Incredibile, ma vero. La dolce vita compie sessant'anni e continua a dimostrarne solo una manciata. Film spartiacque della cinematografia italiana e della filmografia del suo regista, La dolce vita più che un'opera è un vero e proprio manifesto di costume entrato nell'immaginario collettivo mondiale. La lista dei momenti indimenticabili è lunga: dal bagno notturno nella fontana di Trevi di Marcello Mastroianni e Anita Ekberg alla notte passata nei palazzi antichi di Roma (ripresa, in tempi più recenti, nel film premio Oscar di Paolo Sorrentino, La grande bellezza) o ancora la rappresentazione dei balli notturni per i locali di Via Veneto e le serate nel salotto della casa di un intellettuale. Le stesse espressioni "Dolce vita" o "Paparazzo" (così si chiamano i giornalisti fotografi) entrate nel linguaggio comune. E al centro lui, Marcello, scrittore in crisi, affascinante e affascinato da quello che Roma offre, tra amori e tradimenti, tra vita di lavoro e di perdizione. Un film lungo (dura quasi tre ore), pieno di eventi e personaggi, che si conclude in maniera enigmatica e imprevedibile. Vedremo di fare luce sugli ultimi minuti de La dolce vita in questa spiegazione del finale del film.
L'inizio del film: la benedizione
Per cominciare al meglio la nostra analisi del finale de La dolce vita è necessario partire dall'inizio del film. È una soleggiata mattina a Roma e due elicotteri sorvolano la città. Uno dei due sta trasportando, appesa a dei cavi, una statua di Gesù in piazza San Pietro. L'altro, con passeggeri due giornalisti tra cui il protagonista Marcello, lo sta seguendo. La statua sembra benedire i quartieri della città. Alcune ragazze borghesi stanno prendendo il sole sul tetto del loro palazzo e la visione di Gesù sopra di loro, oltre ai rumori degli elicotteri, le fa alzare dai lettini. Vedendo queste belle ragazze in costume, l'elicottero con Marcello rimane sospeso sopra di loro mentre si scambiano dei saluti. Nonostante il rumore assordante delle pale dell'elicottero, Marcello riesce a flirtare con una di loro, chiedendo il numero di telefono. Lei capisce e rifiuta in maniera simpatica prima di salutare. Da qui cominceremo a seguire il protagonista che a poco a poco abbandonerà sempre di più il dovere per dedicarsi al piacere.
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Gesù, la Madonna e l'Angelo
L'inizio con la statua raffigurante Gesù non è l'unico riferimento cristologico e cristiano del film tanto che già all'epoca intellettuali del calibro di Pier Paolo Pasolini lo definivano un film profondamente cattolico, anche se il gusto di Fellini lo pone a metà tra il sacro e il profano. Il personaggio dell'attrice americana Sylvia, interpretato da Anita Ekberg, in una scena del film si affaccia da una terrazza di Piazza San Pietro come una papessa e, infatti, sarà lo stesso Marcello a sottolineare che "Tu sei tutto! [...] Sei la prima donna del giorno della Creazione. Sei la madre, la sorella, l'amante, l'amica, l'angelo, il diavolo, la terra, la casa". Non è l'unica figura femminile che richiama un'identità angelica: poco prima abbiamo visto Marcello passare una notte d'amore con Maddalena (Anouk Aimée) incontrata in un locale; e un episodio centrale del film racconta di un fanatismo collettivo da parte dei romani convinti di assistere al miracolo della Vergine Maria. A quel punto del film, Marcello è già scettico e disilluso nei confronti di queste apparizioni divine. Ultimo richiamo a una figura angelica è dato dal personaggio di Paola, una giovane ragazzina di origine umbra (e quindi estranea alla mondanità romana) che lavora in un bar su una spiaggia dove Marcello cerca di scrivere. Guardandola di profilo, Marcello le dice che assomiglia a un angelo. Sarà proprio il personaggio di Paola a ritornare nel finale del film.
Il mostro marino, l'abisso che guarda
Lungo le tre ore di film abbiamo seguito Marcello perdersi nei divertimenti della vita mondana fino a smarrirsi completamente dopo la morte del suo migliore amico e punto di riferimento, l'intellettuale Steiner che si è suicidato dopo aver ucciso i suoi figli. L'ultimo episodio del film ci mostra Marcello partecipare a una festa orgiastica su una villa vicino al mare, completamente ubriaco e senza porsi limiti di alcun tipo. È l'abisso più profondo della sua vita di perdizione. La mattina seguente, insieme ai partecipanti della festa, Marcello si ritrova in riva al mare ad osservare un incredibile mostro marino pescato morto. Gli occhi neri e inespressivi del mostro colpiscono Marcello che si sente giudicato ("E questo insiste a guardare") in un momento che ricorda la famosa frase del filosofo Nietzsche: "Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te.". Marcello, nel finale del film, è diventato esso stesso quel mostro marino e sa di esserlo diventato.
La dolce incomunicabilità
Sente una voce che lo chiama, Marcello, mentre è seduto, stanco e provato dai postumi della festa, sulla sabbia. Poco distante, separata da un golfo d'acqua, si trova Paola, la ragazza angelica. Sta cercando di dirgli qualcosa, forse di andare via con lei e separarsi dalla comitiva di anime perdute. Sarebbe la possibilità di salvezza e l'inizio di una redenzione, ma ci sono vento e rumore e Marcello, con il mal di testa, non riesce a sentire, non capisce. Paola lo prega (ancora un riferimento cristiano che lega a ruoli inversi il finale con l'inizio del film), ma Marcello viene chiamato dai suoi amici e, prima di seguirli, alza le mani in segno di resa. Paola lo segue con lo sguardo, vedendolo allontanarsi da lei e dalla possibilità di salvezza, e un attimo prima che il film si chiuda con una rapida dissolvenza in nero, lo sguardo della ragazza si posa sull'obiettivo della macchina da presa guardando direttamente lo spettatore. Noi spettatori veniamo chiamati in causa e giudicati dall'angelo al pari di Marcello. Un messaggio, quello del film, forte e anticipatore, nonché perfettamente inserito nel decennio del boom economico e della bella, più che dolce, vita.
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