Julia Hart, su I’m your Woman: “Do voce a donne e afroamericani perché paghiamo noi il sogno americano"

Intervista a Julia Hart e Arinzé Kene, regista e attore di I'm your woman, in cui Rachel Brosnahan è una donna degli anni '70, moglie di un criminale, che lotta per la sua vita.

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I'm Your Woman: Rachel Brosnahan durante una scena

Dopo l'anteprima mondiale all'AFI Fest 2020, è ora su Amazon Prime Video I'm your woman, quarta pellicola di Julia Hart, con protagonista una strepitosa Rachel Brosnahan, che abbandona i toni brillanti della serie tv grazie a cui è diventata celebre, La fantastica signora Maisel, per abbracciare un caleidoscopio di stati d'animo appartenenti a un registro prevalentemente drammatico.

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I'm Your Woman: un'immagine

Siamo nell'America degli anni '70: Rachel Brosnahan è Jean, casalinga apparentemente non disperata, moglie di Eddie (Bill Heck), che si presenta come bello, ricco e sicuro di sé. In realtà i bei vestiti dai colori vivaci indossati dalla donna e la casa con giardino sono pagati con soldi sporchi. Eddie è un criminale e ha fatto arrabbiare le persone sbagliate. Come se non bastasse, poco prima di sparire, ha affidato alla compagna un neonato. Alla donna e al bambino, braccati da criminali in cerca di Eddie, si aggiunge Cal (Arinzé Kene), incaricato di proteggerli.

Ispiratasi al cinema di Michael Mann (citato nei titoli di coda), Julia Hart dal regista ha preso il titolo del suo film, I'm Your Woman (che è una battuta di Thief), ma la voce che pervade la pellicola è la sua. E l'artista, che ha scritto il film insieme al marito, Jordan Horowitz (produttore di La La Land), ha molte cose da dire. L'abbiamo incontrata via Zoom insieme all'attore Arinze Kene.

I'm your woman, la recensione: Rachel Brosnahan è meravigliosa anche in versione drammatica

La video intervista a Julia Hart

I'm your woman e il costo del sogno americano

Secondo voi qual è il costo del sogno americano?

Julia Hart: Dipende da chi ne paga le conseguenze: nelle storie che racconto è molto importante per me dare voce a donne persone di colore, perché penso che spesso siamo noi a soffrire le conseguenze del sogno americano che i maschi bianchi al potere cercano di costruire per se stessi. Il costo consiste in molte persone innocenti che finisco per soffrire, quando invece quelle che dovrebbero pagare rimangono impunite.

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I'm Your Woman: una scena del film con Rachel Brosnahan

Arinzé Kene: È una domanda impegnativa. Negli anni '70 ci hanno venduto questa idea che il sogno americano fosse raggiungibile per tutti. Ma da allora abbiamo cominciato a capire che non è vero. È più accessibile se sei un maschio bianco rispetto a tutti gli altri. Non soltanto questo film, ma molti altri e anche la politica di oggi hanno mostrato che il sogno americano non è così facile da realizzare. Forse non esiste davvero. È molto interessante come in questo film, in I'm your woman, i diversi personaggi cerchino di ottenerlo. Come Eddie, per esempio.

La video intervista ad Arinzé Kene

I'm your woman: la scena in discoteca e l'inseguimento in macchina

Due scene sono magnifiche: quella in discoteca e l'inseguimento in macchina. Come le hai realizzate?

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I'm Your Woman: una scena del film

J.H.: Probabilmente quelle sono le sequenze più difficili da realizzare: quindi per me significa molto che ti siano piaciute, grazie. Mi considero soprattutto una regista di attori: mi perdo nell'esperienza emotiva insieme a loro. È un'esperienza travolgente. Ci vuole molta preparazione in tutti i reparti: production designers, coordinatori degli stunt, assistenti di regia, costumisti. Bisognava assicurarsi che tutte quelle donne in tacchi alti non si facessero male, visto che dovevano scappare per salvarsi la vita. Si fa molta preparazione, si fanno piani per la sicurezza e poi ti perdi nel momento e cerchi di catturare più che puoi la verità, l'autenticità e il terrore. Con la consapevolezza che hai creato un ambiente sicuro per attori e crew.

I'm Your Woman, Rachel Brosnahan: "Il sogno americano non è per tutti: a volte non ti resta che cantare"

La scena nel caffè: (You Make Me Feel Like) A Natural Woman

Una delle scene più belle è quella in cui Jean e Cal cantano (You Make Me Feel Like) A Natural Woman di Aretha Franklin. Quanto è importante a volte cantare e basta? La tua vita va in pezzi e non ti resta che cantare.

J.H.: La cosa più importante: penso che la musica sia universale. È una forma d'arte universale: anche se non capisci le parole di una canzone ne comprendi le emozioni. Di molte canzoni che amo non so le parole, ma sento una forte connessione con le emozioni. Cantiamo ai bambini per calmarli. In quel momento era molto importante che i protagonisti cantassero insieme: era un modo per prendersi cura di loro stessi e calmarsi.

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I'm Your Woman: una foto del film

A.Z.: Quella è la mia scena preferita, sono contento che tu l'abbia nominata. Penso che cantare sia molto importante: canto ogni giorno, nella doccia. Sono un cantante nella doccia seriale. Quando non canto in doccia vuol dire che quel giorno sono di cattivo umore. Se non canto nella doccia normalmente vuol dire che sono schiacciato da qualche pensiero. Oggi ho cantato nella doccia, ho cantato prima di queste interviste. Penso che, anche quando la vita ti mette in difficoltà, cantare sia un bene.

I'm your woman e l'importanza di non voltarsi indietro

Nel finale si dice la frase "non devi voltarti indietro": quanto è importante a volte non guardarsi indietro e andare avanti con le nostre vite?

J.H.: Penso sia incredibilmente importante. Questo è l'unico momento che esiste: non puoi cambiare il passato, puoi solo vivere nel presente. Puoi fare piani per il futuro, ma devi sapere che non li puoi controllare. Essere presenti in questo momento è l'unica cosa che puoi controllare, è l'unica cosa che sta accadendo. Quindi credo sia estremamente importante essere una persona sana e vivere nel presente.

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I'm Your Woman: una scena

A.Z.: Penso sia molto importante: al punto che a volte non voglio pensare né al passato né al futuro, ma vivere solo il presente. Ho letto il libro Il potere di adesso otto volte! È davvero un ottimo libro: parla di lasciar andare il passato e anche il futuro, per vivere il momento ed essere presenti.