In alto mare, la recensione: su Prime Video un survival thriller che fa acqua

La recensione di In alto mare, film portoghese remake di Adrift - Alla deriva (2006), nel quale un gruppo di amici a bordo di una barca si trova disperso in mare aperto, impossibilitato a far ritorno a bordo per una banale, ma tragica, dimenticanza.

In alto mare, la recensione: su Prime Video un survival thriller che fa acqua

Un gruppo di amici sta per trascorrere un fine settimana all'insegna del relax sulla barca di uno di loro, il più ricco nonché noto dongiovanni. Proprio il proprietario dell'imbarcazione è anche l'ex fidanzato di una delle altre ospiti, che per l'occasione ha deciso di portare con sé il fresco marito e il figlioletto di pochi mesi, nella speranza che quel soggiorno paradisiaco possa sistemare una relazione apparentemente già alle prese con un periodo di crisi.

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In alto mare: una scena del flim

Come vi raccontiamo nella recensione di In alto mare, sono tre le coppie - alcune ufficiali come detto e altre potenzialmente in divenire - che prendono parte a questo viaggio all'insegna del divertimento, nel quale prendere il sole sdraiati sullo scafo e sorseggiare una birra dopo l'altra. Nel bel mezzo dell'oceano in quattro decidono di tuffarsi in acqua per fare un bagno, seguiti poco dopo dai due che erano rimasti a bordo... peccato però che nessuno si sia ricordato di sganciare la scaletta di emergenza per poter poi risalire. In una lotta contro il tempo e contro la fatica, i sei amici dovranno trovare un modo per far ritorno sulla barca prima che cedano loro le forze o sperare nel passaggio di altri mezzi nei dintorni, mentre il buio si avvicina inesorabilmente.

Chi si rivede

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In alto mare: una scena del flim

Se la trama vi appare familiare, il motivo è presto detto: ci troviamo infatti davanti ad un remake dichiarato di Alla deriva - Adrift (2006), che in diverse parti del mondo era stato distribuito forzatamente come Open Water 2: Alla deriva, un fasullo secondo episodio appiccicato per meri scopi commerciali al film cult del 2003, quello sì davvero interessante nel suo riprendere una tragica storia vera e trasformarla in un ingranaggio tensivo di tutto rispetto. Se già il truffaldino sequel sopraccitato non brillava per originalità e intelligenza narrativa, lo stesso si può dire anche per questo rifacimento di produzione portoghese, il quale appare ulteriormente superfluo nella sua dedizione da copia-incolla anche nella relativa gestione dei personaggi.

Chi è causa del suo mal

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In alto mare: una scena del flim

La risposta alla domanda "ma ce n'era davvero bisogno?" non può quindi che essere un secco no, e il solo motivo logico che viene in mente è il fatto di trovarci davanti a pellicole capaci sulla carta di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Non serve infatti un cast di grandi nomi, giacché tutti i protagonisti devono seguire un preciso ruolo senza emergere l'uno sull'altro, e nemmeno un budget dispendioso, con un'unica ambientazione limitata a questa barca in mare aperto, fulcro sociale degli eventi sia quando gli occupanti sono a bordo che quando si trovano al di sotto dello scafo nel disperato tentativo di risalire. Attacchi di panico, ansie crescenti, crampi ai polpacci e così via minano la salute psico-fisica di questi naufraghi sempre più alla deriva, con il tempo che si trasforma in un nemico implacabile quando la stanchezza aumenta e le varie soluzioni adottate si risolvono in un nulla di fatto, tanto che ben presto lo spettatore si domanderà chi sarà effettivamente il primo a morire annegato.

Amore e odio

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In alto mare: una scena del flim

Anche i rapporti che legano i personaggi sono presi di pari passo, con lievissimi cambiamenti, da quelli che caratterizzavano la pellicola alla base, epilogo incluso. L'ora e mezzo complessiva, dopo il primo terzo, si risolve in uno scambio di reciproche accuse, sensi di colpa e dichiarazioni d'amore dell'ultimo minuto che i Nostri pensano bene di vomitarsi addosso mentre si trovano lì tra quelle acque sempre più insidiose, con l'ipotetica presenza di pescecani e la notte prossima a calare e a complicare ulteriormente la già non rosea situazione. Al cast va dato atto di averci provato, e se alcuni passaggi riescono a risultare parzialmente ansiogeni il merito è esclusivamente degli attori; la regia d'altronde è troppo fiacca e anonima, impersonale nella sua mera reiterazione di un qualcosa di già visto, per poter generare quella necessaria dose di tensione a tema, che difatti manca per gran parte della visione.

Conclusioni

Un gruppo di amici decide di trascorrere un tranquillo weekend in barca all'insegna del relax e del divertimento, ma i loro propositi vengono meno in seguito a una grave dimenticanza. Gettatisi in acqua per un bagno in mare aperto, non riescono a tornare a bordo perché gli ultimi a buttarsi hanno dimenticato di azionare la scaletta per risalire. La vacanza diventa così un incubo, in una lotta contro il tempo e contro la fatica sempre più disperata. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di In alto mare, ci troviamo davanti al remake di un sequel apocrifo non memorabile già di suo quale Open Water 2 - Adrift: alla deriva (2006), che segue pedissequamente le linee guida dell'originale. Un film povero di tensione e popolato da personaggi inermi, vittime dei loro sbagli e delle loro gelosie, impegnati nella canoniche dinamiche da survival movie acquatico, per un'ora e mezza raramente ansiogena e scarsamente tensiva.

Movieplayer.it
2.0/5

Perché ci piace

  • Parte del cast è a tratti convincente e amplifica la carica ansiogena di certi passaggi.

Cosa non va

  • Un remake non necessario, quando anche il film alla base non era certo memorabile.
  • Sceneggiatura impersonale per un'operazione copia/incolla priva di ragion d'essere.