'è il mondo che conosciamo e che sperimentiamo giorno dopo giorno, e che ci viene chiesto di considerare l'unico reale; quello su cui chiudiamo gli occhi alla sera e li riapriamo al mattino. Ci sono quelli che esploriamo tra l'una e l'altra cosa, i mondi in cui i nostri desideri e le nostre paure vengono rielaborate e messe in scena da misteriosi drammaturghi. Ci sono poi i mondi che altri hanno creato per noi: parole e immagini che ci aprono ulteriori scenari da attraversare e fare nostri. Ma cosa dire delle storie che nessuno ha raccontato? Quelle che nessuno ha ancora pensato? C'è una dimensione in cui esistono. E questa dimensione ha le infinite possibilità del fantasy, un genere sempre più in auge al cinema e in TV come in letteratura, e sempre meno snobbato anche negli ambienti accademici.
Tranne che in Italia, ovviamente, dove un giovane regista visionario e ambizioso, Paolo Gaudio, ha vissuto infinite traversie per vedere distribuito il suo piccolo e originalissimo Fantasticherie di un passeggiatore solitario, che esplora alcuni di questi mondi ispirandosi tangenzialmente all'ultima opera incompiuta di Jean-Jacques Rousseau, un film contaminato da così tante suggestioni e passioni e citazioni che è inutile anche solo iniziare ad elencarle. Il film, infatti, è stato girato tra il 2010 e il 2012, e arriva adesso in una manciata di sale grazie a Mediaplex, ponendo fine al calvario vissuto dal regista per quello che è un piccolo trionfo della tenacia e della creatività.
Il coraggio dell'inconscienza
A Paolo Gaudio non mancano né l'una né l'altra, ma non gli manca nemmeno una punta di follia. Basti pensare a come ha iniziato a concepire il suo film d'esordio dopo aver realizzato diversi acclamati, cortometraggi: "Venivo dalla lavorazione di un cortometraggio girato tutto su green screen. Le riprese erano andate benissimo, la post-produzione fu un tale disastro che decisi di rinunciare. Fu così che capii che, non essendo riuscito a realizzare un fantasy di 12 minuti, ero pronto per farne uno di 80!" Ex studente di filosofia con una passione inveterata ed enigmatica per i libri incompiuti, e al momento collaboratore di Academy e di Rainbow GCI per lo sviluppo di progetti di animazione in stop motion, Gaudio è riuscito in questa impresa grazie agli amici del Workshop di Leonardo Cruciano e alla VFX Illusion, ma anche grazie all'intervento successivo della Ve.Pa. e la Smart Brands, che hanno salvato il progetto dal naufragio. Finalmente e miracolosamente ultimato, Fantasticherie ha iniziato lo scorso anno un tour trionfale nel circuito dei festival cinematografici dedicati al cinema di genere che lo ha portato a vincere premi alla Semaine di Cinema Fantastique di Nizza, al Boston Science Fiction Film Festival Nizza, oltre che al nostrano Fantafestival.
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Tre personaggi, tre racconti, tre mondi
La voglia matta di Paolo Gaudio di fare cinema, di raccontare il suo mondo interiore e di omaggiare tutti i suoi eroi in un unico lungometraggio d'esordio ha fatto sì che questo film dal budget talmente esiguo da essere tenuto sotto silenzio ("Diciamo che è costato come una macchina. Una bella macchina!") sia ricchissimo di spunti e di idee sin dalla concezione. C'è uno scrittore, Jean-Jacques Renou, evidentemente alter ego di Rousseau, che, nel 1876, tormentato (letteralmente!) dai suoi demoni e dal suo passato, cerca di ultimare un libro che è ad un tempo romanzo e ricettario magico; c'è Theo, uno studente di filosofia dei giorni nostri alle prese con la tesi di laurea, con il rapporto ambiguo con l'amica Chloe, e con i sensi di colpa ereditati dai genitori tragicamente perduti, che s'imbatte nel vecchio, oscuro volume e ne è incantato al punto da mettersi in testa di portare a termine la più ardimentosa e insidiosa delle Fantasticherie; e poi c'è il giovane protagonista di quest'ultima, un bambino curioso che affronta le ombre inquietanti del bosco per scoprire il mistero di Vacuitas.
Fantasticherie di un passeggiatore solitario non è un film perfetto: la sceneggiatura è più ambiziosa che raffinata, nelle interpretazioni - soprattutto quelle degli attori più giovani - c'è più entusiasmo che equilibrio, e l'amalgama tra le diverse tecniche realizzative (la linea narrativa che racconta la Fantasticheria n. 23 è realizzata interamente in stop motion, con risultati artistici eccellenti, ma anche altri elementi, come i bellissimi titoli iniziali, sono animati) non è sempre impeccabile, ma siamo di fronte a un film dalla vitalità straordinaria, che dimostra quanto si possa fare con risorse esigue se c'è un pensiero originale, un impegno assiduo e appassionato e una buona dose di rispetto per il proprio pubblico. Che speriamo possa premiare, per quanto possibile, questo gioiellino forse incompiuto come l'opera fittizia al suo fulcro, ma affascinante nella concezione, pregevole nella fattura, capace di dialogare con il grande cinema fantastico e di parlare con semplicità e umiltà allo spettatore di argomenti complessi e inquietanti.
Movieplayer.it
3.5/5