Sette milioni di spettatori. Tale è la portata, a dir poco impressionante, del successo che il pubblico francese (ben più avvezzo a frequentare le sale cinematografiche rispetto a quanto non accada qui in Italia) ha tributato a La famiglia Bélier, autentico film rivelazione della stagione natalizia in patria, con sale stracolme, incassi record ed entusiasmo alle stelle.
E benché non sia difficile cogliere i motivi che hanno permesso alla pellicola di Eric Lartigau di accattivarsi le simpatie del pubblico, era tutt'altro che scontato prevedere che La famiglia Bélier potesse trasformarsi in un tale fenomeno di massa, consacrato anche dalle sei candidature alla quarantesima edizione dei César e dal premio come miglior attrice emergente alla sua protagonista, l'esordiente diciassettenne Louane Emera, lanciata nel 2013 dal programma TV The Voice e qui in grado di unire le proprie doti di cantante ad una funzionale spontaneità come attrice.
Non parlarmi, non ti sento
Frutto di un copione firmato a quattri mani da Victoria Bedos e Stanislas Carré de Malberg, La famiglia Bélier è costruito a partire da una sorta di paradosso dai risvolti inaspettati: in una famiglia formata da sordomuti, ovvero l'agricoltore Rodolphe (François Damiens), la sua vivace moglie Gigi (Karin Viard) e l'adolescente Quentin (Luca Gelberg), l'unica componente dotata dell'udito e della voce, la giovanissima Paula (Louane Emera), scopre quasi per caso di essere in possesso di stupefacenti doti canore e di un'istintiva predisposizione per la musica. Ad accorgersi di questo suo talento nascosto, e a decidere di coltivarlo con cura e dedizione, è il burbero professor Fabien Thomasson (Eric Elmosnino), insegnante di musica nella scuola di un piccolo villaggio di provincia della Normandia. Mentre Paula, che si era iscritta al corso di canto corale unicamente in virtù della sua cotta per il belloccio della scuola, Gabriel (Ilian Bergala), per la prima volta nella sua vita si ritroverà a considerare che, forse, per lei esiste una prospettiva di futuro anche al di fuori della fattoria di famiglia...
Da questi presupposti, in fondo non particolarmente originali (l'ennesima variante sul tema delle doti artistiche come viatico per il definitivo passaggio verso l'età adulta), Eric Lartigau e i suoi sceneggiatori imbastiscono una narrazione di sostanziale semplicità, che scorre però con ritmo ed efficacia riuscendo a divertire e ad intrattenere senza dover ricorrere a leziosaggini né tantomeno a soluzioni troppo ruffiane. Paula, liceale molto legata alla famiglia, ma che non pecca di eccessiva naïveté, è una protagonista che sa farsi amare fin da subito, con quella sua miscela di normalissime insicurezze (la crisi di panico al manifestarsi delle prime mestruazioni nel momento meno opportuno), di genuina umiltà e di salutare ironia, ed è ben spalleggiata dai suoi comprimari: dall'ostinato papà Rodolphe, che decide addirittura di candidarsi a sindaco (a dispetto di un carattere tutt'altro che diplomatico e conciliante), a sua moglie Gigi, alla quale la brava Karin Viard, affidandosi alla sola mimica del viso e del corpo, regala alcuni dei momenti più divertenti del film, fino al professor Thomasson di Eric Elmosnino, personaggio adorabilmente cinico che forse avrebbe meritato anche più spazio.
Spiccando il volo
Il repertorio di Michel Sardou, idolo della musica melodica francese, rivisitato dalla voce cristallina di Paula/Louane, svolge pertanto il ruolo di accompagnamento sonoro per i patimenti amorosi e le incertezze quotidiane della nostra Paula, desiderosa di "spiccare il volo" e di studiare canto in una prestigiosa accademia parigina, ma al tempo stesso atterrita all'idea di poter deludere i propri genitori e di abbandonare una famiglia che si è abituata a dipendere da lei per entrare in contatto con il mondo dei "parlanti". Il film, in pratica, non si limita a proporre una serie di gag basate sul corto circuito comunicativo fra udenti e sordomuti, gag comunque riuscitissime (ad esempio la visita ginecologica di Gigi, con Paula costretta a 'tradurle' il responso del medico sui suoi problemi vaginali), ma trova anche lo spazio per proporre una riflessione sui rapporti di interdipendenza tra genitori e figli, e sulla sofferta necessità di lasciare che i più giovani trovino la propria strada (una strada che, talvolta, può condurli lontano da casa).
Certo, La famiglia Bélier non si distacca in alcun caso dai sentieri più sicuri e dalle soluzioni collaudate di tante commedie sull'adolescenza, riservando risate, brio e malinconia con una precisione fin troppo studiata, né tantomeno sa regalare momenti davvero memorabili. Eppure, già il fatto di non scivolare nelle trappole del sentimentalismo più blando è un merito che non si può non riconoscere alla pellicola di Lartigau; e il finale, con la commossa performance di Paula sulle commoventi note del brano Je vole al cospetto della propria famiglia, è una sequenza di sommessa ma palpabile emozione, che farà spuntare più di una lacrima negli occhi degli spettatori.
Movieplayer.it
3.0/5