La gazza ladra e lo sguardo di Robert Guédiguian: “Il cinema è compassione”

La commedia umana, il caos dei sentimenti e la precarietà economica. L'intervista al regista francese che torna con uno dei film all'apparenza più leggeri della sua produzione.

Robert Guédiguian, il regista del film La gazza ladra

Nel cuore della sua Marsiglia, assolata, crepuscolare e passionaria, proprio nel quartiere operaio dell'Estaque dove è nato e cresciuto e che negli anni ha eletto a palcoscenico privilegiato di quasi tutti i suoi film, Robert Guédiguian ci si ritrova sempre di buon grado. Anche stavolta che ha scelto di giocare con la commedia; con il suo ultimo film, La gazza ladra, in sala dal 17 aprile grazie a Officine Ubu, il regista francese sembra concedersi una parentesi più solare e giocosa rispetto alla sua produzione precedente.

Ma è solo apparenza: dietro la leggerezza con cui si sofferma a indagare la piccola umanità che si adagia tra le terrazze marsigliesi, tornano alcuni temi cari come la precarietà economica, le diseguaglianze sociali, la solidarietà umana. La protagonista è Maria (Ariane Ascaride), un'amorevole badante che si occupa con grande dedizione delle persone più anziane.

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Ariane Ascaride in una scena del film La gazza ladra

Ex operaia, da quando la fabbrica ha chiuso si è indebitata per comprare una casa con piscina, ormai semivuota, e per pagare i debiti del marito, che sperpera i pochi soldi della pensione giocando d'azzardo al baretto di quartiere. Il suo sogno più grande è vedere il nipotino entrare al conservatorio, ma per farlo servono un pianoforte e delle lezioni private, che né lei né sua figlia Jennifer possono permettersi. La sua condizione precaria la porta quindi a sottrare qua e là qualche euro agli anziani di cui si occupa. Ancora una volta un cinema di denuncia, seppur travestito da commedia.

La genesi de La gazza ladra: una storia vera

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Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin in una scena del film

L'idea del film viene da un fatto realmente accaduto: la madre di un'amica che era stata derubata dalla propria domestica. "Ho pensato che fosse un buon punto di partenza per un film. Quello dei collaboratori e collaboratrici domestiche sottopagate che si prendono un po' di libertà e fanno dei furtarelli ai danni delle persone che assistono e per cui lavorano, è un fenomeno abbastanza frequente in Francia. Rubano poco, ma sono in tante a farlo", ci racconta Guédiguian alla Festa del Cinema di Roma dove il film è stata presentato in anteprima. Poi, mentre lavorava allo sviluppo del personaggio "ho immaginato una donna che fa questi furtarelli perché ha bisogno di soldi ed è pagata molto male, ma ho anche pensato a una persona che in qualche modo ha uno scarto rispetto alla vita che conduce. E per questo ho pensato alla gazza ladra: la protagonista lo fa anche per concedersi di mangiare le ostriche e di ascoltare la musica classica, ha dentro un piccolo seme di follia".

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L'omaggio al noir anni '70

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Ariane Ascaride in una scena del film

La gazza ladra è introdotto da un piccolo prologo iniziale dal sapore noir, un vero e proprio omaggio al polar anni '70. "Il film parte proprio come un noir degli anni '50: una strada buia, un tram che passa e una rapina in un negozio di strumenti musicali. La musica jazz sullo sfondo come accompagnamento è proprio un ammiccamento, mentre il prologo era l'elemento che avrebbe permesso di inserire l'elemento della finzione nella vita quotidiana, dal momento che parliamo di un genere estremamente codificato, quasi un cliché. Questo espediente mi ha consentito di sviluppare la trama del film, che diversamente non potrebbe esistere; è solo grazie a quella rapina che l'assegno per il noleggio del pianoforte si bagna e innesca tutta la concatenazione di eventi su cui si reggerà l'intera storia. Alla base di quel prologo c'è una ragione drammaturgica e narrativa, che però ha a che vedere anche con la scelta di un genere preciso".

La tragicommedia umana: la compassione e l'ineluttabile senso della fine

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Ariane Ascaride e Marilou Aussilloux in una scena del film

Il resto della storia è una tragicommedia dai risvolti imprevedibili che esplora l'ordinarietà e il caos dei sentimenti, le debolezze umane, l'amore e l'ordinarietà. Un ritorno alla commedia molti anni dopo À l'attaque! del 2000, perché fosse per lui alternerebbe costantemente la tragedia alla commedia, "sono due grandi modi per raccontare le storie che mi interessano e che immagino possano interessare anche gli spettatori. Mi piacciono entrambi i generi, a volte mi capita di sceglierli per caso, ma spesso dipende anche dal mio stato d'animo. In questo momento sono talmente disperato e affranto per come va il mondo che ho voglia di fare cose molto leggere. Più sono triste e disperato, più ho voglia di usare una tonalità leggera augurandomi di poter aiutare le persone a vivere in un contesto così disperato come quello di oggi". Anche lo sguardo sui personaggi cambia e si fa più compassionevole anche se, ammette, _"ho sempre avuto compassione nei confronti dei miei personaggi. È il cinema stesso che ti costringe ad averla, perché la macchina da presa non è in grado di detestare un personaggio.

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Il regista Robert Guédiguian e l'attrice Ariane Ascaride sul set del film

Nel momento in cui lo fotografa e lo mostra agli spettatori, richiama inevitabilmente un elemento umano che ciascuno di noi ha e che può condividere. La compassione è il peccato originale del cinema, che è per sua natura compassionevole". Ma forse, ci confessa, c'è anche un'altra ragione più intima e personale: "non escludo che ci sia qualcosa che io stesso non sono in grado di controllare razionalmente, come il fatto di aver girato come sempre nel quartiere dove sono cresciuto insieme ai miei amici d'infanzia. Qui siamo maturati insieme e siamo invecchiati insieme". Il suo rapporto con il tempo che passa lo definisce "orribile". "Andando avanti con gli anni_ - continua - si hanno molte più cose da raccontare, ma quando ti rendi conto che hai sempre meno tempo per poterlo fare subentra l'angoscia. È inevitabile che una fine si avvicini e questo è abbastanza in conflitto con le cose, più hai voglia di raccontare, più ti rendi conto che il tempo che ti resta per farlo diminuisce".

Il tempo dell'impazienza

Ma La gazza ladra è solo un altro capitolo del suo cinema di impegno civile, appassionato, resistente e militante. In uno scambio di battute Bruno, il marito di Maria, suggerisce a Kevin di avere pazienza con la propria compagna Jennifer, di aspettare fino a quando la tempesta non sarà passata. Ma l'arte della pazienza è davvero la virtù di cui oggi abbiamo bisogno? "Dipende dal momento storico, in alcuni casi è importante averne, in altri no e quello che stiamo vivendo oggi non è certo il momento della pazienza. Se consideriamo la situazione gravissima in cui ci troviamo, in Francia, in Italia e in molti altri paesi europei, direi che ciò che ci manca è l'impazienza. La società ci spinge sempre di più verso l'egocentrismo, l'individualismo, il razzismo, verso una chiusura nei confronti di noi stessi. Avremmo bisogno di essere impazienti nel reagire e dovremmo farlo con forza e vivacità. Mentre noi non facciamo niente, i cattivi sono all'opera".