Il 78esimo Festival di Cannes segna per Jean-Pierre e Luc Dardenne la loro decima volta in concorso. Con due Palme d'oro in curriculum, Rosetta del 1999 e L'enfant - Una storia d'amore nel 2005, e svariati premi collaterali, sono un caso raro nella storia del cinema. Con Jeunes Mères (The Young Mother's Home), ritratto di cinque giovani donne in un centro di accoglienza per ragazze madri, è tra gli ultimi film ad essere programmati in un'annata che sta portando a Cannes solo pellicole "medie", dove non sono arrivate folgorazioni come era stato per l'edizione 2024, con Emilia Pérez o The Substance. Contravvengono al loro modus operandi, Jean-Pierre e Luc Dardenne, che li vuole concentrarsi su di una sola storia e spesso un solo protagonista e scelgono, per Jeunes Mères ben cinque personaggi: Jessica, Perla, Julie, Ariane e Naïma.

Questa scelta, per certi versi, ci fa immaginare che ci sia stata l'intenzione, da parte dei due registi di voler un po' tirare le somme del loro cinema poiché queste ragazze, nelle loro vicende familiari, sembrano essere vicine a molti dei personaggi che hanno composto la cinematografia dei Dardenne, da Rosetta alla Sonia di L'enfant - Una storia d'amore. Seguono la routine di queste cinque ragazze e i loro tentativi, non solo di venire a capo alla loro nuova situazione ma anche, spesso, di fare i conti con l'eredità della loro condizione sociale e familiare prima di rimanere incinte ed approdare nel centro d'accoglienza.
Alle spalle di queste giovani donne, spesso ci sono genitori assenti ma soprattutto, madri che a loro volta non sono mai riuscite ad assumersi veramente questo ruolo.Jeunes Mères, prossimamente in sala con BIM, è un film che, per il suo prestare l'attenzione su cinque protagoniste invece di una, perde di mordente rispetto alle situazioni critiche che vuole rappresentare. La fotografia chiara di una società e le sue derive, Jean-Pierre e Luc Dardenne riescono comunque a farla ma questa volta, dissipando l'energia dello spettatore, il messaggio arriva più sopito, doloroso ma mai così impattante da scuotere veramente le coscienze.
Mancanze e assenze

Apre con un mancato incontro, Jeunes Mères, quello tra Jessica (Babette Verbeek), ragazzina con il pancione e la donna che l'ha partorita e data in adozione. Quest'ultima non si è presentata, non si sa perché e Jessica non si capacita, ha perso l'occasione di urlarle che terrà ed amerà la sua bimba, a differenza di come è stato fatto per lei. Parte, dunque, con la rabbia per un genitore assente da sempre, il film e mette in chiaro da subito qual è una delle direttive intraprese da Jean-Pierre e Luc Dardenne, l'indagare l'origine di questa rabbia, un'eredità fatta di assenze o di mancanze da cui sembra impossibile, forse, affrancarsi. A dimostrazione di questo, il percorso difficile di Ariane (Janaina Halloy Fokan), ad esempio, in cammino verso un'amarissima presa di coscienza: non può essere la madre che sua figlia merita, perché la sua (che impariamo a conoscere nel film, perdonare ma non giustificare) non ci è mai riuscita.
Adolescenza o vita adulta?

Nelle note di regia gli autori rivelano di aver studiato, con una piccola videocamera, gli ambienti di quel piccolo centro d'accoglienza e di aver fatto le prove con le giovani attrici per ottenere da loro quanta più spontaneità possibile. Non stupisce dunque che Jeunes Mères conservi un approccio documentaristico nel seguire anche solo i gesti routinari delle sue protagoniste tanto da renderle meno personaggi e più persone. La macchina da presa dei Dardenne le accompagna mentre cambiano i loro bambini, discutono i turni su chi deve cucinare per tutte, preparano i biberon, imparano a fare il bagnetto.
Dialogano con le educatrici, con la psicologa, incitate a rispondere, prima o poi, alla domanda che permea il film: Sei pronta per intraprendere il ruolo di mamma? diventare adulta e abbandonare, prematuramente, l'adolescenza?. Il sì non è scontato ed è giusto che sia così perché anche quando la risposta è positiva, come nel caso di Julie (Elsa Houben) ed hai anche un compagno/padre coinvolto, il confronto con se stessi e i propri limiti può comunque rivelarsi la sfida più grande. La domanda che a queste ragazze non viene mai fatta è se siano disposte a perdere il loro status di figlie. È doloroso constatare che non lo sono mai state veramente.
Distanza senza giudizio
Jean-Pierre e Luc Dardenne si tengono più a distanza del solito dai loro soggetti e dalle riflessioni di cui, loro malgrado, si fanno portatrici e con l'obiettivo di unire le traiettorie di tutte e cinque i loro personaggi, risultano meno incisivi (ed anche meno retorici, il che è positivo) del solito e più dispersivi. Jeunes Mères non riesce sempre a tenere alta l'empatia con le sue protagoniste e il film risulta altalenante. Alterna veri e propri colpi al cuore, schiaffi in faccia in corrispondenza di imprevisti, delusioni, rifiuti subiti da queste ragazze, a momenti in cui il coinvolgimento è più fuggevole e non va oltre la durata del film.
Conclusioni
Decimo film in concorso al Festival di Cannes, Jeunes Mères, per Jean-Pierre e Luc Dardenne. Per questa sorta di decimo anniversario, i registi belgi realizzano un film corale, un ritratto di cinque adolescenti e neo madri, dentro un centro di accoglienza. Con approccio documentaristico che ne ritrae la rabbia e la difficoltà nel confronto con se stesse, questo nuovo ruolo di genitrici e una mancanza/assenza di figure di riferimento familiare, i Dardenne alternano colpi al cuore con più flebili e meno incisivi momenti. La realtà sono sempre dei maestri a raccontarla, ma disperdono spesso l’empatia dello spettatore.
Perché ci piace
- Racconta bene la rabbia di queste giovani donne per le assenze e mancanze che vivono da sempre.
- Le protagoniste rendono persone i loro personaggi.
- Ha un piglio documentaristico nel narrare il percorso di transizione, violento e imposto, dall'adolescenza all’età adulta.
Cosa non va
- Concentrandosi su cinque personaggi invece che uno, dissipa la possibile empatia dello spettatore.
- Alterna veri e propri colpi al cuore con situazioni trascurabili e poco incisive.