Liberamente tratto dal graphic novel di Gipi, La terra dei figli è in sala dal primo luglio. Diretto da Claudio Cupellini, il film è stato presentato in anteprima al Taormina Film Festival. Ambientato in un mondo in cui l'umanità è diventata dura e senza empatia, racconta la storia de Il Figlio (Leon de la Vallée), ragazzo che cerca qualcuno in grado di leggergli il diario del padre (Paolo Pierobon).
Nel suo viaggio incontra Maria, interpretata da Maria Roveran, ragazza tenuta in gabbia da due contadini che la trattano come un animale. Lei promette che gli leggerà il quaderno, ma in cambio deve aiutarla a scappare. Girato tra il Delta del Po e la laguna vicino Chioggia, La terra dei figli è un film fatto per essere visto sul grande schermo, sopratutto per l'uso splendido del paesaggio. Nel cast anche Valerio Mastandrea nel ruolo de Il Boia e Valeria Golino in quello de La Strega. Abbiamo incontrato l'attrice e cantautrice Maria Roveran a Taormina.
La video intervista a Maria Roveran
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In questo futuro imprecisato le persone hanno dimenticato come si legge e le donne vengono tenute in gabbia: quando succede questo non c'è più speranza per l'umanità
Quando interpreto un film non penso mai sia di base un intrattenimento. Penso sempre che ci sia qualcosa da dire. Poi realmente lo facciamo anche intrattenendo le persone. Questo film da subito, da quando ho letto per la prima volta il copione, mi ha fatto capire che c'era veramente tanto da dire. Non sapevo se sarei stata in grado. Quando affronto un personaggio non mi approccio a testa alta, mi metto molto in discussione. Abbiamo lavorato duramente con Claudio, e con Leon, sia sul set che durante la preparazione, per cercare di creare una verità, di sfaccettare questo personaggio connotandolo con il suo lato emotivo e anche con la sua fisicità. Ho lavorato molto anche a livello fisico. Quindi sì, avevo riflettuto su questo e spero che al pubblico arrivino i contenuti questo lavoro. Parla di umanità, dell'importanza di preservare e tutelare il rapporto con gli altri e con l'ambiente. Parla di quanto è possibile diventare bestie. Bestie nell'accezione più triste del termine. E quanto invece sia importante umanizzarsi e rimanere ancorati ai sentimenti e alle relazioni per quello che sono.
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È interessante come viene affrontato il tema del perdono: quando ci pensiamo è una cosa positiva, ma qui diventa una scusa per auto assolversi. Quanto è importante prendersi le proprie responsabilità?
Perdonarsi non significa legittimarsi a fare male. Il perdono parte e passa attraverso un processo complesso, che non scende dal cielo, per quella che è la mia considerazione. Ci sono dei momenti in cui è finito il tempo di perdonarsi, è finito il tempo di legittimarsi a fare male. È finito il tempo di giustificarsi. E forse, dai, ogni tanto anche oggi dovremmo smettere di legittimarci e giustificarci a fare male e a continuare a fare ognuno per sé nella maniera peggiore. Bella questa domanda: il perdono è sempre visto in accezione positiva ma dipende che cosa significa per noi perdonarsi e perdonare.