Jenny è una giovane dottoressa stimata professionalmente e apprezzata umanamente dai suoi pazienti. Proprio mentre si prepara a un significativo avanzamento di carriera, con il passaggio ad uno studio medico prestigioso, viene travolta da un evento inatteso: la morte di una ragazza sconosciuta che, poco prima del misterioso e fatale incidente che l'ha uccisa, aveva suonato invano al portone della sua infermeria.
Sentendosi in colpa per non averle evitato quella sorte, Jenny si decide a scoprire l'identità della ragazza per poter contattare la sua famiglia e darle una sepoltura con il suo nome. E sarà proprio grazie alla sua preparazione professionale che si troverà sulla buona strada per raggiungere il suo pietoso obbiettivo. Ma ci sarà un prezzo da pagare.
Il medico confessore e investigatore
Gli aspetti più interessanti di questo "Dardenne minore" sono probabilmente a livello concettuale: l'idea è quella di raccontare il medico come figura inserita in una comunità per lo più difficile, tra disoccupazione, immigrazione illegale, invalidità, alcolismo e microcriminalità. È subito evidente che medico coscienzioso sia Jenny: non vede solo le malattie, vede le persone. Cerca di aiutarle tutte per quanto sia nelle sua possibilità, anche quelle irragionevoli e ostili. Visita a casa a tutte le ore, chiama i servizi sociali, si offre di ascoltare racconti e confessioni assicurando che manterrà il segreto professionale, e noi non ne dubitiamo nemmeno per un secondo. Ed è proprio grazie a questa sua capacità di ascoltare i suoi pazienti, e per il suo coraggio nel confrontarsi con loro che a volte la mette persino in pericolo che Jenny riesce ad avvicinarsi alla soluzione del mistero che la tormenta.
Senza rinunciare al rigoroso realismo che ha sempre contraddistinto le loro opere, infatti, i Dardenne non trasformano la loro dottoressa in una detective: Jenny continua a fare il suo lavoro, curando ustioni e gastriti nervose, influenze e bronchiti, decisa però a dare a quella ragazza sconosciuta l'ultimo aiuto che è possibile darle. Sempre in nome della loro vocazione alla semplicità della trama, i registi belgi non abbandonano mai il punto di vista della loro eroina; la giovane vittima, invece, è soltanto un'ombra nella notte. Sappiamo solo che cercò soccorso prima di morire. Per Jenny tanto basta: ha suonato alla sua porta, è una sua responsabilità.
Se manca l'empatia
Quella di metterci nella stessa posizione di Jenny nei confronti della sconosciuta è una scelta coerente e felice; ma della protagonista avremmo dovuto sapere di più. In Due giorni, una notte, seguivamo Marion Cotillard nel disperato tentativo di convincere decine di colleghi operai a rinunciare a un bonus per evitare il suo licenziamento; ma ci veniva mostrata anche con la sua famiglia, ci venivano forniti elementi rivelatori sulla sua psiche, il che ci permetteva di empatizzare all'istante e sentirci umanamente coinvolti; in The Unknown Girl questo non succede, e se aggiungiamo una certa rigidezza dei dialoghi e nelle intepretazioni di supporto e la performance un po' algida di Adele Haenel si comprende perché questo film sia tanto meno coinvolgente del precedente nonostante le intenzioni ugualmente ammirevoli.
Il cinema dei fratelli belgi è sempre stato anticommerciale, privo di orpelli, realistico al limite del documentaristico: i ritmi blandi, le atmosfere dimesse, l'assenza di commento musicale hanno sempre fatto del loro cinema una sorta di delizia per cinefili esigenti, oltre che una sicurezza per i festival cinematografici. Ma un loro lavoro che difetta di empatia e tensione narrativa per noi non può che essere un'amara sorpresa.
Movieplayer.it
2.5/5