Recensione Pane e libertà (2009)

Un prodotto televisivo più che valido, sia dal punto di vista del contenuto che da quello della realizzazione tecnica, che non lascerà insoddisfatti nemmeno gli amanti di un certo cinema storico dal sapore epico.

La forza delle idee

Mondo è, e mondo sarà. Questa è la visione del barone Rubino, latifondista di Cerignola: l'ordine delle cose è scritto, i ricchi saranno sempre ricchi, i poveri sempre poveri, fino alla fine dei tempi. E tutto sommato, non è certo così ovvio dargli torto. Certo, siamo tutti bravi a dire che di fronte ad un'ingiustizia ci ribelleremmo, in presenza di un sopruso alzeremmo la testa e faremmo sentire le nostre ragioni, ma a pensarci onestamente ci rendiamo conto con facilità che così spesso non è. Perchè abbiamo paura. Paura che, nel chiedere un tozzo di pane in più, ci venga tolta anche quella crosta di cui stiamo vivendo, paura che una giusta protesta sfoci nella repressione armata, paura che chiedere equità sia sbagliato perchè se viviamo nella miseria e nell'angoscia forse ce lo siamo meritato, non essendo niente di così bello e speciale. Rinunciamo a vivere per poter sopravvivere.
Ma alcuni uomini hanno scelto di opporsi a questo gioco perverso, di mettere in gioco se stessi e tutto quello che amano per uno scopo più grande, per un sogno di libertà e di giustizia che purtroppo, nonostante le tante battaglie già combattute, ancora è lontano dall'essere completamente realizzato.

Uno di questi uomini è Giuseppe Di Vittorio, che nasce "cafone", nel senso di bracciante agricolo, e diventa Onorevole, grazie alla propria forza di volontà e ad un'inesauribile voglia di riscatto, per la quale gli fanno da guida le figure tragiche della propria infanzia: quella del padre Michele e quella dell'amico Ambrogio, entrambi morti per colpa della natura disumana dei latifondisti di cui erano schiavi, non di nome ma certamente di fatto. Costretto all'età di otto anni ad abbandonare la scuola per il lavoro nei campi, Giuseppe non rinuncerà però all'istruzione, spendendo i suoi miseri guadagni nell'acquisto di un dizionario: nonostante la giovane età infatti, aveva già compreso il potere delle parole, come mezzo per affermare la verità e le pressanti esigenze di giustizia che una tale verità comportava. E dopo aver tentato di alfabetizzare i suoi compagni braccianti, mettendo in allarme i ricchi che, loro sì, erano ben consci dell'utilità di mantenere le masse nell'ignoranza, Di Vittorio sarà anche organizzatore dei primi scioperi, grazie ai quali i lavoratori pugliesi otterranno alcune piccole, ma decisive, conquiste.

La sua fama arriverà così fino al nord Italia, dove già erano in atto movimenti simili da parte della classe operaia: ma tutta questa popolarità non potrà che andare di traverso al potere costituito, che attraverso abili manipolazioni riuscirà a farlo incarcerare. Lungi dall'abbandonare la lotta, Giuseppe, grazie all'aiuto del Partito Socialista, che da tempo lo considerava una figura degna di nota, verrà scarcerato in virtù della sua elezione in Parlamento, trovandosi così a combattere una lotta se possibile ancora più dura di quella per il pane: quella per la libertà, negli anni in cui il movimento fascista stava affermandosi con sempre più prepotenza in tutta Italia.
Troppo integro e maldisposto a scendere a compromessi per farsi piacere le sottili logiche di partito, Di Vittorio manterrà sempre la propria autonomia di pensiero, giungendo anche a criticare apertamente alcune posizioni dei propri alleati, ma questo non gli impedirà di diventare una figura di spicco del sindacalismo italiano ed internazionale, e di continuare a combattere per tutta la vita per i diritti di tutti i lavoratori, operai e contadini, di destra e di sinistra.

Cosa vuol dire, adesso, fare un film su Di Vittorio? La componente storica del progetto è senz'altro interessante e significativa, senza contare che dimenticare, come spesso accade, una delle figure che hanno contribuito a fare dell'Italia un paese in cui fosse possibile sperare in un futuro dignitoso per se stessi e per i propri figli sarebbe un vero delitto, tanto più in un momento in cui il mondo del lavoro sempre più ostile e una politica quantomai lontana dai veri bisogni della gente non offrono prospettive incoraggianti per gli anni a venire. La vita di Di Vittorio è oggetto di film forse perchè essa stessa sembra proprio un film, e anche di quelli che fanno bene allo spirito, e sapere che un uomo così c'è stato davvero può illuminare qualcuno sulle reali possibilità che si hanno quando si decide di puntare i piedi e far valere le proprie ragioni, e combattere perchè le cose vadano meglio, e non fermarsi finchè non si è ottenuto giustizia.

Certo, lo spettatore più attento potrebbe notare che, oggi come oggi, di uomini così difficilmente se ne trovano, uomini non solo con carisma e personalità, ma anche con una totale abnegazione alla causa, scevra da ogni appartenenza politica o attaccamento alla poltrona, come anche che la solidarietà e la risposta positiva della gente che hanno fatto di Di Vittorio un simbolo probabilmente sarebbero ben più contenute, in una società come la nostra in cui i poveri, invece di fare la guerra ai ricchi, la fanno a coloro che sono ancora più poveri e disperati. Ma aldilà di questi aspetti, forse veritieri, quello che non si può far finta di non vedere è che le idee hanno una forza che non si può fermare e che, quando non sfociano in bieche ideologie, possono davvero cambiare il mondo in meglio: forse non tutti siamo come Di Vittorio, forse i nostri problemi attuali non sono quelli di avere più pane o più olio dopo una lunga giornata sotto il sole, ma non per questo non dobbiamo avere rispetto di noi stessi e del nostro lavoro e mandar giù zitti e buoni quello che qualcuno, che ha tutto l'interesse nella nostra acquiescenza, ha deciso al posto nostro.
Non fosse per queste importanti riflessioni che la vicenda umana e pubblica di Giuseppe Di Vittorio ci suggerisce, il lavoro di Alberto Negrin meriterebbe comunque l'attenzione del pubblico perchè ben sceneggiato, avvincente, curato nei dettagli, e supportato da un'ottima prova recitativa di Pierfrancesco Favino nei panni del protagonista in primis, ma anche di tutto il resto del cast. Senza dubbio si tratta di un prodotto televisivo più che valido, sia dal punto di vista del contenuto che da quello della realizzazione tecnica, che non lascerà insoddisfatti nemmeno gli amanti di un certo cinema storico dal sapore epico, un tipo di narrazione che ben si confà ad una vita così eccezionale.