I film sullo spionaggio hanno sempre rappresentato un caposaldo della tradizione hollywoodiana. Ma da qualche tempo, da Wikileaks in poi (per intenderci), neanche i migliori riescono a stare al passo con le vicende reali presentate in approfonditi documentari. L'esempio più lampante è quello rappresentato da Citizenfour di Laura Poitras sulla storia di Edward Snowden che surclassa l'omonimo film di Oliver Stone, che ha tentato la stessa operazione senza lo stesso esito. In questi giorni arriva nelle nostre sale A Good American di Friedrich Moser, il documentario co-prodotto dallo stesso Stone, che si focalizza sull'esperienza vissuta dal decodificatore e dritto-matematico Bill Binney.
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Direttore tecnico della National Security Agency (Nsa) per oltre trent'anni, Binney è la mente brillante che avrebbe potuto salvare l'America dall'11 settembre attraverso ThinThread, un rivoluzionario programma di sorveglianza. Alla vigilia di uno degli eventi più sconvolgenti della storia americana, di un attentato terroristico che costò la vita a quasi 3000 anime, le sue intuizioni rimasero inascoltate. Alla salvezza dei cittadini americani i vertici dell'NSA anteposero i propri interessi economici. Il documentario di Moser, inquietante, evocativo e puntuale, ricostruisce la storia di questo innovativo strumento di sorveglianza che Binney e il suo team di lavoro cominciano a sviluppare al termine della Guerra Fredda.
Ostaggi dei sistemi di sorveglianza
Pur non godendo di una certa spettacolarità, A Good American è una visione obbligata per chiunque sia interessato ad approfondire le relazioni politiche ed economiche che regolano i nostri sistemi di informazione. Prima che sulla sicurezza nazionale o la politica internazionale, il documentario di Moser è un film sulla morale di chi ci governa, e sulla costante intenzione di lucrare sulla vulnerabilità della democrazia. Dopo aver preso coscienza di questa storia, di una tragedia di immani dimensioni di cui nessuno si è veramente assunto le responsabilità (Michael Hayden ottenne addirittura la promozione a capo della CIA), nessun cittadino potrà più sentirsi al sicuro. "La promozione del fallimento rappresenta la sconfitta della morale", come sostiene lo stesso Binney intervistato nel corso del documentario. La sensazione che si prova istantaneamente guardando A Good American è sentirsi ostaggio dei sistemi di sorveglianza che svolgono ormai un ruolo contrario a quello che ne ha determinato la creazione.
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Dalla parte di Edward Snowden
"Come suggerito da Snowden non sono i paesi indicati dalla blacklist di Donald Trump a subire la sorveglianza più accanita, bensì quelli occidentali", precisa il regista Friedrich Moser, che aggiunge: "Dovremmo sentirci più protetti e invece siamo diventati noi cittadini comuni l'oggetto dello spionaggio dei potenti". Ancora più preoccupante la situazione illustrata da Bill Binney: "Il sistema che avevo ideato era l'unico strumento capace di gestire e selezionare l'ammasso dei dati raccolti. Questa soluzione era economicamente controproducente per i vertici dell'NSA. Oggi la situazione è addirittura peggiorata perché c'è una raccolta indiscriminata di dati che non vengono analizzati e non tutelano la privacy dei cittadini". Fortuna che c'è ancora un uomo che dona loro (e noi) un briciolo di speranza: "Edward Snowden ha reso nota la situazione. Siamo dalla sua parte ma non gli consigliamo di tornare negli States finché non gli verrà garantita la possibilità di ottenere un giusto processo".
Movieplayer.it
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