L'abbiamo detto tante volte, la distribuzione streaming apre il nostro sguardo verso quelle produzioni internazionali marcatamente radicate verso le rispettive identità nazionali. Questione di culture e appartenenze, lontanissime dal nostro approccio audiovisivo troppo spesso legato alla narrativa anglofona. Non c'è dubbio quindi che lo streaming aiuti, e molto, la nostra visione globale, facendoci scoprire prospettive diverse. Come nel caso de La ragazza delle renne, adattamento del romanzo Stolen di firmato Ann-Helén Laestadius, e diretto da Elle Marka Eira. Il titolo, arrivato su Netflix, arriva dalla Lapponia Svedese e, nemmeno a dirlo, vive in un contesto locale che suggerirebbe agli utenti un certo fascino.
Fin dalla prime sequenze, però, La ragazza delle renne sembra faticare a trovare una propria identità cinematografica: focale la geografia circostante, ma gracile invece il tono che vorrebbe avere il film, che si apre mettendo in scena un branco di splendide renne, che girano in tondo, facendo suonare i campanacci legati al collo. Ora, se siete (come noi) suscettibili alla violenza contro gli animali (anche se scenografica e ovviamente rappresentativa), vi avvertiamo che La ragazza delle renne è un dramma (se di generi si può parlare) da maneggiare con cura, nonostante la brutalità stessa sia essenziale nell'economia del racconto. Il motivo? Le renne del film sono il contesto (e il sacrificio) per mettere in scena un mondo bieco e, appunto, violento, portato all'estremo da un dualismo ideologico suggerito (un po' troppo didascalicamente) selvaggio ed estremo.
La ragazza delle renne, una storia di identità e resistenza
Ma di cosa parla, La ragazza delle renne? La protagonista è Elsa (Elin Oskal) cresciuta come allevatrice di renne ("non sarai mai mia, ma sei affidata a me", dirà la ragazza, dopo averne marchiata una). Tuttavia, la sua identità è minacciata da diversi fronti: il cambiamento climatico ha alterato la natura, le nuove generazioni sembrano restie al sacrificio e, soprattutto, la sua identità indigena lappone è messa a repentaglio dalla xenofobia da un gruppo di individui che non rinunciano a sterminare e rubare le renne dell'allevamento. Le autorità del posto sembrano più o meno fregarsene (a chi importa di qualche renna morta?), anche perché l'allevamento precluderebbe agli abitanti altre attività commerciali. Che fare, quindi? Ad Elsa non resta che combattere, difendendo sé stessa e le renne di cui si prenda cura.
Temi universali per un film con troppi pochi guizzi
A proposito di combattimento, La ragazza delle renne, come scritto in apertura, pur avendo una notevole base narrativa di partenza, si incastra in un racconto che non prevede guizzi né picchi, e la resistenza di Elsa è più teorica che pratica (almeno dal punto di vista filmico). Abbiamo anche detto che le renne, in questo caso, sono il leitmotiv della storia: le barbare uccisioni sono il riflesso dell'odio perpetrato contro la popolazione dei sami, sempre più ghettizzato e svilito. Infatti, dietro il pretesto, c'è un dramma (dalle sfumature tipiche del coming-of-age) ben geolocalizzato: la difficoltà di imporsi in un territorio ostile, la fragilità della natura, le tradizioni che poco si sposano con la modernità senza scrupoli, e che anzi defraudano il territorio, ferendolo e martoriandolo.
Più in fondo, c'è l'odio razziale e l'intolleranza, piaghe che a quanto pare sono purtroppo ben strutturate anche nella civilissima e progressista Svezia (i luoghi comuni, nel bene e nel male, alterano la nostra percezione). Qui ci riallacciamo al discorso iniziale: se La ragazza delle renne ha una marcata caratteristica locale, può essere però apprezzato a diverse latitudini per i messaggi universali. Dalla parte opposta c'è tuttavia un coinvolgimento poco incisivo. Non perché ci sia mancanza di ritmo, ma perché il film è estremamente lineare nella sua evoluzione facilmente leggibile.
Conclusioni
Le terre innevate della Lapponia fanno da sfondo a La ragazza delle renne, film Netflix decisamente local che, però, affronta temi universali: cambiamento climatico, xenofobia, intolleranza, abuso dell'uomo sulla natura. Da questo punto di vista la struttura è a volte didascalica, senza offrire al pubblico il giusto guizzo.
Perché ci piace
- I paesaggi.
- La storia identitaria.
- Le renne...
Cosa non va
- ... se siete suscettibili alla violenza contro gli animali, state alla larga.
- Il film ha pochi guizzi.
- Temi universali, ma forse espressi in modo didascalico.