Il regista Derek Cianfrance sembra nutrire una propensione per il melodramma. Dopo aver declinato il genere in chiave moderna nel romance sentimentale Blue Valentine, stavolta Cianfrance vira verso una forma più tradizionale. Complice il romanzo di M.L. Stedman da cui il film è tratto, La luce sugli oceani si presenta come una pellicola retrò che attinge a piene mani alla tradizione del melò raccontando le drammatiche vicissitudini di una coppia di sposi che, non riuscendo ad avere figli, decide di tenere con sé una neonata rinvenuta in una barca alla deriva insieme al cadavere di un uomo infrangendo la legge.
La storia, ambientata in una remota isola dell'Australia Occidentale a inizio Novecento, si presta alla perfezione alle ambizioni di Cianfrance che si tuffa nell'esperienza del period movie con sterminata fiducia nelle proprie capacità e negli ingredienti a disposizione. Il regista stesso, in alcune interviste, ha ammesso di aver realizzato più di 209 ore di girato, poi ridotte a poco più di due ore in montaggio. Forte di un cast che vanta la presenza di due attrici da Oscar e di uno dei maschi più desiderati del grande schermo il cui appuntamento con l'Oscar è soltanto rimandato, La luce sugli oceani pecca di una mancanza di coraggio che ne penalizza il risultato finale.
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La poetica della lontananza
Per accostarsi a un genere codificato come il melodramma, abusato negli anni al punto di farlo implodere qualitativamente, serve uno slancio innovativo. Lo ha compreso perfettamente Todd Haynes che ha usato la sua sensibilità e il suo estro visivo realizzando un'opera magnifica come Lontano dal paradiso, omaggio esplicito a Douglas Sirk. Derek Cianfrance sceglie una via più tradizionale mettendo una regia classica e lineare al servizio di una storia dagli snodi altamente drammatici. Il regista osa ben poco ottimizzando i punti di forza che ha a disposizione: una coppia di protagonisti eccellenti e gli splendidi e incontaminati paesaggi della Nuova Zelanda.
La luce sugli oceani affastella campi lunghissimi in cui fotografa con eleganza l'Oceano burrascoso, le verdi colline e le spiagge piene di ciottoli in cui si muovono i protagonisti. Michael Fassbender, nei panni di Tom, reduce della Prima Guerra Mondiale australiano che accetta un impiego come guardiano di un faro per isolarsi dalla società e autopunirsi dopo la violenza bellica, è più che convincente. Fassbender è un interprete talmente espressivo da riuscire a restituire tutto il dolore trattenuto che paralizza il suo personaggio solo con lo sguardo. La sua scarsa loquacità, per altro, è uno dei leit motiv dell'incipit del film. A fargli dal contraltare vi è la freschezza di Alicia Vikander nei panni di Isabel, giovane donna vivace e intelligente che spinge Tom a chiederla in sposa per potersi trasferire con lui nell'isola di Janus e coltivare il proprio amore.
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Fuori tempo massimo?
Se la scelta insistita di concentrarsi sulla coppia formata da Tom e Isabel, sul loro isolamento e sul dramma di lei di non riuscire a portare a termine una gravidanza ha fruttato, nella realtà, la nascita dell'amore tra Michael Fassbender e Alicia Vikander, La luce sugli oceani potrebbe mettere a dura prova lo spettatore che poco apprezza i toni lenti e meditativi. Sull'esito del film pesano alcuni difetti strutturali come certe scelte di regia, talmente classica e tradizionale da risultare piatta, una colonna sonora monotona firmata da un Alexandre Desplat meno ispirato del solito e lo squilibrio narrativo tra il primo tempo del film, "duetto" ambientato per lo più sull'isola, e il secondo tempo, in cui entra in scena il personaggio di Rachel Weisz, madre naturale della piccola neonata salvata e cresciuta dalla coppia. La Weisz, attrice di razza, stavolta si trova cucito addosso un personaggio sbagliato. L'indecisione con cui viene tratteggiata questa figura di madre dolente, divisa tra la voglia di veder puniti coloro che le hanno sottratto la figlia e sprazzi di comprensione umana non valorizza l'attrice, che stavolta non riesce a esprimersi al meglio.
Anche se le cose buone non mancano, La luce sugli oceani conferma la parabola discendente di Derek Cianfrance. Al di là dei difetti, a pesare sul film è l'incapacità di comprendere l'urgenza narrativa di raccontare una storia anacronistica sia nella forma che nel contenuto. La vera ossessione del regista sembra essere la volontà di scandagliare la crisi di coppia in tutte le varianti possibili. Stavolta l'affascinante cornice scelta sembra avergli un po' preso la mano.
Movieplayer.it
2.0/5