Lontana dal grande schermo da quasi un decennio (il suo precedente film, Miguel y William, risale al 2007), la regista e sceneggiatrice madrilena Inés París (A mia madre piacciono le donne) torna al cinema con un'opera in linea con le sue pellicole precedenti: La notte che mia madre ammazzò mio padre si propone infatti, fin dal titolo, come una commedia sopra le righe in cui le condizioni di apparente normalità della situazione di partenza verranno spinte inesorabilmente all'estremo, passo dopo passo. Per l'occasione, Inés París elabora un soggetto che a tratti sembra quasi concepito per il palcoscenico, sfruttando l'unità di luogo, tempo e azione per conferire vivacità e ritmo a un copione che procede per accumulo di equivoci, colpi di scena e nevrosi individuali portate al parossismo, con in più quella tendenza al grottesco tipica di buona parte del cinema spagnolo contemporaneo.
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Il giallo e il nero
Il prologo de La notte che mia madre ammazzò mio padre è legato alla lavorazione di un film noir basato su un copione scritto da uno specialista del genere, il giallista Angel (Eduard Fernández), che intende realizzare il progetto in collaborazione con la sua ex moglie, la produttrice Susana (María Pujalte), alla quale è legato da una stretta collaborazione professionale. I due ex coniugi puntano pertanto a un 'colpaccio': scritturare per il ruolo principale nel film un famoso divo cinematografico argentino, Diego (Diego Peretti), che hanno invitato a cena nella speranza di persuaderlo ad accettare la parte. La cena è organizzata dalla nuova moglie di Angel, Isabel (Belén Rueda), a sua volta attrice ma frustrata dal fatto che il marito si rifiuti di prenderla sul serio.
All'arrivo di Diego il nervosismo di Angel è palpabile, ma a parte qualche piccola gaffe la serata sembra procedere per il meglio, fin quando non avviene il primo imprevisto: alla villa si presenta senza preavviso Carlos (Fele Martínez), l'ex marito di Isabel, accompagnato dalla sua nuova, giovane e decisamente esuberante fidanzata Alex (Patricia Montero), la quale, in preda all'entusiasmo per la presenza di una star del cinema, convince i padroni di casa a farsi invitare a cena. Difficile immaginare però quanto sta per accadere di lì a poco: nel corso della serata, infatti, la situazione assume una piega a dir poco bizzarra, sfociando nella morte inaspettata di uno dei commensali. E mentre si cerca di stabilire se si sia trattato di una disgrazia o di un omicidio, sugli altri cinque malcapitati continuano a piovere le sorprese. Lo spunto giallo, in sostanza, viene adoperato da Inés París come motore per un meccanismo a base di equivoci, sotterfugi e situazioni assurde, in cui l'umorismo si tinge di nero e, con il procedere del racconto, si fa sempre più concitato e paradossale.
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A cena fra delitti e finzioni
Nel filone sulle "cene condannate a precipitare nel caos", un titolo come La notte che mia madre ammazzò mio padre prende una direzione opposta rispetto, ad esempio, a film come il francese Cena tra amici, fenomeno firmato da Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, o al recente Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese: nei due casi citati, l'ambientazione circoscritta e l'atmosfera conviviale servivano a far emergere - ed esplodere - le tensioni latenti attraverso uno scontro di caratteri, virato in chiave di commedia sofisticata per Cena tra amici e di dramma psicologico nel caso di Perfetti sconosciuti. Nella pellicola della París, al contrario, i sei protagonisti non sono personaggi caratterizzati con precisione, ma figure stereotipate affidate alla verve degli attori, mentre il film stesso non tarda a spostarsi nei territori della farsa, con un cadavere 'ingombrante' di cui sbarazzarsi e un espediente quasi di metateatro che farà assumere alla vicenda una luce completamente nuova.
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Grazie anche al ritmo spedito dei dialoghi, i novanta minuti di durata scorrono piacevolmente e garantiscono una buona dose di divertimento, mettendo alla berlina le idiosincrasie dei sei comprimari e mostrando il drastico fallimento dei loro piani iniziali, avviati a trasformarsi in clamorosi boomerang; tuttavia, rimane più di una punta di rimpianto per un soggetto dalle potenzialità ancora maggiori, ma non sempre sfruttate a dovere. Perché per quanto le gag funzionino in maniera più che discreta (a eccezione di qualche battuta più blanda), il film di Inés París non solleva le proprie ambizioni al di là di una pochade sostanzialmente semplice, mentre la sua comicità si limita a far scontrare la mezza dozzina di personaggi senza sfoderare un vero mordente: né nei risvolti più macabri del plot, né tantomeno in quel costante gioco di specchi fra il mestiere dei personaggi (ciascuno a suo modo legato al campo del cinema o del teatro) e la 'finizione' che ciascuno di essi vorrà o dovrà esercitare, all'occorrenza, nella vita reale.
Movieplayer.it
2.5/5