Ken Loach approda al Lido con l'ultimo lavoro, It's a Free World..., che va a completare l'ideale trilogia dell'immigrazione iniziata nel 2000 con Bread and Roses, spaccato di vita dei chicos che varcano illegalmente il confine tra Messico e USA, e proseguita con il focus sulla comunità anglopakistana di Un bacio appassionato. Come Loach tende a sottolineare "l'immigrazione disperata è un impoverimento sia per il paese d'origine sia per le metropoli occidentali che devono far fronte a tutti i problemi che derivano dal sovrappopolamento e della disoccupazione degli abitanti. I film come il mio non hanno il potere di cambiare le cose, ma di far riflettere, di informare e sensibilizzare l'opinione pubblica. Anche di fronte allo sviluppo di Internet e dei nuovi media il cinema manterrà sempre il suo primato di media complesso, tridimensionale, proprio perché il suo potere intrinseco è immortale". It's a Free World... rafforza l'idea del cinema di Loach che da tempo ci siamo fatti: cinema civile, lucido, sempre coerente, una boccata d'aria fresca che potrebbe rappresentare un serio candidato alla vittoria di questa 64 mostra. Anche la scelta di adottare un punto di vista femminile non è nuova, pensiamo alle coraggiose donne messicane che tirano avanti la famiglia di Bread and Roses, semmai la principale innovazione della pellicola è il capovolgimento del punto di vista. Angie è un padroncina che sceglie di mettersi in proprio aprendo un'agenzia di lavoro temporaneo per immigrati. "Il fatto che la protagonista di questa vicenda sia una donna è un caso, la posizione lavorativa che ricopre va al di là del sesso, ma anche se fosse stato un uomo la situazione non sarebbe cambiata. Il suo essere donna, semmai, polarizza l'attenzione sull'evoluzione che il personaggio subisce nel corso della pellicola: per fare carriera diventa più dura, più odiosa, proprio come il suo ex principale. Angie e la collega Rose fanno un percorso che la società gli impone per diventare qualcuno e consolidare la propria posizione economica. Le azioni che Angie compie alla fine del film sono quelle che la stampa di destra vorrebbe che tutti facessimo: denunciare gli immigrati irregolari. Il business di Angie aumenterà se lei si comporterà proprio in questo modo, perciò la ragazza sceglie quello che le conviene di più a livello personale".
L'ottimo risultato ottenuto dalla pellicola è merito del lavoro di equipe sul set, ma soprattutto dell'alchimia tra Loach e lo sceneggiatore Paul Laverty, l'unione di intenti tra i due ha dato vita a molte delle opere del regista militante. In tutti questi anni l'indagine sulla società di Loach si è fatta sempre più puntuale e acuta. "Non penso di essere diventato più pessimista, ma più realista. Nel 2000 c'era ancora voglia di lottare per migliori condizioni di lavoro, in questo momento di crisi Londra è diventata un po' il simbolo di questa immigrazione incontrollata e sfruttata come forza lavoro. Non so cosa girerò tra altri sette anni, dipende dalla direzione che prenderà il mondo. Ora come ora direi che è interessante guardare in direzione della Cina post Olimpiadi. L'importante è non perdere mai la speranza di poter cambiare le cose, non dobbiamo credere a chi ci dice che non possiamo far niente per migliorare la società, possiamo eccome".