A soli due giorni dall'inizio del campionato di Serie A, la Mostra del Cinema di Venezia numero 70 apre i battenti con L'arbitro, il film tutto italiano che inaugura come Evento Speciale il concorso collaterale dei Venice Days. Lungometraggio in bianco e nero incentrato sulla figura controversa del direttore di gara e sui rituali dello sport nazionale, L'arbitro è ambientato tra gli 'inferi' della terza categoria calcistica sarda e segna il debutto dietro la macchina da presa nel lungometraggio di Paolo Zucca, sceneggiatore originario della provincia di Oristano che fa indossare giacchetta nera e fischietto a Stefano Accorsi. Negli spazi completamente rinnovati della Villa degli Autori, che torna nella sua sede originaria di Lungomare Marconi n.56, abbiamo incontrato il regista insieme all'attore bolognese e al resto del cast composto da Geppi Cucciari, Francesco Pannofino, Benito Urgu, Jacopo Cullin e Alessio Di Clemente. L'Arbitro, che uscirà nelle sale il 12 settembre distribuito da LuckyRed, sarà proiettato stasera alle 21.00 in Sala Perla alla presenza del cast che assisterà insieme al pubblico alla prima mondiale.
Paolo, raccontaci come hai costruito quel mosaico di volti che è L'arbitro?Paolo Zucca: Il film nasce dal mio rapporto con gli attori. Ora che è finito non potrei immaginare un arbitro che non sia Stefano Accorsi o una bisbetica che non abbia il volto di Geppi Cucciari. Anche le comparse le scelgo una a una e poi inevitabilmente costruisco con loro un rapporto personale.
Perché hai scelto di girare in bianco e nero?
Paolo Zucca: La scelta del bianco e nero è dovuta alla mia volontà di astrarre il film dalla realtà. La storia è ambientata in Sardegna che è il mio aoese, Per vitare polemiche dei miei conterranei ho scelto di non fare un film realista e non fotografare un luogo in modo reale. La Sardegna de L'arbitro è la mia Macondo, la mia Patagonia sorianesca.
Stefano, che tipo di arbitro è il tuo personaggio?
Stefano Accorsi: E' estremamente intransigente. Una persona rigorosa che però, a un cderto punto, accetta dei soldi e viola i suoi principi. Questo determina la sua parabola discendente. Invece di arbitrare la Coppa dei Campioni si ritrova in Sardegna, ma da qui inizierà la sua rinascita.
Cosa avete trovato in questo progetto tanto da decidere di aderire?Stefano Accorsi: La prima volta che ho incontrato Paolo è stato per caso, nella hall di un hotel. Mi affascinano gli autori che raccontano qualcosa che gli viene da una parte intima non ancora esplorata. E' un film personale, incosciente, ha uno stile preciso che deriva dal corto. Paolo è molto testardo, crede così tano in ciò che ama da far venire subito voglia di seguirlo.
Geppi Cucciari: Un giorno Paolo mi ha chiamato e mi ha raccontato il progetto. Quando mi ha detto che nel cast c'erano Accorsi e Benito Urgu quasi non ci credevo. In Sardegna Benito Urgu è come i Kiss. Non gli ho fatto finire la frase che già avevo detto si.
Benito Urgu: Il film mi ha appassionato tantissimo. Anche se Paolo dice che non è ambientato in un periodo preciso io so quale è. Sono gli anni '50 che ho vissuto in gioventù perciò non posso che ringraziarlo per avermi fatto rivivere quel periodo.
Paolo Zucca: Nel mio film l'arbitro è una figura cristologica, è una sorta di Cristo sceso in terra. E' il capro espiatorio perfetto. Il calcio è una religione, perciò è stato divertente accostare la vera eligione ai riti dei tifosi. Di conseguenza la mia partita diventa una sorta di giudizio universale.
Anche se il film è fuori dal tempo c'è un legame molto forte che gli scandali calcistici degli ultimi tempi.
Paolo Zucca: Per scrivere il film mi sono documentato a lungo, ho letto tutti i verbali di Calciopoli, ma poi mi sono dimenticato tutto partendo da lì per inventare la mia storia. Non ci sono riferimenti diretti con persone reali, però.
Tu Stefano avevi qualche modello specifico per il tuo personaggio?
Stefano Accorsi: Reperire materiale sul mondo del calcio in Italia non è difficile. A un certo punto ho detto basta a Paolo perché non ne potevo più.
]Puoi dirci qualcosa sulle musiche del film, in paritcolare sulla scena del ballo?
Paolo Zucca: Sapevo che il mio arbitro doveva ballare come Mel Gibson in What Women Want. Doveva fare un balletto spiritoso per esprimere le mie emozioni, è un personaggio solitario che si esprime in modo particolare. E' stato Stefano a proporre una canzone del Ventennio italiano, ma è stato un caso. Non ci sono riferimenti reali al Fascismo. Sul tema aveva già detto tutto il film con Lando Buzzanca.
[BOX=38626Fare una commedia sul calcio in Italia non è facile proprio perché è un tema caldo. Non avete avuto problemi toccando questo tema?
Stefano Accorsi: Solo un grande apassionato di calcio può girare una commedia sul calcio, altrimenti il film diventerebbe freddo, non comunicativo. Nel nostro caso, insieme all'ironia, c'è sempre un grande affetto. Non volevamo prendere in giro né il calcio né i calciatori. Noi amiamo il calcio!
Come è andata la collaborazione tra Paolo Zucca e Barbara Alberti, coautrice del film?
Barbara Alberti: Paolo Zucca è un artista così tirannico e visionario che definirmi cosceneggiatrice è eccessivo. Nel corto di Paolo ea già contenuto tutto, quindi il mio contributo è stato molto ridotto. Sul set ho trovato un team di grandi attori e sono molto contenta di essere stata associata a questa operazione così esteticamente folle.
Paolo Zucca: Posso confessare che Barbara è una grandissima motivatrice? Entravo a casa sua depresso e ne uscivo sentendomi F. Scott Fitzgerald.