Kill the Jockey, la recensione: una spiazzante commedia queer debitrice di Kaurismaki e Wes Anderson

Stralunata e spiazzante la nuova fatica dell'argentino Luis Ortega, ambientata nel mondo delle corse dei cavalli di Buenos Aires, che vede co-protagonista la star de La casa di carta Ursula Corberó.

Nahuel Perez Biscayart e Ursula Corberó in una scena

Il gusto per uno stile di regia sofisticato ed elaborato l'aveva ampiamente mostrato già nei lavori precedenti, in particolare con il crudo L'angelo del crimine, ma Kill the Jockey permette a Luis Ortega di liberare la sua vena surreale. Commedia straniante dal sottofondo amaro, il film è ambientato nel sottobosco delle corse di cavalli argentine e si concentra su Remo Manfredini, leggendario fantino devastato dall'abuso di alcool e droga al soldo del boss del crimine Sirena, ossessionato dai neonati e dalla voglia di vincere.

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La danza tra Nahuel Perez Biscayart e Ursula Corberó

Presentato in anteprima mondiale in concorso a Venezia 2024, Kill the Jockey ha parecchi assi nella manica a partire dalla presenza di Benicio del Toro, qui coinvolto in veste di produttore esecutivo, e di quella della star spagnola Ursula Corberó, Tokyo de La casa di carta, qui nel ruolo di Abril, sensuale fidanzata di Remo, anche lei fantina, esasperata dal comportamento autodistruttivo del consorte. Ortega ha affidato il ruolo di Remo al talentuoso Nahuel Perez Biscayart, il cui sguardo allucinato e il corpo mingherlino gli forniscono il perfetto physique du role, e in un ruolo minore troviamo anche la protagonista di Ema di Pablo Larrain, Mariana Di Girolamo.

Un film fluido (in tutti i sensi)

Alieno e fuori dagli schemi, Kill the Jockey è pervaso da uno humor caustico che si manifesta sia attraverso battute fulminanti e ciniche freddure che attraverso gag fisiche degne della slapstick. Nella storia del fantino strafatto di droga e della sua bella fidanzata che macina gare su gare, vincendole, ma è impossibilitata a gioirne per colpa dell'impossibile compagno c'è ben poco di realistico. Luis Ortega esige dal suo cast una recitazione straniata che ricorda un po' lo stile algido di Wes Anderson, ma anche certi lavori di Aki Kaurismaki (somiglianza tutt'altro che casuale vista la scelta di Ortega di avvalersi del suo abituale direttore della fotografia, Timo Salminen), prediligendo inquadrature frontali e tagli stilizzati.

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Kill the Jockey: Ursula Corbero e il regista Luis Ortega a Venezia 2024

Ma Kill the Jockey si configura anche come una sorta di on the road gender quando, dopo un terribile incidente che lascia Remo privo di memoria e identità, il fantino viene in contatto con la sua parte femminile dando un'inaspettata svolta queer alla storia. L'omosessualità repressa era un tema già toccato da Luis Ortega ne L'angelo del crimine, ma stavolta la questione dell'identità fluida viene affrontata in maniera giocosa e astratta, attraverso i divertenti travestimenti di Remo che celano, però, una sofferenza repressa tale da spingere il fantino ad annullare la propria persona attraverso l'abuso di sostanze, sabotando carriera e relazione sentimentale.

Lo sforzo dello spettatore

Con le sue battute ridotte all'osso, Nahuel Perez Biscayart è chiamato a recitare principalmente usando il proprio volto e la propria corporeità, che si libera in un suggestivo passo a due eseguito, subito dopo i titoli di coda, insieme a Ursula Corberó per celebrare la vittoria in gara di Abril. La sorte del suo personaggio è il fulcro attorno a cui si organizza il film, caratterizzato da un ritmo scoppiettante, frutto di un accurato lavoro di montaggio, e di una miriade di svolte inaspettate che spiazzano il pubblico.

Eccentrico e paradossale, Kill the Jockey non è certo un film per tutti. Impossibilitati a empatizzare con i personaggi sopra le righe nati dalla mente di Luis Ortega con la complicità di Rodolfo Palacios e Fabián Casas, solo gli spettatori disposti a venire a patti con questa Buenos Aires stilizzata e surreale riusciranno a godere della visione di un'opera astratta e intellettuale, visivamente affascinante, ma astrusa e nonsense.

Conclusioni

Luis Ortega ci regala una commedia malinconica dalle sfumature queer che segue le gesta di un improbabile fantino al soldo della piccola criminalità argentina. Tra freddure e gag fisiche, il film denuncia un'attenta cura formale omaggiando modelli come Aki Kaurismaki nel raccontare le gesta di personaggi fuori dai canoni con stile registico raffinato.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'eleganza formale e lo stile registico raffinato.
  • Pur mettendo alla prova lo spettatore, lo humor vivace e caustico si fa apprezzare.
  • Le performance del cast, in particolare l'espressività stralunata di Nahuel Perez Biscayart e la frizzante sensualità di Ursula Corberó.

Cosa non va

  • La storia è talmente astrusa da impedire l'immedesimazione.e a tratti perfino la comprensione di ciò che accade.