La solita favola
Una commediola leggera e senza pretese che sfrutta lo sguardo languido e la fisicità buffa dell'attrice resa celebre dalla bizzarra interpretazione di Amélie Poulain ne Il favoloso mondo di Amelie, tanto che nella locandina non appare il volto spaesato della protagonista, dai capelli corti e spettinati, ma quello sbarazzino incorniciato dal celebre caschetto.
L'ingenua ma determinata Val insegue a New York il sogno di sfondare come attrice. Partita con il suo sacco a pelo da un piccolo paese francese con il mito di Greta Garbo, si troverà gettata nell'impietoso mondo dello spettacolo, ma riuscirà a sopravvivere grazie all'ostinato desiderio di emergere. S'imbatterà in un depresso sceneggiatore in impasse creativa cui farà ritrovare l'ispirazione.
Il regista israeliano Amos Kollek, dopo aver rivolto lo sguardo malinconico verso donne sole e disperate, si concede la spensieratezza di un sorriso con una commedia romantica farcita di luoghi comuni e siparietti musicali e teatrali. Cuce addosso ad Audrey Tautou il ruolo di una ragazza eccentrica che vive ai margini del roboante e frenetico mondo newyorkese spiando da un angolo quella vita di cui sogna esser protagonista. Disposta a tutto pur di farsi spazio nella gabbia dorata dello spettacolo Val accetta qualsiasi lavoretto poco edificante dormendo in un sottoscala e spostandosi con scopa e sacco a pelo. Affrontati provini ed audizioni di ogni sorta, la fortuna bacerà proprio lei con tutta la sua ingenuità e purezza trasformandola in una stella. Audrey Tautou si diverte moltissimo nei panni della maldestra Val, personaggio che risulta però forzato negli eccessi, una Cenerentola moderna dotata di un'abbondante dose d'incoscienza, più che di coraggio. Il principe azzurro interpretato da Justin Theroux è un giovane scrittore con un'ingombrante ex moglie ed una brillante ex carriera ed arriva a cavallo di una sceneggiatura vincente scritta su misura per Val, inconsapevole fenomeno da film.
Attorno ai due protagonisti compaiono curiosi personaggi di contorno, dalla ex moglie ninfomane, alla cameriera psicopatica, al portiere accondiscendente, che nulla hanno di originale.
La morale della favoletta è che tra tante aspiranti stelle e stelline una su mille ce la fa grazie alla perseveranza e soprattutto alla carica di genuinità che la rende ancora incontaminata.
Amos Kollek confeziona un filmetto basato su incastri e coincidenze che conduce all'inevitabile happy end, ma il risultato è un'anonima commedia che nulla ha da spartire con il delizioso modello di Colazione da Tiffany a cui vorrebbe assomigliare.