Indossa un paio di Onitsuka Tiger come la sposa di Kill Bill, la Mary Elizabeth Winstead di Kate. Non sono però quelle, ormai iconiche, gialle e nere, ma un più convenzionale bianco, rosso e blu. E così, come vi spiegheremo nella recensione di Kate, il film d'azione diretto da Cedric Nicolas-Troyan disponibile in streaming su Netflix dal 10 settembre, siamo di fronte a un revenge movie, la storia di una ragazza letale e sola contro tutti, che non ha certo i colori brillanti di un film di Quentin Tarantino, ma dei colori - metaforicamente, non letteralmente parlando - più convenzionali e scontati. Kate è un film d'azione come tanti, che non aggiunge molto al genere, da vedere e dimenticare in fretta.
Solo 24 ore
Siamo a Osaka, Giappone: un uomo e una donna sono in attesa di entrare in azione. Kate (Mary Elizabeth Winstead), cecchino infallibile, punta il suo fucile verso la vittima designata. Fa fuoco. Ma, accanto alla vittima, c'è una ragazzina, che rimane sconvolta dallo sparo. 10 mesi dopo quell'assassinio ci ritroviamo in una Tokyo tentacolare e notturna. Kate parla con il suo mentore (Woody Harrelson). Poco dopo la troviamo in un bar, alle prese con un incontro e poi una notte di sesso occasionale. Quella notte stessa riceve un messaggio sullo smartphone. È il suo prossimo incarico, forse l'ultimo, sulla Roppongi Tower. Kate è lì. Prende la mira, ma fallisce il colpo. Poco dopo scopre di essere stata avvelenata con una sostanza radioattiva, proprio in quell'incontro occasionale. Ha solo 24 ore di vita. Ma deve scoprire chi è stato a volerla morta.
Mary Elizabeth Winstead, volto da bambina e istinto da killer
Il volto, e il cuore di Kate, è Mary Elizabeth Winstead, attrice eclettica che abbiamo visto nel ruolo di ballerina in Ballare per un sogno, ma anche nel mondo di Die Hard (con due film, Die Hard - Un buon giorno per morire e Die Hard: Year One, e in quello di Quentin Tarantino (Grindhouse - A prova di morte), nonché nel curioso film 10 Cloverfield Lane, e nel recente The Suicide Squad - Missione Suicida. C'è sempre qualcosa di straniante e affascinante quando vediamo ragazze dal volto dolce, da bambina, calarsi nel ruolo di spietate killer. Qui Mary Elizabeth Winstead vuole dimostrare, sempre di più, di essere un'attrice versatile e credibile in qualsiasi ruolo. La dolcezza nel volto rimane e dà una certa sensibilità e un'anima a un personaggio che è muscoli e istinto da killer. Prima di dare il via alle danze dell'azione, la macchina da presa si sofferma spesso su quel volto.
Intrattenimento usa e getta
Ma sono solo attimi di quiete prima della tempesta. L'azione di Kate è potente e brutale, scandita dalle note, per noi inedite, di rock e pop giapponese, che assicurano un tono curioso ai combattimenti. Kate è un film violento, notturno, colorato delle luci al neon rosa e azzurre dei locali di Tokyo. È un film adrenalinico, sulla linea di molti dei film che Netflix propone oggi, che sono puro intrattenimento, pura azione, dei prodotti un po' usa e getta da consumare velocemente.
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Kate è un déjà vu
Kate vive di una corsa contro il tempo, della suspense che nasce dall'avere e ore contate. È la discesa agli inferi di chi non ha niente da perdere. È un film che, a suo modo, è monotono nel suo svolgimento. Nonostante ci sia un inganno da scoprire, nonostante ci sia una vita in pericolo, e poi due, quando in scena entra Ani (Miku Martineau), la ragazzina che Kate prende con sé come ostaggio, il film non riesce a costruire la giusta tensione, non riesce a creare interesse nel proseguire la visione. Ma soprattutto, non aggiunge molto ad altri ritratti di donne killer raccontate con ben altra fantasia e intuizione. A un film come Kate non si chiede di essere Kill Bill, ma sembra una brutta copia di certe storie di Luc Besson, come Nikita e Lucy, o altri film ben realizzati come Salt o Atomica bionda. Insomma Kate ci sembra un film piuttosto prevedibile e convenzionale.
La solidarietà femminile
Restano allora l'interpretazione di Mary Elizabeth Winstead, i momenti in cui è in scena Woody Harrelson, e il rapporto che si viene a creare tra Kate e Ani, la ragazzina giapponese inizialmente scelta come ostaggio, ma destinata a entrare in qualche modo nel suo cuore. Forse perché, non avendo mai conosciuto la madre, in fondo è un po' come lei. In questa sorellanza, in questa solidarietà femminile, uno dei temi chiave del cinema di questi anni, in questo senso di protezione, c'è forse il cuore del film, la cosa più interessante.
Conclusioni
Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Kate, siamo di fronte a un revenge movie dagli sviluppi piuttosto convenzionali e scontati. Kate è un film d'azione al femminile come tanti, che non aggiunge molto al genere, da vedere e dimenticare in fretta.
Perché ci piace
- L'interpretazione di Mary Elizabeth Winstead e di Woody Harrelson.
- La relazione che si crea tra Kate e la giovane Ani.
- I combattimenti montati su musica rock e pop giapponese.
Cosa non va
- Il film non riesce mai a creare la giusta tensione e non spinge lo spettatore a interessarsi alla storia.
- E, soprattutto, non aggiunge molto ad altri revenge movie a action al femminile.
- Per tutto il film sembra di assistere a un continuo déjà vu.