Apriamo la recensione de La Famiglia Willoughby con una divertita riflessione su quanto il film d'animazione Netflix arrivi in un periodo in cui la convivenza ininterrotta può aver messo alla prova molte famiglie, che si ritroveranno nei sentimenti messi in campo dai piccoli della famiglia protagonista nei confronti dei propri spregevoli genitori. Ma non temete, perché La Famiglia Willoughby fa ampio uso di ironia, vivacità e spinta creativa, finendo per enfatizzare il messaggio opposto rispetto al suo spunto narrativo iniziale, sottolineando l'importanza del nucleo familiare, per quanto imperfetto.
Una serie di sfortunati figli
Se amate le storie di famiglie che restano unite e si amano nel bene e nel male, con un bel lieto fine... questo film non fa per voi, ok?
Con queste parole, e con echi da Una storia di sfortunati eventi, apre La famiglia Willoughbys mettendo subito in chiaro tono e approccio alla storia tratta dal romanzo dell'autrice americana di libri per ragazzi Lois Lowry: ci sarà ironia condita da un pizzico di scorrettezza e un gruppo di personaggi in difficoltà. Si tratta dei Willoughby, quattro bambini di età diverse, tre fratelli e una sorella, costretti a subire le vessazioni di genitori poco presenti, tanto per usare un eufemismo. Padre e madre Willoughby, infatti, non si limitano a centellinare le proprie attenzioni, ma arrivano al punto di affamare i propri figli, oltre che relegarli nelle aree meno appetibili della loro dimora.
Una vera piaga di cui i quattro ragazzi decidono di liberarsi, organizzando per i genitori una vacanza infarcita di pericoli nella speranza di eliminarli. Ma i loro piani non vanno nel modo sperato, perché padre e madre, in un inaspettato rigurgito di attenzioni, procurano loro una tata per gestirli in loro assenza. Si tratta di Linda, un donnone colmo di gioia che mina la voglia di indipendenza dei quattro fratelli e suscita in loro, almeno inizialmente, i medesimi istinti omicidi che avevano riservato ai genitori.
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Una famiglia imperfetta
Se quanto detto fin qui può far pensare a un film dai toni cupi e deprimenti, le scelte di messa in scena del regista Kris Pearn e dello studio Bron Animation ne stravolgono il mood, grazie a un design ricercato e originale, che caratterizza sin dal tratto i diversi personaggi della storia, tutti peculiari e diversi tra loro, pur evidentemente imparentati: la fa da padrone la tinta di rosso che ne caratterizza i capelli, tratto distintivo dei Willoughby da generazioni, come risulta evidente dai quadri di famiglia che ne addobbano l'abitazione, ma ognuno di loro ha la propria riconoscibile impronta grafica, dal maggiore Tim (doppiato da un Will Forte dal tono di voce acutissimo) alla canterina Jane (non a caso è interpretata dalla giovane cantante Alessia Cara, interprete anche del tema principale del film) ai due folli gemellini, chiamati entrambi Barnaby.
Non sono da meno Linda (doppiata da Maya Rudolph), il Comandante Melanoff e gli altri personaggi secondari di un racconto che si muove con rapidità e frenesia, ma è doveroso sottolineare il narratore della storia, presenza preziosa e costante, l'irresistibile gatto soriano doppiato da Ricky Gervais che introduce e accompagna le vicende dei Willoughby, finendo per prendere parte al gruppo e alla storia. Tanti membri di una grande famiglia sui generis, che incarna e trasmette il messaggio principale del film di Pearn sull'importanza dei legami familiari, anche se imperfetti.
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Colore e brio
Il tutto è raccontato con vivacità, brio e freschezza, con un'attenzione per le messa in scena delle peripezie dei protagonisti e una predilezione per la comicità più fisica e slapstick. Se questo brio dà ritmo alla storia, finisce anche per penalizzarla in termini di approfondimento, complice il poco spazio a disposizione in un film rispetto a una serie; allo stesso modo si nota una certa mancanza di originalità dal punto di vista narrativo, che viene compensata dalla creatività messa in campo sul versante visivo, fatto di colori accesi e design ricercato. Peccati di poco conto, quindi, perché La Famiglia Willoughby risulta una visione piacevole quanto divertente che potrebbe tornare in ulteriori avventure in futuro, se adeguatamente sostenuto dal pubblico di Netflix.
Conclusioni
Chiudiamo questa recensione de La Famiglia Willoughby confermando il giudizio generalmente positivo sul nuovo film animato Netflix, lodando la colorata resa grafica, la verve di molte situazioni e, soprattutto, l’adorabile gatto narrante doppiato da Ricky Gervais. Se una pecca va trovata è dal punto di vista della profondità delle sfumature nello sviluppo dell’intreccio, penalizzato dallo spazio di un film rispetto a una serie animata, ma chissà che non ci sia l’idea di metterla in cantiere se il lungometraggio dovesse essere apprezzato.
Perché ci piace
- La verve e la simpatia di molte situazioni.
- Il gatto doppiato da Ricky Gervais, voce narrante della storia.
- Un buon lavoro di casting per le voci dei protagonisti.
- Il colorato design e l’originalità visiva…
Cosa non va
- … che bilancia la minore audacia e profondità dal punto di vista narrativo.
- Ritmo e vivacità vanno a discapito della profondità nello sviluppo dell’intreccio.