Non possiamo che cominciare la nostra recensione di In un futuro aprile - Il giovane Pasolini con una data precisa. Il 2 novembre di quest'anno ricorre il quarantacinquesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, il regista, poeta e intellettuale italiano, assassinato brutalmente sulla spiaggia di Ostia. Una persona che è stata studiata e approfondita più e più volte nel corso degli anni, sia attraverso le sue opere, perfettamente inserite nel loro presente, sia attraverso il lato più biografico da parte degli studiosi. Parlare quindi di un nuovo documentario dedicato alla figura di Pasolini, in uscita nelle piattaforme streaming proprio nel giorno commemorativo, potrebbe far pensare a un'ennesima opera tra le tante che già sono state dedicate ai lavori e alla vita del regista. Non è il caso del lavoro a quattro mani di Francesco Costabile e Federico Savonitto che intendono fare un lavoro sulla memoria, sull'intimità, la testimonianza e la poesia. Il risultato è un film che procede attraverso due registri differenti che hanno lo stesso obiettivo: la memoria, come vittoria sulla morte.
Raccontare e testimoniare
Il documentario racconta gli anni di Pasolini della sua giovinezza e le sue prime poesie, scritte in dialetto friulano (la lingua di sua madre, denotando fin da subito un forte legame con la figura materna), attraverso la testimonianza di Nico Naldini. Lo scrittore, qui alla sua ultima intervista - e crea un po' di tristezza quella frase pronunciata ad alta voce: "Questa è l'ultima volta che ne parlo" -, è il cugino di Pier Paolo Pasolini e riesce a dare voce a una serie di racconti, talvolta a mo di aneddoti, talvolta semplicemente raccontando i fatti in maniera più tradizionale degli anni passati a Casarsa in sua compagnia. Si percepisce, attraverso il racconto, la voglia di lasciare una testimonianza precisa e allo stesso tempo informale della giovinezza di Pasolini e del significato che le sue prime poesie avevano per lui. C'è spazio, però, anche per indagare il ruolo dei genitori e in generale della famiglia che hanno contribuito a costruire il Pasolini intellettuale, anche attraverso le tragedie che lo hanno colpito, prima tra tutte, la morte del fratello partigiano. Ma il racconto sincero e a tratti commosso di Naldini si sposta anche attraverso i primi turbamenti erotici, i primi legami sentimentali e le prime pulsioni sessuali, così inspiegabili tanto da dover inventare un termine: "teta velata". Proprio questa parola inventata da Pasolini per descrivere una sensazione che provava vedendo le gambe nude diventa metafora dell'intero personaggio pasoliniano: difficile da raccontare e impossibile da riassumere, Pasolini esiste attraverso frammenti di memoria, di inesistente obiettività.
Ricordando Pier Paolo Pasolini: il suo cinema in 10 tappe fondamentali
Archivi e poesia
Ed è qui che entra in gioco il secondo registro utilizzato nel film che si alterna alla testimonianza di Nico Naldini. Un registro che al suo interno presenta la maniera più tradizionale nell'affrontare un documentario e quella più artistica. A filmati d'archivio che danno voce allo stesso Pasolini intento a raccontarsi (e che lega indissolubilmente la sua vita alle sue opere), fotografie che lo ritraggono o che ha sviluppato di prima mano, il film lascia spazio anche a un approccio più poetico e rarefatto. Le poesie in friulano, opportunamente sottotitolate, vengono recitate da vari lettori mentre sullo schermo compaiono immagini montate con gusto che dovrebbero richiamare la dimensione poetica dell'opera pasoliniana. È così che assistiamo a piccoli cortometraggi artistici, dallo stile semplice e asciutto (in modo tale da lasciare preponderante i versi del poeta o, comunque, creare sinergia) che fanno piacevolmente da contrappunto alla tradizione documentaristica attraverso immagini evocative che rifuggono l'artificiosità della docu-fiction. Va detto che non sempre questo duetto di registri funziona al meglio lasciando la sensazione di un eccessivo rallentamento nel racconto o causando un poco piacevole senso di ripetitività, ma va senza dubbio apprezzato il tentativo di distinguersi in un panorama quale quello dedicato al ripercorrere la vita e le opere di Pier Paolo Pasolini.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di In un futuro aprile – Il giovane Pasolini apprezzando la particolarità di un documentario che alterna testimonianze di stampo classico con momenti più poetici ed evocativi. Il racconto di Nico Naldini, qui alla sua ultima apparizione in video, riesce a rendere interessante e particolarmente intimo il ritratto del cugino. Non sempre il ritmo si mantiene stabile, ma va apprezzato il tentativo di dar vita a un documentario unico nel suo genere.
Perché ci piace
- La testimonianza di Nico Naldini dona un ritratto di Pasolini sincero e intimo.
- Oltre ai filmati d’archivio, il film cerca di restituire allo spettatore le sensazioni poetiche dell’artista.
- I momenti più evocativi rifuggono dall’artificiosità della docu-fiction.
Cosa non va
- Non sempre il ritmo, tra testimonianze e poesie recitate, risulta equilibrato.