentrata sul Made in Italy. Cresciuto nella scuola del leggendario papà, Mario Bava, Lamberto Bava si è saputo ritagliare un suo spazio nel mondo dell'horror, prima come sceneggiatore al fianco del genitore (Schock è del 1977), poi come assistente di Dario Argento, con cui ha collaborato alle riprese di Inferno e Tenebre. Il debutto dietro alla macchina da presa avviene nel 1980 con Macabro, sotto l'egida di Pupi Avati. Nel suo 'pauroso' curriculum di regista spiccano i cult movie Demoni e Demoni 2 (fortemente voluti da Argento) e una nutrita schiera di serie tv fantasy per Mediaset, quali Fantaghirò, Desideria e l'anello del drago e Sorellina e il principe del sogno, che hanno raccolto un ottimo successo di pubblico negli anni '90.

Lamberto, ti abbiamo visto davvero emozionato quando hai preso la statuetta del Fantasy Horror Award...
La verità è che mi ha fatto molto piacere ricevere il premio. Dirò di più, è un riconoscimento che ricorderò per sempre, perché in Italia non siamo molto abituati ad essere trattati bene dai nostri connazionali. Sono appena tornato da Los Angeles dove sono stato sommerso dall'affetto del pubblico. Sapere che in America i tuoi film sono conosciuti fa doppiamente piacere. I fans che sono venuti a farsi fare l'autografo da me hanno visto Demoni in DVD, lo hanno scoperto ed apprezzato 25 anni dopo. In Italia invece avviene quasi tutto in sordina...

Perché secondo te?

Fa parte di noi italiani, del nostro carattere. Negli Stati Uniti al termine degli incontri con il pubblico il moderatore doveva dare l'alt alle domande che non finivano davvero più, arrivavano continuamente. Il pubblico è decisamente diverso. Noi siamo abituati ad un cinema saccentone fatto da personaggi che sono convinti di avere il sapere sulle dita, invece lì è totalmente differente perché parlano con gente in grado di dare spiegazioni, persone alla pari.

Che effetto ti fa essere considerato un regista di culto?
Fa piacere, ma allo stesso tempo pensi a quanto sei vecchio (ride). Se uno non passa davanti allo specchio non sa mai che età ha. Io ho avuto la fortuna di avere avuto dei figli in giovane età. A vent'anni ero già padre di due bambini. Ho vissuto la mia seconda giovinezza con la giovinezza dei miei figli. Partecipavo alle loro riunioni con gli amici ventenni o diciottenni. Non fraintendermi, questo è un bene.

La seconda edizione del Fantasy Horror Award parte nel segno del cinema di casa nostra. Esiste secondo te una vita 'italiana' dell'horror?
Oggi di horror se ne fanno davvero pochi, anzi posso dire che dopo Demoni non si sono più fatti grossi film horror in Italia. Per quello che riguarda la mia generazione credo che il marchio di fabbrica sia stata la cattiveria, una cattiveria che fa parte del nostro modo di raccontare. In America me lo ripetono spesso "Quanto sono belli i vostri film così cattivi". E lo stesso succede quando mi capita di partecipare a festival orientali. In Corea del Sud mi hanno detto che hanno imparato a fare il cinema horror da noi italiani. Incuriosito ho fatto un'indagine su cosa facesse paura a loro.

E cosa gli fa paura?
I fantasmi!

Tra i registi dell'ultima generazione horror chi ti ha colpito maggiormente?
In realtà in pochi mi hanno colpito davvero. Non posso parlare di Federico Zampaglione che è davvero un amico quindi rischio di sponsorizzarlo troppo. Sono stato tra i primi a vedere il suo film montato e l'ho trovato ottimo. Eppure, nonostante il film sia buono, nonostante Zampaglione sia bravo il problema è sempre lo stesso: in Italia gli horror non li va più a vedere nessuno. Ancora ho il vizio di leggere gli incassi e tranne la saga di Saw - l'enigmista e qualche altra eccezione il pubblico non ama più questo tipo di film.

Troppo brutta la realtà per vedere anche un film che faccia paura?
La domanda è giusta, forse è anche cambiato il pubblico. Lungi da me l'idea di dire che i miei spettatori affezionati siano invecchiati tutti e abbiano messo su qualche chilo, ma quelli della vecchia generazione se ne stanno a casa a vedere le serie televisive americane horror.

E' per questo che la commedia allora continua ad aver grande successo?
Ma la commedia ha sempre funzionato, anzi adesso si vedono prodotti meno beceri. Anche se devo dirti la sincera verità: nelle videoteche casalinghe di qualche regista americano si trovano molte edizioni dei vari Pierini...

Sei è uno dei pochi ad aver battuto sia la via dell'horror che quella del fantasy...

Già, mi è sempre piaciuto molto il mondo del fantastico, anche se forse avrei voluto fare qualche incursione in più nel filone avventuroso. Ma non è stato possibile farlo...
Invece i prodotti televisivi come Fantaghirò, spiccatamente fantasy, furono innovativi, ed ebbero uno straordinario successo di pubblico. Eppure all'epoca trovai un sacco di difficoltà nel realizzare il progetto. Alcuni dirigenti avevano paura che fosse adatto solo per i bambini, ma fortunatamente il vicedirettore Mediaset di allora permise che la cosa prendesse corpo. E siamo arrivati a cinque serie di Fantaghirò. In più ho diretto altre tre favole, chiamiamole così, tutte andate benissimo. Oggi non si potrebbe mai attuare una cosa del genere. Due anni fa mi hanno contattato nuovamente per fare il seguito di Fantaghirò, ma non se n'è fatto niente. Così come non si è fatto più nulla di una serie vampiresca molto interessante su cui mi sarebbe piaciuto lavorare. Magari investono nella nona o nella decima stagione di una fiction piuttosto che investire economicamente per fare qualcosa di nuovo.

A proposito di vampiri e di pubblico, che effetto ti fanno questi ragazzini che fanno la fila per vedere Twilight?
A me non piacciono molto. O meglio non esprimo un giudizio negativo sui fans, anche perché ho una nipote che è appassionatissima della serie, solo che non riesco ad affezionarmi a uno che mangia topolini. Sono abituato male.

Per tornare a parlare di televisione, a che punto è la realizzazione della serie Sei passi nel giallo, il ciclo di sei thriller su cui hai lavorato sempre per Mediaset?
Ad ottobre vedremo in onda su Canale 5 i primi tre film diretti da me per la serie.

E al cinema hai detto addio?

Il cinema è quasi impensabile. Ti fanno anche delle proposte, com'è successo qualche anno fa per The Torture, che è stato fatto appositamente per il mercato dei DVD, ma ti offrono due soldi e mezzo. E' vero il film è costato poco, ma è stato scritto pensando a quanto doveva costare. Le ambientazioni erano ridotte all'osso, c'erano la villa di notte e di giorno, il teatro, sei ragazze e l'assassino, eppure non mancava assolutamente nulla. La verità è che quando hai fatto opere importanti nella tua carriera non hai più voglia di sminuirti.

Quindi anche il progetto degli Italian Masters of Horror, ovvero il ciclo di quattro film diretti da Ruggero Deodato, Sergio Stivaletti e i Manetti Bros. è ancora lontano dal realizzarsi?
Guarda il progetto è ormai concluso, le storie sono state viste e riviste, c'è perfino la distribuzione televisiva. Quello che mancano sono i partner esteri. Purtroppo la crisi di tre anni fa si ripercuote oggi sulle vendite estere dei film. Le quote per comprare un film si sono talmente abbassate che non trovi nessuno che ti dà i soldi prima di cominciare. Anche se sono film a basso costo, non riesci a mettere tutti insieme. C'è anche un altro progetto totalmente top secret di cui non parlo, ma anche in questo caso ci vuole una certa sostanza. Quando giri il primo film sei anche disposto a fare un sacrificio. Non dico che saresti disposto a vendere casa ma quasi. Adesso invece...

Hai mai pensato di fare qualcosa di totalmente diverso dal cinema o il cinema è sempre stato nel tuo destino?
Avrei voluto fare il bibliotecaio, visto che sono un grande lettore o il collezionista di conchiglie.