Chissà se prima o poi vedremo un remake italiano anche di Non sposate le mie figlie!, nuovo fenomeno francese campione di incassi in patria (ma non solo)? Mentre in Italia il mercato cinematografico arranca, in Francia i cugini d'oltralpe continuano ad affollare le loro sale cinematografiche, e soprattutto accorrono in massa a vedere i loro film made in France, pardon... produit en France, soprattutto le commedie.
L'exploit storico e inarrivabile rimane sempre quello del 2008 con Giù al nord, il cui adattamento italiano Benvenuti al Sud ha avuto altrettanta fortuna a casa nostra: ma da allora, senza raggiungere gli stessi livelli, ogni anno c'è sempre stata almeno una commedia che in Francia ha fatto il botto più delle altre. Il caso clamoroso più recente è quello del 2011 di Quasi amici e del suo exploit anche fuori dai patri confini. Il 2014 è stato l'anno di Qu'est que on a fait au Bon Dieu? (questo il titolo originale) che a oggi con i suoi oltre 130 milioni di euro di incasso in Europa (di cui un centinaio solo in Francia) si avvia a diventare uno dei dieci film francesi più visti di sempre.
Indovina chi viene a cena?
Facile capire perché questa commedia di Philippe de Chauveron (già sceneggiatore di Dream Team, altra hit del botteghino) abbia fatto sfaceli in patria, visto il tema trattato: come scrive Umberto Eco ne Il cimitero di Praga "i francesi non vogliono essere secondi a nessuno neppure nel male" e quindi sono i primi a sparlare dei loro difetti e a ridere dei loro vizi e pregiudizi. La storia di Claude e Marie Verneuil, coppia borghese, cattolica e benestante, che nonostante il conservatorismo tipicamente gollista ha cresciuto le loro figlie secondo i principi di tolleranza e apertura, come tutti i buoni francesi. Insegnamenti presi alla lettera, per cui le tre maggiori hanno sposato nell'ordine un musulmano, un ebreo e un asiatico.
Le speranze della coppia sono tutte riposte nella quarta e ultima, che finalmente annuncia di essersi fidanzata con un ragazzo di fede cattolica... peccato che sia un africano di colore. Il colpo di grazia. Si ride e si scherza ovviamente sul tema dell'immigrazione e dell'integrazione razziale, argomento quantomai attuale in Francia e soprattutto calato nel tessuto connettivo della società d'oltralpe ad un livello molto più profondo di quanto non sia in altri paesi, meno che mai in Italia. Il tema sociale che affronta è evidentemente alla base del successo del film, con il quale tutto il pubblico di ogni livello può identificarsi ritrovandosi nei vari luoghi comuni che lo caratterizzano, dalla differenze di religione a quelle di identità. Ci si muove entro i confini di quella forma di razzismo latente che ognuno a modo suo cova e riscopre dentro di sé, giocando con i cliché con cui ognuno si sente autorizzato a ridere senza sentirsi etichettato come tale.
Razzista a chi?
"Noi non siamo razzisti, per carità", ripetono i Verneuil. E invece lo siamo a modo nostro un po' tutti, e con tutti si intende tutti, in maniera biunivoca: il cinese prende in giro l'arabo, che a sua volta sfotte l'ebreo. E tutti e tre se la prendono con l'africano. Dei due genitori oltretutto, il meno convinto è proprio l'altro, ex militare africano anti-gollista è ostile all'imperialismo francese, prevenuto peggio del bianco conservatore, e il cui incontro-scontro e forse la cosa migliore del film. Politicamente scorretto, ma in fondo non troppo: perché alla fine siamo tutti francesi, e mano sul cuore si canta convinti la Marsigliese, non importa di che razza o etnia siamo. Perché forse proprio attraverso il riconoscimento e l'accettazione del pregiudizio si riesce a superarlo e andarne oltre, facendolo paradossalmente diventare il collante di una nazione che ha fatto dell'integrazione uno dei capisaldi della sua cultura. Il film gioca dunque con i luoghi comuni senza nessuna intenzione di volerli superare, perché il superamento è già insito nella libertà di poterci scherzare. Con leggerezza, cosa di cui in Francia in questo momento più che mai si sente il bisogno dopo i recenti eventi (il film è tra l'altro ancora in programmazione)e con la quale si cerca di esorcizzare i demoni e placare le ansie che serpeggiano dietro un paese che vede vacillare oggi più che mai i suoi ideali di tolleranza.
Successo anche in Germania. E in Italia?
Divertente e furbo più nella sua premessa che nell'effettiva messa in scena, per quanto come al solito ben confezionato e orchestrato (prerogativa questa della maggior parte delle commedie francesi), il film è piuttosto macchiettistico nella recitazione e nelle situazioni rispetto ad altre commedie transalpine che non hanno goduto dello stesso spropositato successo. Ovviamente la differenza la fa il tema, oltretutto universale e facilmente esportabile, per lo meno nei paesi dove l'immigrazione è percepita ed è stata assorbita a livelli similari: non a caso il film ha sbancato anche in Germania (più di 30 milioni di incasso), oltre che in Francia.
E in Italia? Auspicabile un successo come quello che avuto anche da noi Quasi Amici un paio di anni fa? Difficile, anche perché quella di Olivier Nakache e Éric Toledano era una storia dalle caratteristiche universali è molto meno legate a temi sociali e di attualità: come era successo per Giù al nord, in Italia l'unica strada sarebbe ancora un adattamento più provinciale in linea con gli umori e i tormentoni del Belpaese. Chissà, magari una coppia di lumbard leghisti, con le loro pulzelle maritate a un calabrese, un siciliano e un napoletano, potrebbe suscitare gli stessi entusiasmi anche da noi. Ma che non sia troppo scorretta, per carità. E mi raccomando il lieto fine.
Movieplayer.it
2.5/5