L'altra via, la recensione: amicizia, sogni e pozzolana per un film dolce e luminoso

La recensione de L'altra via: il calcio di provincia come pretesto per una favola segnata dai gol, dall'amicizia e dalla speranza nel notevole film diretto da Saverio Cappiello e scritto da Giuseppe Gallo.

L'altra via, la recensione: amicizia, sogni e pozzolana per un film dolce e luminoso

Di notti magiche e di pozzolana, di lontananze e di vicinanze, di smorfie di bandiere. Nulla di complicato, nulla di assurdo. Piuttosto, la fotografia di un momento lontano anni luce, con un riverbero potente che arriva fino ad oggi, toccando quelle corde dell'anima che vibrano dolcemente. Come vibra lo stadio quando arriva il gol della vittoria. Eppure, scendendo dai gradoni di un ammaccato stadio di provincia, L'altra via di Saverio Cappiello, e scritto da Giuseppe Gallo (anche produttore), sfrutta il calcio come pretesto, come gancio. Un pretesto forte (soprattutto in Italia, legandosi ad un conteso di calcio se vogliamo arcaico), e capace di amplificare una notevole gamma di sentimenti.

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L'Altra Via: Giuseppe Pacenza in una scena

Se non è vero che il calcio al cinema non funziona (potrebbero non funzionare le sequenze di gioco, ma i suoi valori fondanti sono perfetti per essere novelizzati), è invece verissimo che alcune dinamiche sportive aumentano il riverbero di un'umanità e di un'emotività, che si susseguono in un panorama in cui la provincia - sgraziata, disillusa, piccola - riesce a fare da preciso palcoscenico di un film intimo, delicato, in qualche modo speciale nella sua malinconica e ammaccata realtà, affidando il senso assoluto ad uno splendido brano del poeta Franco Califano, Io non piango.

L'altra via, la trama: sogni di pozzolana

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L'Altra Via: Fausto Verginelli nel ruolo di Andrea mentre si prepara a calciare un rigore

La provincia de L'Altra Via è quella di Catanzaro, nella Calabria degli Anni 90. Mentre Totò Schillaci diventa il punto di riferimento di un intero paese, sui campi della Terza Lega si lotta e si combatte. Tra le fila dell'U.S. Collidoro, con la maglia numero 9, c'è Andrea Viscomi (Fausto Verginelli, che bravo!). Bomber vecchio stile, romano, dalla parlantina veloce ma dallo sguardo triste. È l'idolo della curva, accesa e caldissima. Ed è l'idolo di Marcello (Giuseppe Pacenza, che esordio!), ragazzino che vive il calcio con un romanticismo e un'idealismo incantato.

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L'Altra Via: Fausto Verginelli con Giuseppe Pacenza durante gli allenamenti

Marcello non ha amici, vive con la madre Tereza, di origini albanesi, nel quartiere dell'Aranceto. Con gli azzurri che vincono in televisione, Marcello incrocia 'un'altra via': stringe amicizia con Andrea. Un bambino senza un padre, e un calciatore consumato, che si trascina verso un finale di carriera segnato dagli infortuni e dalla criminalità locale. Il sogno che si materializza per Marcello, una nuova (e dolce) consapevolezza per Andrea. Un incontro, il loro, in qualche modo catartico nel suo doloroso e ineluttabile percorso.

La provincia, gli idoli e un film che segue la luce

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L'Altra Via: Giuseppe Pacenza in una foto

Il percorso de L'altra via, fin dal titolo punta, gioca con le metafore, con una certa epica romanticizzata, con le aspettative di un desiderio diventato carne ed ossa. Ma l'altra via, ben più drammatica, è anche quella legata a certe scelte; le scelte che ci determinano, che stabiliscono il destino. Eppure, sia Andrea che Marcello dimostrano che non c'è destino che tenga difronte all'ardore e alla nobiltà (e quanto i nostri idoli, in un certo senso, possano indicarci la via). Come in campo, come sugli spalti, come nella vita vera che non prevede minuti di recupero.

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L'Altra Via: Fausto Verginelli in una foto dal set, allo stadio

Un tono dolce, e aspro, un umore semplice nella declinazione emotiva capace di rispecchiarsi nella regia dell'esordiente Saverio Cappiello - moderna, coinvolgente, fluida - sia nella scrittura di Gallo, che dedica spazio e tempo ai sentimenti sconnessi di un bambino e di un uomo, che si trovano davanti un profetico bivio: allora, davanti le decisioni, il destino non tiene più le proprie ragioni, e non resta che scegliere l'angolo giusto per battere il portiere. Dall'altra parte, L'altra via, è un film che vive tanto di cinema quanto di sostanza: la sostanza di un panorama riconoscibile, di un gruppo di personaggi che sembrano esistere per davvero, nonché di una favola universale racchiusa in una scrittura che non rinuncia mai a cercare la luce, affidando agli sguardi il valore semiotico di una relazione salvifica. È questo, più del 'cinema del reale' a colpire de L'altra via: un senso di meravigliosa speranza.

Conclusioni

Lo abbiamo scritto nella recensione: il calcio come pretesto per parlare di sogni, amicizia e secondo possibilità. Notevole, dolce ed emozionante L'altra via, un film dal linguaggio semplice (ma mai semplicistico) che trova la sua forza nel cast, nella regia e nella scrittura. Esempio di quanto il cinema italiano sappia raccontare storie, puntando sull'emotività e sui personaggi.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.9/5

Perché ci piace

  • La scrittura.
  • Il tono, mai melenso.
  • Il cast, bravissimi.
  • Il calcio come pretesto.

Cosa non va

  • Il film impiega un po' a carburare.