Lo zampino di Wim Wenders tra i produttori esecutivi de La canzone della Terra, a fianco della signora del cinema scandinavo Liv Ullman, c'è e si sente tutto. Nel pennellare un omaggio poetico alla sua terra, la Norvegia, e alla sua famiglia, la regista Margret Olin sembra aver mutuato molto del cinema aulico e meditativo dal regista tedesco. La canzone della Terra è un film delicato, intimo, che indaga sui legami familiari usando pochissime parole, ma è anche una potente riflessione sulla natura omaggiata con immagini maestose, montagne innevate, fiordi mozzafiato, animali selvatici e ghiacciai che precipitano in mare fatta per una fruizione sul grande schermo.
Avvinto dalla bellezza delle immagini e dal sound design avvolgente, lo spettatore segue la voce cristallina della regista e quella carica di esperienza del padre in un duetto familiare carico di sentimento. Margret Olin fa ritorno nella sua terra d'origine, Oldedalen, suggestiva vallata nella parte occidentale del Paese, a nord di Bergen, bagnata dal Nordfjord per indagare sulla propria eredità familiare trascorrendo un anno nella fattoria dei genitori. Il senso di morte aleggia su tutto il film mentre la regista, che manca da casa da 30 anni, mostra una particolare affezione nei confronti del padre Jørgen forse percependo il passare del tempo e l'avvicinarsi dell'inevitabile distacco.
Gli effetti dello scorrere del tempo sulle nostre esistenze
In uno dei momenti più intimi e umani de La canzone della terra, i genitori di Margret Olin riflettono su chi morirà per primo. La madre confessa che ritiene giusto toccasse prima a lei mentre il padre suggerisce saggiamente di non preoccuparsi troppo di questa cosa perché sarà la natura a decidere a chi toccherà andarsene per primo. E il ruolo di Jørgen, come traspare dal film, è proprio quello di guardiano della natura e della memoria. In ogni stagione l'umo si infila in spalla lo zaino, mette gli scarponi ai piedi e afferra un bastone per esplorare foreste innevate, sentieri rocciosi, prati fioriti in una scambievole "corrispondenza di amorosi sensi".
Per quanto possa sembrare aspra e inospitale, coi suoi gelidi inverni e le montagne impervie, la natura norvegese è una miniera di sorprese nella cui scoperta ci guida il padre di Margret Olin, tallonato dalla telecamera della figlia nelle sue escursioni. L'84enne, che ha trascorso tutta la sua esistenza a Oldedalen, vivendo una vita in perfetta armonia con la natura, conserva la memoria del passato e attraverso i suoi occhi notiamo le conseguenze del cambiamento climatico, i ghiacciai che si sciolgono precipitando nel fiordo e gli effetti del riscaldamento globale sugli animali. Ma il viaggio sulle orme di Jørgen è anche un affascinante escursione nella storia della sua famiglia; l'uomo ci conduce nella fattoria del 1603 in cui è nato, ricorda le gesta dei suoi avi, la morte del padre quando aveva solo 11 anni, l'incidente che ha sconvolto la sua comunità - il crollo di una montagna - e trasmette la pienezza dell'amore vissuto insieme alla moglie, con cui sta insieme da 55 anni.
La piccolezza dell'umano al cospetto della Natura
Primavera, estate, autunno, inverno. Le stagioni, ognuna con le sue peculiarità, si avvicendano sul grande schermo inebriandoci con la loro bellezza e peculiarità per i 90 minuti di durata de La canzone della Terra. E proprio la maestosità delle immagini veicola la profonda riflessione alla base del documentario di Margret Olin, dove i temi del passare del tempo e dell'ineluttabilità delle stagioni si intrecciano in una sinfonia di immagini e suoni intervallata - a tratti - dalla presenza umana. Un tripudio di bellezza e potenza minacciato sì dai macro cambiamenti, ma che ci ricorda costantemente la piccolezza dell'essere umano di fronte alla maestosità della Natura fornendo, al tempo stesso, un esempio virtuoso come Jørgen, capace di condurre un'intera esistenza in piena armonia e nel rispetto dell'ambiente.
Conclusioni
La recensione de La canzone della Terra sottolinea la bellezza e l'importanza di un documentario che ci ricorda costantemente la piccolezza dell'essere umano di fronte alla maestosità della Natura fornendo, al tempo stesso, un esempio virtuoso come il padre della regista, capace di condurre un'intera esistenza in piena armonia e nel rispetto dell'ambiente.
Perché ci piace
- La bellezza e la potenza delle immagini che ritraggono la natura scandinava.
- La poesia e l'affetto racchiusi nello sguardo con cui Margret Olin ritrae la sua famiglia, in particolare il padre.
- L'influsso di Wim Wenders trapela in più occasioni.
Cosa non va
- L'andamento poetico e rarefatto ci lascia con la voglia di conoscere qualcosa in più di questo mondo che ci viene mostrato.