A otto anni dall'elezione presidenziale di Charlery Roan, i Nuovi Padri Fondatori d'America sono ritornati al potere e hanno riportato in vigore la cosiddetta "notte dello Sfogo", dodici ore all'anno nel quale tutti i reati sono concessi e non perseguibili legalmente. Nel frattempo la società è sempre più spaccata tra coloro che predicano la supremazia bianca e chi invece intende preservare la cultura nativa, uno scontro idealistico che fa pensare a molti come l'imminente Sfogo possa rivelarsi una sorta di fallimento.
Come vi raccontiamo nella recensione de La notte del giudizio per sempre, la storia vede al centro della vicenda un gruppo di personaggi che ruotano intorno al ranch di proprietà della famiglia Tucker. Proprio lì lavorano come braccianti Juan e Adela, immigrati messicani che hanno attraversato illegalmente il confine con la speranza di costruirsi una nuova vita negli Stati Uniti. Dopo aver superato indenni le fasi cruciali dello Sfogo, la coppia e i membri della famiglia Tucker si trovano costretti a unire le forze quando scoprono che un movimento rivoluzionario intende far durare quel periodo di impunità per sempre, iniziando a commettere reati in serie anche dopo il termine stabilito. Gli Stati Uniti sono ora in preda al caos e la sola via possibile di salvezza sembra essere verso il confine con il Canada o quello con... il Messico.
Mai dire mai
La saga creata da James DeMonaco e il cui capostipite risale al 2013 è giunta al quinto capitolo con La notte del giudizio per sempre, film che sin dal titolo - anche nella versione originale The Purge Forever - mette subito in chiaro le proprie intenzioni. Se infatti in passato il limite di tempo era quell'ancora di ipotetica salvezza verso i quali chi cercava di sopravvivere guardava con spasmodica attesa, ora che non ci sono più regole e la follia è destinata a durare ancora e ancora la tensione può esplodere ancora più furiosa. La sceneggiatura instrada uno sviluppo anarchico in una società ormai prossima al collasso, dove le colpe dei ricchi vengono ancora una volta pagate dalle fasce più deboli della popolazione, messe alle strette e spesso impossibilitate a difendersi con mezzi adeguati dall'orda di brutali assassini improvvisati che ora bazzicano per le strade.
La notte del giudizio per sempre e gli altri horror che hanno raccontato l'America di oggi
I dannati e gli eroi
Forse visto anche il successo televisivo di Yellowstone, si è optato in quest'occasione per un'ambientazione country, con il ranch della famiglia Tucker a dar non solo adito ad avvincenti dinamiche pseudo-western, ma anche a inserire all'interno della narrazione la tematica dell'immigrazione dal Messico, con un paio dei personaggi principali originari di quei lidi. E non è un caso che tra i Paesi che offrono un'ipotetica via di salvezza vi sia proprio lo stato centro-americano, in una paradossale legge del contrappasso che si tinge di non banali sfumature sociali. Interessante anche la gestione del rapporto tra la figura di Dylan Tucker e Juan, con il primo che è costretto a rivedere le proprie idee - filo razziste per quanto non apertamente dichiarate - e a lottare spalla a spalla con il bracciante nel tentativo di proteggere le rispettive famiglie.
Un nuovo inizio
Il regista Everardo Gout, autore in tempi recentissimi della singolare serie non-lineare di Netflix dal titolo Caleidoscopio, sa come gestire le dinamiche action e tensive, le quali caratterizzano gran parte dei cento minuti di visione. Dopo la fase iniziale atta a introdurre i personaggi infatti si scatenano progressivamente gli sviluppi più ludici, in un crescendo di genere che offre situazioni gustose e piacevolmente old school, senza ricorso ad aiutini digitali di sorta e inutili divagazioni, spesso presenti in produzioni omologhe, nel filone delle arti marziali. Una messa in scena secca e scattante, affine a certe influenze on the road nella fuga disperata dei protagonisti da un Paese ormai finito nel pandemonio, prossimo ad una nuova guerra civile, probabilmente esplorabile nel successivo episodio, già annunciato. Uno showdown senza mezze misure, piacevolmente oltranzista e iconoclasta, che riprende un tipico immaginario di frontiera per adattarlo ad un mondo ormai allo sfascio, da ricostruire sulle proprie rovine.
Conclusioni
La notte del giudizio è stata ripristinata, quelle dodici ore nelle quali tutti possono dare sfogo ai propri più bassi istinti senza pagare alcuna conseguenza: stupri, omicidi, furti, tutto è permesso in quel lasso di tempo che diventa una pietra tombale per molti. Ma come vi abbiamo raccontato nella recensione de La notte del giudizio per sempre, questa volta la violenza è destinata a continuare anche oltre il termine prefissato, con i cosiddetti Purificatori intenzionati a scatenare un caos sempiterno. Il quinto episodio per il grande schermo dell'amato franchise distopico si tinge di ulteriori sfumature e apre nuove suggestioni per il prosieguo della saga, rivelandosi una produzione solida e avvincente che ripesca certi archetipi western e atmosfere on the road nella scattante messa in scena action, energica e avvincente al punto giusto e non priva di sfumature sociali che ci pongono dinanzi ad un ribaltamento dei ruoli dal taglio amaramente paradossale (forse prevedibile ma non per questo meno riuscito).
Perché ci piace
- Solide dinamiche di genere, tra istinti western e rimandi al climax classico della saga.
- Una narrazione stratificata e popolata da personaggi interessanti.
Cosa non va
- Qualche ingenuità nel voler a tutti i costi ribadire certi spunti.