È ufficiale: nel regno delle rom-com e dei film per il target dei giovani adulti le idee sono finite. Questa è l'unica spiegazione possibile al pullulare di "prodotti", così vale la pena chiamarli, tutti uguali che neanche si prendono la briga di prendere semplicemente spunto invece di imitare. Procedono solo al copia e incolla delle cose che funzionano, in maniera mediocre, con sceneggiature degne di una manco tanto addestrata intelligenza artificiale. Affermiamo questo dopo l'amara visione di un film molto atteso, La mappa che mi porta a te, trasposizione cinematografica di un romanzo young adult molto amato, scritto da J.P. Monninger, arrivato su Prime Video.

Perché è una pellicola il cui arrivo è bramato dal pubblico dei giovani e giovanissimi? Semplice: risponde a ciò che oggi sembrano volere gli esponenti della Gen Z. Una storia d'amore, di viaggio e di ricerca della felicità con la solita deriva da sick lit, due protagonisti belli da vedere e con un grande seguito sui social, KJ Apa, star di Riverdale e Madelyn Cline, vista in Outer Banks e So cosa hai fatto e infine, per un pubblico più adulto, è diretta da un regista dal curriculum di tutto rispetto, Lasse Hallström, lo stesso di Hachiko, Chocolat e quel capolavoro di Buon Compleanno Mr Grape.
La mappa che mi porta a te: una chiara ispirazione
Come si poteva fallire con queste premesse? Questa recensione sarà un pretesto per cercare di capirlo. La storia è un rimpasto tra Prima dell'Alba (Richard Linklater perdonaci per averti solo menzionato) meno minimalista e un Mangia Prega Ama giovanile, dove una ragazza, Heather, nell'ultima vacanza spensierata in Europa con le amiche, incontra in treno Jack, (Apa), sulla rotta di un itinerario tracciato dal suo bisnonno, veterano della Seconda Guerra Mondiale. Lei ha un futuro già pianificato che l'aspetta a casa, lui invece, dopo una malattia ha deciso di non perdere tempo e vivere ogni momento intensamente. Si innamorano e si incamminano in un viaggio insieme da Bilbao fino a Roma. Ai due film imitati e già citati, aggiungiamo l'immancabile Io prima di te che, apparentemente, ci sta sempre bene (anche il recente Il mio Anno a Oxford su Netflix era caduto nella sua trappola) e il risultato è una storia dove l'amore, l'attrazione, il dramma non le vedi neanche quando ti vengono spiattellate ufficialmente in faccia. Se questo è il massimo che stiamo offrendo alla Gen Z, dobbiamo correre subito ai ripari.
Casting sbagliato
Premesso che chi scrive attende il mercoledì per vedere l'ultimo episodio del neanche così tanto guilty pleasure L'estate nei suoi occhi e dunque non c'è pregiudizio verso le nuove rom-com, iniziamo col segnalare che La Mappa che mi porta a te ha scelto due interpreti principali che seppur affascinanti, insieme non funzionano. Sin dal loro primo e dobbiamo ammettere, fortunatamente originalissimo meet cute ( lui si mette a dormire letteralmente dentro la cappelliera del treno e disturba la lettura di Heather), i due legano solo perché da sceneggiatura è previsto così. La chimica è talmente assente che quando passano una serata assieme, in una cabinovia chiusa per la notte, con vista su Barcellona (il riferimento alla ruota panoramica di Vienna in Prima dell'Alba e il primo bacio tra Jesse e Celine vogliamo considerarlo un omaggio) quell'unico bacio breve e non intenso tra loro, di cui si fa menzione anche nel trailer perfettamente confezionato, sembra la cosa più naturale del mondo per due che non sono visibilmente coinvolti l'uno dall'altra.

Ora, a vent'anni, in un momento di vita così carico di emotività come è quello in cui stai guardando davanti a te e in preda al terrore ed euforia, sai che potresti essere tutto quello che vuoi e rischiare di non essere nulla, può una chimica così flebile determinare un cambio di rotta definitivo come quello che si racconta nel film e nel libro? Secondo Hallström, che aveva già diretto Apa in Qua la zampa!, e il casting director di questo film, apparentemente sì. Ma non bastano due interpreti carismatici per costruire una storia d'amore degna di nota sul grande ( ed anche piccolo) schermo, i due, quando sono insieme ci devono per lo meno impedire di cliccare pausa durante la visione. Per citare titoli Prime Video, manca tra i due il trasporto che c'è in Uno Splendido Disastro o in After. E il prediligere il romanticismo non è una scusa plausibile.
Viaggio esteriore

Non avendo letto il libro di J.P. Monninger, capiamo dal film che le intenzioni del romanzo e della regia di Hallström sono di concentrarsi sul percorso interiore dei due protagonisti che viene fatto insieme ed in parallelo al viaggio esteriore. È quest'ultimo però ad avere spesso la meglio per un film che regala immagini da copertina di Bilbao, San Sebastian, Pamplona, Porto, Roma, così nitide e intense da far venire voglia di partire subito, specialmente in un'estate che è quasi alle nostre spalle. Questa fedeltà al cuore di questi paesi toccati dal film, nel loro modo di avvolgere e accogliere, come poi succedeva anche nel sopracitato Mangia, Prega, Ama, è un po' uno specchio per le allodole a mascherare la mancanza di sostanza che c'è in La mappa che mi porta a te, che va avanti a sentimenti di circostanza, che si suppone si debbano provare in quelle situazioni e a citazioni poetiche tratte dagli scritti del bisnonno del protagonista Jack.
La lezione del tempo
Nella descrizione de La mappa che mi porta a te che si trova sul web in questi giorni si parla spesso di un film per chi ha avuto vent'anni o ci sta arrivando. Lo è ma non perché ci mostra due persone che in seguito ad un incontro significativo, indirizzano diversamente la loro vita, quello può accadere anche a 30, 40 o 50, ma poiché ci mette davanti ad una riflessione fondamentale che avremmo dovuto fare allora o che i ventenni possono apprendere oggi: la lezione sul tempo. Alla fine di quella linea d'ombra che separa l'adolescenza dall'età adulta, c'è quel famoso e bellissimo baratro dove tutto è possibile. In quel brevissimo momento di vita, la sensazione è sempre che non ci sia poi tutto questo tempo, che le decisioni fondamentali sul futuro vadano prese subito.
Ecco, La mappa che mi porta a te, attraverso Jack ed Heather ci ricorda che quasi sempre, il tempo da prediligere è quello del qui e ora e che niente, per fortuna o purtroppo, è definitivo, per cui vale la pena almeno provare a scegliere un futuro prossimo che ci porti più gioia condivisa possibile. Non dovrebbe servire, come nel caso di Jack, sentire la morte più vicina di quel che dovrebbe, alla sua età. Terminata la visione di La Mappa che mi porta a te, però, concedetevi l'intera trilogia Before di Richard Linklater con Julie Delpy e Ethan Hawke per capire che meritate di meglio e concludere degnamente questo finale di stagione.
Conclusioni
Nonostante un duo di protagonisti carismatici e belli da morire, KJ Apa e Madelyn Cline e un regista dal curriculum perfetto per ogni generazione, Lasse Hallström, la trasposizione cinematografica del romanzo di J.P. Monninger, su Prime Video dal 20 agosto, storia d’amore on the road, predilige il viaggio esteriore alla chimica tra i suoi interpreti. Un film perfetto sulla carta che però si perde nel cercare di raccontare lo spaesamento della ricerca di se stessi a vent’anni, dimenticando di mettere in scena il trasporto dell’amore a quell’età. Il risultato è un film solo esteticamente bello da vedere che imita senza omaggiare pellicole più riuscite anni ‘90 come Prima dell’Alba.
Perché ci piace
- Ricorda la lezione del vivere nel presente
- È un film esteticamente bello da vedere.
Cosa non va
- Il casting di KJ Apa e Madelyn Cline è sbagliato.
- Predilige l’estetica del viaggio al vero percorso interiore dei protagonisti.
- È sempre molto prevedibile e impostato e si lascia poco andare.