Io sono ancora qui, intervista a Fernanda Torres: "Raccontiamo una donna che rappresenta tutto il Brasile"

Walter Salles e l'attrice candidata all'Oscar ci raccontano il coraggio di Eunice Facciolla Paiva, che ha affrontato le conseguenze del colpo di Stato del '71 in Brasile. In sala.

Walter Salles e Fernanda Torres presentano Io sono ancora qui

Quella di Io sono ancora qui non è soltanto una storia vera: è un racconto di resistenza, di amore, dignità, di saper trasformare una tragedia in qualcosa di utile, in grado di ispirare le nuove generazioni. Tutto questo è Eunice Facciolla Paiva, che ha visto sparire all'improvviso suo marito, Rubens Paiva, politico e ingegnere, dopo il colpo di Stato in Brasile del 1971.

I Am Still Here Una Scena
Fernanda Torres in Io sono ancora qui

Invece che farsi da parte e rimanere in silenzio chiusa nel suo dolore, con cinque figli da crescere, Eunice Paiva è diventata avvocata, non ha mai smesso di chiedere conto al governo della scomparsa del marito e di tutti gli altri messi a tacere dalla dittatura. La sua forza è stata messa in parole dal figlio, Marcelo Rubens Paiva, che ha raccontato la sua famiglia nel libro di memorie Sono ancora qui, pubblicato nel 2015.

Walter Salles, regista di Central do Brasil e I diari della motocicletta, ha quindi adattato il romanzo per il grande schermo. Per il ruolo della protagonista ha scelto una leggenda del suo paese: Fernanda Torres, che, dopo aver vinto il Golden Globe come migliore attrice, adesso è candidata al premio Oscar. Così come il film, nominato sia nella categoria miglior film internazionale, sia in quella del miglior film. Nelle sale italiane dal 30 gennaio dopo il concorso a Venezia 2024, Io sono ancora qui non è soltanto uno dei titoli più emozionanti della stagione: è anche la scoperta di una figura da ammirare per il suo coraggio.

Io sono ancora qui: intervista a Walter Salles e Fernanda Torres

Io sono ancora qui è quindi la storia della famiglia Paiva. E in particolare di Eunice: l'attrice Fernanda Torres è onorata di averle reso giustizia.

"Questa donna è specialissima. Perché lei in principio era una casalinga perfetta degli anni '50, al fianco di questo grande uomo. E dopo la tragedia diventa la donna che era veramente. E la sua evoluzione accade in parallelo con quella del paese. Prova ad abbandonare un'utopia di vita, è obbligata a farlo, e si reinventa come un'avvocata, fa parte della costituzione, lotta per i diritti umani. E fatto tutto questo senza che nessuno lo sapesse. Le persone non conoscevano questa donna. Prima era la vedova di questo grande uomo e dopo la madre di questo gran scrittore. Oggi, dopo il libro e il film, è incredibile come Eunice Paiva sia quasi un'incarnazione del nostro paese".

D'accordo il regista: "Una persona, dopo aver visto il film, mi ha scritto che è interessante come gli esseri umani siano capaci delle cose peggiori. Nel film questo è rappresentato da una dittatura estremamente violenta, che bussa all'improvviso alle porte delle famiglie. Ma allo stesso tempo, nella tragedia, siamo capaci di superare quelle che sembrano barriere invalicabili. E reinventarci. In questo senso la storia di questa famiglia è una grande celebrazione della vita. Perché dimostra come, anche nei casi apparentemente peggiori, ci sia la possibilità di reinventarti. E, come ha detto Fernanda, la resilienza di questa donna, e poi il suo reinventarsi, sono stati allo stesso tempo estremamente originali e completamente sovversivi. È una forma di resistenza basata sull'affetto, su una forma di azione molto potente ma non vistosa. E incredibilmente efficace. Facendo il film abbiamo imparato molto da lei".

L'uso delle foto nel film

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Walter Salles sul set

Nel film c'è un uso intelligente e perfetto delle fotografie: grazie a quelle foto conosciamo meglio la famiglia Paiva. Sono una prova tangibile che quelle persone sono esistite, che sono state felici. Oggi praticamente non stampiamo più le nostre fotografie: le conserviamo sui cellulari, o le pubblichiamo sui social. Il fatto che una foto non sia più tangibile, in qualche modo rende meno forte la nostra memoria?

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Un'immagine di Io sono ancora qui

Salles: "Con la fotografia digitale facciamo foto ma raramente le stampiamo. Non le condividiamo in pubblico. Le teniamo nello spazio privato, nei nostri telefoni. Facendo ricerche per il film, abbiamo capito quanto fossero potenti i ricordi di quelle foto scattate dalla famiglia negli anni '70. Mostravano la mappa umana degli anni '70, ma anche la mappa politica del paese, nascosta dietro quelle facce. Sono una testimonianza incredibile dell'epoca. È per questo che abbiamo inserito la Super8 nel film: per dare un senso di immediatezza, per ricreare l'atmosfera dell'epoca, ma anche per ricostruire i ricordi attraverso la Super 8. Per quanto mi riguarda, ho cominciato con la fotografia: quando sono passato alla fotografia digitale ho smesso di stampare le immagini. E ora, dopo aver fatto questo film, ho fatto l'opposto: sono tornato a stamparle! Perché volevo avere la sensazione tangibile che si trattasse di visa vissuta davvero, che non fosse solo qualcosa che ha fatto il nido nell'iCloud. È qualcosa di tangibile. Ed è bellissimo perché chiunque può condividerla".

Torres ricorda i giorni in cui hanno ricreato i ricordi di casa Paiva: "Abbiamo girato in 45 mm e in ordine cronologico, in modo da creare la memoria di queste persone. Il primo compito che abbiamo avuto in questo film è stato proprio quello di ricreare le fotografie. Questo da attrice è stato molto importante, perché è stato come girare. Abbiamo passato due settimane sul set, con i costumi, il trucco, a ricreare le pose. È stato il primo approccio ai personaggi. È stato come girare un film. E quando poi abbiamo visto le foto, erano la memoria di quell'esperienza. Tutto il film è sulla memoria, ma le fotografie sono molto importanti. E poi, quando fai una foto, non è sufficiente mettersi in posa: devi ricreare quell'emozione. Ed è stata una prova fantastica del film. È stato come provare tutto prima".