L'ordinaria costruzione di un amore
Spesso il cinema queer cede all'infausta tentazione di piangersi addosso, di portare a un livello autolesionista la dimensione gay che esplora. La condizione omosessuale e gli amori che la vivono vengono ritratti con frequenza sul grande schermo stremati da un consumo di tragedia che nulla dice della normalità di tali rapporti, ma va solo a tormentare (i protagonisti delle storie come gli spettatori che le osservano) con struggimenti esasperati. Stefano Consiglio imbocca finalmente un altro binario, scegliendo di indagare L'amore e basta in un documentario presentato alle Giornate degli Autori di Venezia, che si compone di nove storie di coppie gay e lesbiche sparse per l'Europa. Mantenendo nell'inquadratura sempre i primi piani delle persone intervistate, il regista mira a catturare la loro umanità fin dai volti e dalle loro reazioni alle domande, senza cercare il sensazionalismo, ma tenendo viva una curiosità che per una volta sa accompagnarsi alla discrezione.
Sono semplici e sempre uguali le domande che Consiglio va a porre ai protagonisti, volte più a capire come si costruisca un rapporto che a rintracciare i turbamenti che puntualmente colpiscono chi si scopre 'diverso'. Ed è proprio questa la carta vincente del film, che gli dona senso e lo tutela dal rischio di tramutarsi in una inutile testimonianza del genere "io esisto". Oltre la carne c'è di più, ci sono percorsi di vita da tracciare insieme e insieme percorrerli, inciampando e aiutandosi a vicenda per tirarsi su. L'amore viene così fuori anche dai dubbi che lo trattengono, dai diversi punti di vista su questioni importanti che cozzano ma che trovano nell'altro il giusto rispetto, da quelle diversità che allacciate l'una all'altra rivelano quel che è normale: un'emozione che esplode dentro prescinde da ogni convenzione, va ben oltre le convinzioni e custodirla dentro pretende la saggezza dell'accettazione. Ti amo perché i tuoi difetti fanno ormai parte della mia vita, ecco cosa si dice ne L'amore e basta. Non si sbandiera qui un orgoglio fine a sé stesso, non si vanno rivendicando diritti senza prima riflettere sul loro senso. In una società alimentata dall'odio e dalla violenza come la nostra può trovare una naturale accoglienza il figlio di una coppia gay? C'è chi non ne è convinto, chi vuole attendere che i tempi siano maturi e chi vibra dell'ansia di dare affetto a un bambino, facendo di questo affetto un punto da cui partire per educare questa stessa società. Ordinarie le domande, la ricchezza è tutta nelle risposte. Dio ci ama? Dio è l'unico da cui mi sia veramente sentito amato. Il coraggio di credere, ma anche il diritto di non farlo. Siamo una famiglia? No, solo una coppia, sì la mia famiglia è chi mi sta vicino, i nostri cani, i nostri amici. Uomini che amano uomini, donne che amano donne, dove sta l'errore in tutto questo? Non è un film politico L'amore e basta, è solo un documentario 'normale' e finanche noioso alla lunga, ma l'obiettivo è così raggiunto: nella gabbia dello schermo non c'è uno zoo da investigare, ma persone con un'esperienza di vita, ordinaria o più, da condividere. E nell'economia del film si inseriscono felicemente le sinuose animazioni di Ursula Ferrara che punteggiano poeticamente l'opera con figure che cercano strenuamente di attraversarsi, di scavarsi dentro. Luca Zingaretti ci introduce poi al cuore dell'opera recitando un testo di Aldo Nove che ben spiega l'ignoranza che contraddistingue ogni discriminazione. Quanto tempo perso quello passato ad odiare: fate terra bruciata intorno all'intolleranza, non esiste un solo motivo per aver paura. Si tratta solo d'amore, e basta.