C'è qualcosa di unico nell'assistere alla proiezione di un film di cui non si sa praticamente nulla. Capita spesso ai festival, dove uno non si legge per forza tutte le sinossi e gravita quindi verso questo o quel titolo in base alla sezione, al regista, al cast o persino alla provenienza. È quello che è accaduto quando chi scrive, prima di avventurarsi nella recensione di Lamb, si è seduto in Salle Debussy a Cannes per la prima assoluta del lungometraggio d'esordio di Valdimar Jóhannsson. Film islandese, Un Certain Regard, protagonista Noomi Rapace: questi i tre dati assimilati prima della visione, che si è tramutata in un'esperienza memorabile per come il film continui a sorprendere nella sua commistione di elementi di vari generi. Commistione che evidentemente ha fatto colpo anche sulla giuria di Un Certain Regard, che gli ha assegnato un neonato Premio per l'Originalità, riconoscendo l'ambizione di un regista che, con un solo film, ha già creato tutto un mondo (si è parlato di possibili sequel o spin-off).
Affari di famiglia
Lamb, agnello. Come quello che dovrebbe nascere in qualunque momento nella fattoria islandese gestita dai coniugi Maria (Noomi Rapace) e Ingvar. Poi succede qualcosa di inaspettato, e i due si ritrovano con una figlia tutta loro, che chiamano Ada. L'equilibrio famigliare è più saldo di prima, anche se il fratello di Ingvar, che viene a trovarli e vorrebbe riprendere la tresca che aveva un tempo con Maria, la pensa diversamente e non riesce ad accettare completamente la presenza di Ada. E mentre all'interno del nucleo abitativo cominciano ad accumularsi tensioni, anche all'esterno non è tutto rose e fiori, perché qualcosa o qualcuno si muove nella notte, respirando affannosamente e spaventando i cavalli, e potrebbe procurare grossi danni alla fattoria. Anche perché siamo abbastanza lontano dai grandi centri abitati, ed eventuali soccorsi potrebbero arrivare troppo tardi, qualora accadesse un fattaccio.
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Salto di qualità
Valdimar Jóhannsson viene dal mondo degli effetti speciali, nello specifico quando si tratta di lavorare sui set islandesi per grandi produzioni hollywoodiane, tra cui Prometheus e Rogue One: A Star Wars Story. È quindi abituato a muoversi nei territori del fantastico, e si nota pienamente quanto sia a suo agio nel contesto del primo lungometraggio, realizzato con mano ferma e padronanza dei generi che si incrociano, sulla falsariga di un altro recente film scandinavo, Border: Creature di confine (anch'esso premiato a Cannes ai tempi), dove la stramberia si insinua gradualmente nel quotidiano dei protagonisti. E se nei progetti di cui sopra l'Islanda serviva per dare vita a pianeti dal fascino conturbante (nel prequel di Alien è dove l'Ingegnere si sacrifica per generare nuova vita), qui è il paesaggio a cui i residenti sono abituati, calato in un contesto verosimile ma intriso di quell'atmosfera sempre più irreale e malata, una miccia a scoppio ritardato che attende il momento giusto per esplodere con tutte le sue contaminazioni più grottesche.
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Sheep Happens
Ma non si tratta solo di un buon campionario di grandi effetti speciali (sublime il lavoro fatto con i pupazzi), c'è anche una forte storia umana dietro la scorza immaginifica. E lì è fondamentale l'apporto di Noomi Rapace, che ha trascorso gran parte dell'infanzia in Islanda e torna a casa, a tre decenni dall'esordio cinematografico, con una performance sentita e sincera, lontana dalle convenzioni di Hollywood che spesso la riducono a figura di contorno. Con lei il rapporto madre-figlia diventa il nucleo emotivo della pellicola e raggiunge vette disturbanti, travolgendoci con un pathos che va di pari passo con l'ambizione visiva di Jóhansson, creando un crescendo che pone le basi per un intero universo di grande immaginario nordico, che non vediamo l'ora di ritrovare nel prossimo film. Che si tratti o meno di qualcosa di adiacente alla storia di Maria e Ada.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Lamb, sottolineando come si tratti di un imponente esordio islandese che mescola i generi e regala a Noomi Rapace uno dei personaggi più affascinanti della sua carriera.
Perché ci piace
- La commistione di elementi narrativi vari è ben equilibrata.
- L'aspetto visivo è molto ben curato.
- Gli effetti speciali sono sbalorditivi.
- Noomi Rapace è di una rara intensità nel ruolo principale.
Cosa non va
- Chi si aspetta un racconto di genere duro e puro potrebbe rimanere deluso.