In oltre cinquant'anni di carriera ha fatto innamorare un numero indescrivibile di donne. Affascinante scavezzacollo, icona della settima arte dal fascino francese - anche se il cognome tradisce le origini italiche - all'età di 83 anni Jean-Paul Belmondo ha avuto tante soddisfazioni ma pochi riconoscimenti ufficiali. Pur avendo legato la propria carriera ad autori del calibro di Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, Vittorio De Sica, Claude Sautet e Jean-Pierre Melville, la critica sembra averlo voluto punire per essersi gettato a capofitto nel grande cinema d'azione e d'avventura diventandone una delle icone mondiali negli anni '60 e '70.
Oggi la Mostra di Venezia ha rimediato a questa mancanza tributandogli un Leone d'Oro alla Carriera che l'attore è giunto a ritirare di persona, nonostante gli acciacchi dovuti all'età e alle malattie che lo hanno colpito negli ultimi decenni. Con gli anni "il brutto più affascinante del cinema francese" non sembra aver perso un grammo del suo carisma, almeno a giudicare dall'accoglienza riservatagli dal pubblico femminile presente a Venezia. Sarà merito della sua filosofia di vita che ci enuncia con orgoglio? "Non ho nostalgia né rimpianti. Io non penso mai al passato, guardo solo al futuro. Con l'età si migliora, migliorano molte cose, anche la recitazione".
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L'incontro con Godard
Come si costruisce una carriera così importante? A Jean-Paul Belmondo tutto è accaduto per caso. Dopo il diploma alla scuola d'arte drammatica, conquistato con un po' di fatica, l'attore si è concentrato principalmente sul teatro. Come racconta lui stesso: "Non ero affatto sicuro di voler fare cinema. Ho recitato nove anni in teatro, poi è arrivato Godard con Fino all'ultimo respiro e la mia carriera è decollata. Negli stessi anni ho lavorato con Marcel Carné e Claude Chabrol, quindi direi che non mi posso proprio lamentare". Riguardo al metodo lavorativo di Godard, Belmondo ammette che "è un regista molto importante, ma lavorare con lui è difficile perché è duro. Non è facile andare d'accordo con lui". Pensando alle liti viene in mente quella epica con il rivale Alain Delon ai tempi di Borsalino. Belmondo a tal proposito si fa una risata e ammette: "È acqua passata. Sono ancora amico con Alain. Ci vediamo sempre".
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Una carriera a gonfie vele e senza rimpianti
Cosa prova un divo del calibro di Jean-Paul Belmondo a ricevere un prestigioso premio alla carriera come quello tributatogli a Venezia? "Essere qui oggi è incredibile, sono molto felice ed è un onore ricevere un Leone d'Oro. Quando ero giovane venivo in Italia perlopiù per motivi di lavoro, ma a Venezia ci sono venuto tante volte anche con mia moglie. Una volta ho sorvolato la città appeso a un elicottero, un momento che ricordo ancora molto bene".
C'è qualche rimpianto che un divo come Jean-Paul Belmondo si porta dentro? Qualche desiderio che non è riuscito a realizzare? A quanto pare no. "Nella mia carriera ho fatto tutto quello che volevo fare", ci confessa il divo. "Oggi amo il sole e il mare, il lavoro non mi preoccupa più". Riguardo ai possibili eredi del cinema contemporaneo aggiunge: "Ci sono miei eredi dappertutto, ma ora che ho chiuso con il cinema sta a loro farsi strada". Belmondo ci lascia infine con una riflessione filosofica sulla felicità: "Nel mondo di oggi è complicato essere felici. Si tratta di un mondo pieno di violenza e ingiustizie. Vivere è difficile, forse più di una volta. Ma per dimenticare le guerre, il male e le cose brutte che ci circondano, l'importante è sorridere sempre".