A otto anni di distanza dal suo esordio dietro la macchina da presa con Le jour où Dieu est parti en voyage (The Day God Walked Away), racconto dell'esplosione del genocidio ruandese attraverso gli occhi di una Tutsi in fuga dopo la brutale uccisione dei figli, Philippe Van Leeuw nel 2017 è tornato alla regia per mostrare la tragedia della guerra civile siriana. Presentato lo scorso anno in anteprima mondiale al Festival di Berlino nella sezione Panorama (dove ha ottenuto il Premio del Pubblico) e più recentemente all'ultima Festa del Cinema di Roma, Insyriated è stato giustamente accolto in maniera positiva dalla critica internazionale e un mese fa si è aggiudicato sei riconoscimenti ai Magritte Awards, l'equivalente belga dei nostri David di Donatello, tra cui quelli per miglior film, regia e sceneggiatura.
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Rinchiusi in casa con fuori la guerra
Se nel film del 2009 si privilegiava lo sguardo di una sola donna nel tragico contesto di uno degli eventi più sanguinosi del secondo dopoguerra, Insyriated immerge lo spettatore nel dramma della vita contemporanea a Damasco focalizzandosi su un ristretto gruppo di persone rinchiuso in un appartamento di un palazzo ormai abbandonato. In attesa del ritorno del marito, la padrona di casa Oum Yazan (Hiam Abbass) tenta di gestire al meglio la difficilissima situazione per proteggere la propria famiglia, mentre l'ospite Halima (Diamand Bou Abboud), nella speranza di costruirsi un futuro, si prepara per un pericoloso viaggio con l'infante e il marito alla volta di Beirut grazie all'aiuto di un reporter.
Intorno a loro imperversa la guerra tra le forze armate governative e i ribelli: uscire di casa vuol dire andare facilmente incontro alla morte a causa del lancio di una bomba dal cielo o del colpo di fucile di uno dei tanti cecchini posizionati sugli edifici della città. I pericoli però non vengono solo dagli eserciti in lotta fra loro, ma anche dagli sciacalli violenti e senza scrupoli che setacciano i palazzi alla ricerca di oggetti di valore da rivendere al mercato nero.
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Damasco, oggi
Sebbene da tre decenni la sua attività principale sia quella di direttore della fotografia (ha lavorato soprattutto in Francia e, tra gli altri, ha collaborato con Bruno Dumont per L'età inquieta), Philippe Van Leeuw dimostra fin dalle prime inquadrature di essere padrone del mezzo filmico. Il nostro punto di vista aderisce completamente a quello dei protagonisti, il cui unico obiettivo è legato alla sopravvivenza, e dunque non c'è spazio per riflessioni sui motivi che hanno portato alla guerra civile o sullo stato dei combattimenti. Ciò che interessa al regista è mostrare in maniera efficace, attraverso uno stile solido, asciutto e rigoroso, cosa significa vivere oggi a Damasco durante il conflitto siriano.
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Un lavoro importante e necessario
Anche autore unico della sceneggiatura, Van Leeuw si concentra dunque sulle difficoltà, le sofferenze e le ansie quotidiane di alcuni civili la cui esistenza, nell'arco delle circa ventiquattro ore della narrazione, è costantemente in pericolo. E lo fa senza concedere nulla alla retorica, tratteggiando dei personaggi assai credibili e sviluppando in maniera molto convincente la relazione tra di loro: si pensi soprattutto allo sfaccettato e complesso rapporto che viene ad instaurarsi tra le due donne protagoniste, ottimamente portate in scena dalla grande attrice palestinese Hiam Abbas e dalla intensa giovane interprete libanese Diamand Bou Abboud, vista di recente ne L'insulto di Ziad Doueiri.
Per come mostra le condizioni di vita nella Siria contemporanea sfruttando con notevole abilità le possibilità offerte dal cinema di finzione, Insyriated è un film davvero unico, importante e necessario. Nel caso in cui abbiate la possibilità di vederlo sul grande schermo (purtroppo uscirà in un esiguo numero di sale), il consiglio è quello di non lasciarvelo scappare.
Movieplayer.it
4.0/5