Arriveranno a settembre i primi corsi dell'Anica Academy, la scuola di formazione di base e di alta specializzazione nell'audiovisivo istituita a fine 2020, e le iscrizioni sono aperte fino alla metà di questo mese per le prime attività in programma. Si tratta di una fondazione senza scopo di lucro creata da ANICA, Medusa Film, Netflix, Rai, ViacomCBS e Vision Distribution con l'obiettivo di formare figure altamente specializzate e valorizzare i talenti, per rispondere alla crescente richiesta del mercato di profili di competenza elevata.
Ne abbiamo parlato con Isabella Aguilar, sceneggiatrice d'esperienza sia in campo seriale che cinematografico (tra le sue opere troviamo Tutto può succedere e Baby, ma anche The Place e Un'avventura), coinvolta come membro del Direttori dei 100 Autori e tra i docenti che seguiranno il corso dedicato alla sceneggiatura per la serialità e destinato ai giovani professionisti già in attività: Writers' room 2021 - Designing the new serial writers' room, in partenza il 23 settembre e con durata fino a fine novembre. Ci siamo fatti spiegare da lei presupposti e obiettivi della scuola e del corso, ma anche di cosa sia necessario al nostro paese per fare il salto di qualità nel settore e le potenzialità, in parte ancora inespresse, del nostro panorama seriale.
Formare i professionisti dell'audiovisivo
"Una scuola così in Italia non c'è e serve", questa la riflessione che ci ha raccontato la Aguilar e dalla quale si è partiti per organizzare il lavoro dell'Anica Academy, "perché nessuna delle scuole presenti in Italia aveva un legame diretto con i players, invece qui sono loro stessi a organizzarla e cercare talenti. In particolare il corso che ho organizzato io insieme a Raffaella Bonivento è un percorso avanzato, rivolto a scrittore professionisti con criterio di ingresso abbastanza alti e l'idea di formarli per diventare gli Head Writer del futuro e farli parlare direttamente con le piattaforme." Un corso pratico, insomma, in cui si scriveranno delle serie televisive con l'obiettivo di presentarle direttamente ai player che potrebbero produrle e l'intento ambizioso di lavorare su un settore già alto dell'industria audiovisiva e professionalizzarlo con strumenti moderni e internazionali, "perché è lì che si sta giocando la partita."
"Io stessa" ha continuato Isabella Aguilar "sono stata travolta dall'arrivo delle piattaforme", da realtà che offrono maggiore libertà, ma chiedono una maggiore professionalità, realtà che "vanno a stimolare il tuo talento e i tuoi confini, ma che quando andavo a scuola di sceneggiatura non esistevano. Non ti chiedevano di volare alto, perché sapevano che era difficile piazzare sul mercato un prodotto di quel tipo." Quindi importante preparare l'"hear writer di domani, non di dopodomani", di farli uscire dal corso pronti a operare perché avranno simulato tutte quelle situazioni che si troveranno ad affrontare una volta tornati sul campo, con qualunque referente si troveranno a dialogare, grazie anche al contributo di ospiti internazionali che testimonieranno le loro esperienze che possono essere diverse, oltre al lavoro dei docenti che illustreranno le loro.
Cosa manca in Italia?
Bisogna fare il salto definitivo verso uno scenario internazionale e ci è venuto spontaneo chiedere a Isabella Aguilar cosa manchi al nostro paese per colmare il gap verso altri paesi. "A mio parere, perché non tutti sono d'accordo" ci ha detto l'autrice, "manca una figura solida di showrunner" seguendo l'esempio della grande serialità che va presa a modello, "bisogna dare in mano a un soggetto creativo la responsabilità del prodotto. C'è ancora un po' di diffidenza e di confusione sul senso di questa figura che garantisce al prodotto finale una coerenza interna narrativa e di visione" che fin troppo spesso è stata suddivisa tra scelte dei singoli registi, altre della produzione e dei player, così si finisce di trovare un comune minimo denominatore per far contenti tutti. "Quello che abbiamo imparato dai sistemi che funzionano meglio, a parte che servono più soldi" ha spiegato la Aguilar, "è che servono figure che si sobbarcano la responsabilità artistica della continuità del progetto."
Va detto che nel materiale che arriva a noi della stampa il termine showrunner inizia ad apparire e lo conferma la Aguilar ricordando come Netflix l'abbia chiamata dicendole "prova, sarai il nostro paziente numero 0" per un progetto che stanno ultimando ora e un'esperienza titanica come apprentice showrunner per una sua serie. Si è trovata ad affrontare problematiche e un carico di lavoro importanti, ma necessari per assicurare l'integrità di un lavoro che può prendere deviazioni impreviste senza una figura di riferimento che decida su cosa e come intervenire in caso di problemi che possono subentrare durante la lavorazione e impedire che i problemi si accumulino e trasformino i progetti "nella copia slavata di quello che dovevano essere."
The Young Pope un'eccezione? Che futuro per la serialità italiana?
L'importanza dell'Head Writer
Una figura che può coincidere anche con il regista, ma "l'importante è che ci sia" e che non venga dispersa in una serie di diverse professionalità. Ma anche senza arrivare al concetto di showrunner, anche la figura dell'Head Writer può essere più o meno forte "e si vede quali sono le serie italiane che hanno avuto un head writering forte e ascoltato." La Aguilar ha citato quella che è "la prima grande serie della nostra rivoluzione seriale, che è Romanzo criminale - La serie: lì si sente un sodalizio artistico potente tra il team di sceneggiatori e Sollima, che ha portato a un prodotto con un'identità incomparabile con quello che c'era in quegli anni." Parliamo di un punto di svolta, che fece pensare "allora possiamo farle anche noi queste cose, fatte bene e profondamente local." Un esempio seguito poi solo in parte e soprattutto in casa Sky, non per ultimo da Anna, in cui "Ammaniti ha fatto proprio quel lavoro lì, sobbarcandosi di questa responsabilità creativa".
Esempi eccellenti
Da Romanzo criminale ad Anna, si ripercorrono esempi di eccellenza del nostro paese, come lo stesso Romulus, per restare in casa Sky, che "può piacere o non piacere, che può non essere nelle proprie corde, ma si deve riconoscere un'identità forte." Merito di Matteo Rovere, regista e produttore, che "imposta una visione, è quello che dà un'impronta digitale alla serie, che crea un mondo che prima non c'era." Una caratteristica che hanno "i prodotti che amiamo non italiani". Ma ci si sta arrivando. "Ho avuto la fortuna di fare da apripista con Netflix con Baby e ho sentito soffiare una nuova aria. Anche quella serie può piacere o non piacere, ma ha una sua personalità." E il pubblico ha risposto a questo in tutto il mondo, con momenti in cui è stata sesta serie più vista su Netflix nel mondo. "Netflix ha dato uno scossone al sistema" facendo prodotti local con presa global, scommettendo su progetti che mai avrebbero trovato spazio sulle reti generaliste.
Senza confini
Ma è difficile scrivere con un obiettivo global in mente? È necessaria una consapevolezza del pubblico internazionale? "In realtà si è molto liberi. Ti fidi del loro fiuto, se ti attivano una produzione è perché pensano che abbia un appeal. Se fai un prodotto che ha un suo carattere, si dà per scontato che sia universale" e che magari incuriosisce proprio vedere un prodotto che sia italiano o francese o scandinavo. "Pensa al successo planetario de La casa di carta: era andata in onda in patria sulla tv generalista con bassi ascolti, poi Netflix l'ha ripresa, l'ha messa in catalogo e si è scoperto che il mondo intero si diverte con il mindset spagnolo che è molto specifico e caratteristico, che viene dalla loro identità, non costruito a tavolino." Una metodologia che hanno "fiutato, anzi ri-fiutato, anche le generaliste, perché un tempo facevano i grandi sceneggiati e ora hanno ricominciato a fare L'amica geniale o I Medici che ambisce ad andare fuori dal confine."
L'amica geniale: Elisa Dal Genio e Ludovica Nasti, amiche sul set e nella vita
Bisogna essere sfrontati
Ci muoviamo in un mondo che è cambiato, c'è più fame di contenuti da parte di broadcaster e piattaforme, ma bisogna avere anche la voglia di proporre qualcosa di nuovo e coraggioso. "Romulus viene da Il primo Re, ma prima di quello non c'era niente. Bisogna avere la sfrontatezza di proporre cose del genere. Ecco, la sfrontatezza è proprio la lezione numero uno! Se impari a lavorare sempre a regime minimo, magari sei una Ferrari ma ti hanno insegnato che sei una 500 e ti convinci di esserlo e passi la vita ingolfato. Bisogna almeno far provare potenziali giovani talenti ad andare al massimo delle proprie possibilità. Devi imparare ad alzare la testa e osare."