Inversioni in cucina
Negli anni Cinquanta, un gruppo di osservatori svedesi del "Researche Home Institute" raggiunge un piccolo paesino norvegese, per studiare i comportamenti domestici di un campione volontario di scapoli, in modo da poter progettare cucine adeguate alle esigenze e alle abitudini del target.
Bent Hamer, al suo terzo film, seleziona la coppia Folke (Tomas Norström) e Isak (Joachim Calmeyer), il ricercatore svedese e il vecchio norvegese, per scandagliare il rapporto osservatore/osservato. Partendo dall'iniziale assenza di comunicazione, necessaria all'obiettività della ricerca, il film progredisce lentamente ed inesorabilmente verso una sincera amicizia fra i due, dopo aver abbandonato la propria diffidenza l'uno e la propria professionalità l'altro. La ricerca di marketing viene così mandata in frantumi, con le sue pretese di scientificità, in favore di una reale e profonda comprensione. "Come facciamo a capirci se non comunichiamo?", chiede Isak dando inizio all'inversione di rotta.
E' proprio il tema dell'inversione a percorrere tutto il film, sin dall'incipit, in cui la colonna di macchine dei ricercatori, passata la frontiera fra Svezia e Norvegia, cambia senso di marcia. Si rovesciano i ruoli dei personaggi (Isak spia Folke da un buco nel pavimento al piano superiore), gli spazi da loro occupati (il vecchio si addormenta sull'alta sedia dell'osservatore e quest'ultimo dorme nel letto del primo) ed i loro rapporti (non solo quello fra Folke e Isak, ma anche fra quest'ultimo e Grant, l'amico del paese). Si inverte, infine, anche la modalità di rappresentazione: ad una prima parte silenziosa, fatta di piccoli gesti, humour cinico (i dispetti di Isak) a tratti surreale (il filmato iniziale delle casalinghe, il medico che visita fumando, l'arrivo del dottor Ljungberg) ed inquadrature che separano i due personaggi nello spazio ristretto della cucina, segue la seconda parte caratterizzata dal dialogo, da piani che uniscono i due personaggi e da un tono più dimesso, ma spesso edulcorato.
Convince meno la seconda parte del film, che riprende alcuni cliché a volte scontati (Isak che mette una coperta su Folke addormentato), mostrando scarsa inventiva e fantasia a livello di sceneggiatura. Kitchen stories parte da uno spunto intelligente sviluppato in modo brillante, comunica un messaggio condivisibile sulla comprensione reciproca, ma rimane un film che, anche se certamente godibile, forse avrebbe potuto avere uno spessore differente.