L'amore secondo Moccia
Si è sempre detto che l'amore non ha età, ed in effetti una delle ultime tendenze è quella che vede belle donne ormai mature accompagnarsi a ragazzi ben più giovani, seguendo il modello esemplare di Madonna e dei suoi cosiddetti "boy toy". Ma l'altra faccia della medaglia, quella per così dire più tradizionale e meno degna degli onori della cronaca, è tuttora sulla cresta dell'onda: d'altronde sono poche le ragazze che non si sono prese una cotta per il collega del padre, o per il professore di turno. O, ancora, per l'uomo con cui si è state coinvolte in un incidente stradale. Situazione insolita, in effetti, ma proprio da questa bizzarra coincidenza ha avuto inizio l'attrazione tra la studentessa liceale Niki e il pubblicitario Alex, e sono proprio loro che, dopo essersi chiamati "amore" davanti a schiere di spettatori rapiti dalla loro bellezza e dal romanticismo della loro storia, ritroviamo qui a chiedere scusa perché vogliono sposarsi.
Niki e Alex sono fidanzati ormai da tre anni, e praticamente convivono: tutto sembra filare liscio, tranne per i moti di gelosia che chat ed sms, tecnologie notoriamente avverse alla fedeltà della coppia, scatenano in Alex, escluso dalla nuova vita universitaria della giovane compagna. Lei, però, è la donna che vuole, e quale modo migliore per rendere ancor più solido il loro legame se non chiederle di sposarlo, durante una cena da favola a bordo di un bateau mouche sulla Senna? Per quanto Niki sia entusiasta dell'idea, ed accetti senza indugi, i problemi non tarderanno a manifestarsi: innanzi tutto la sua famiglia tardo hippie e un po' coatta non incontra le simpatie dell'entourage conservatore e spocchioso del futuro sposo, e poi l'incontro con Guido, fascinoso studente di Lettere cresciuto a pane e poesie di Keats, farà vacillare le fino ad allora salde certezze della ragazza. A gettare un'ombra scura sulle prospettive matrimoniali di Alex ci penseranno i suoi tre inseparabili amici, tutti mollati, più o meno incolpevoli, dalle rispettive consorti, e psicologicamente alla deriva.
Proprio l'esplorazione di un universo più adulto di quello a cui Moccia ci aveva abituati differenzia questa pellicola dalle precedenti, e suggerisce la volontà di addentrarsi con maggiore profondità nel tema che è sempre stato il cardine del successo dello scrittore e regista, quello dell'amore e dei rapporti a due. Alle peripezie sentimentali delle tre inseparabili amiche di Niki, e naturalmente all'altalenante procedere della relazione tra i due protagonisti, si affiancano temi più delicati e meno ovvi: la necessità di trovare un compromesso tra passione e abitudine, la perdita della fiducia, la chiusura in se stessi e nella propria disillusione. I fallimenti sentimentali degli amici di Alex e, per contrasto, il matrimonio duraturo dei due veraci genitori di Niki sono anche i luoghi d'elezione per un gusto comico anch'esso inedito, piacevole sulle prime, ma via via sempre più scontato con il procedere della narrazione. Come per quanto concerne la descrizione dei sentimenti dei personaggi, e l'evoluzione dei reciproci rapporti, anche questa vena di commedia soffre infatti di una certa ridondanza, che pone forzatamente enfasi sempre sugli stessi concetti. Tanto le emozioni più dolorose che i momenti scanzonati e ironici vengono poi estremamente banalizzati, sebbene, e di questo va dato atto, in misura minore rispetto al passato. L'attenzione dell'autore si ferma alla superficie, sfiorando appena la complicata tessitura di sentimenti su cui si fondano le relazioni umane: per questo, per quanto i personaggi possano sembrare verosimili e, a tratti, persino simpatici, si percepisce con chiarezza la loro natura di artefatti. In questo senso non aiuta la prova recitativa del comparto più giovane del cast che, oltre a non brillare per tecnica, si fonda tutta su gridolini e risate isteriche, abbandonati soltanto in occasione delle scene chiave, dove fanno da padroni espressioni attonite e atteggiamenti gigioneggianti. Mancanze, queste, rese ancora più evidenti dal contrasto con gli attori più esperti, che, nonostante la sceneggiatura non brillante e la ormai nota regia che Moccia si compiace di definire "non ingombrante", ma che è davvero troppo poco caratterizzata, offrono tutti una buona prova.In Scusa ma ti voglio sposare è stata tentata un'evoluzione tanto di temi quanto di linguaggi, e sicuramente questo rappresenta un elemento positivo; tuttavia, la volontà di fermarsi a tutti i costi alla favoletta ha nuovamente prevalso su tutto il resto. Non che il lieto fine sia da evitare di per sé, ma è come ci si arriva a fare la differenza, e se i personaggi devono giustificare le proprie scelte e dar conto dei sentimenti che li animano attraverso continui e pedanti "flussi di coscienza", perché senza queste parentesi verbali tanto l'intreccio quanto la recitazione non fornirebbero elementi sufficienti a comprenderli, allora qualcosa non funziona. Moccia ha dichiarato che, per il futuro, vorrebbe occuparsi di storie del tutto diverse: forse, in un ambito nuovo, magari meno attento ai gusti della massa, sarà capace di un'espressione più autentica.