Il viaggio del principe, la recensione: quando l’animazione si fa didattica

La recensione de Il viaggio del principe, nuovo lungometraggio d'animazione del francese Jean-François Laguionie che ci riporta in un mondo popolato da scimmie antropomorfe.

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Il viaggio del Principe: una sequenza

Vogliamo iniziare la nostra recensione de Il viaggio del principe proprio partendo dal significato del titolo di questo nuovo lungometraggio animato diretto a quattro mani da Jean-François Laguionie e Xavier Picard. Va subito detto che non si tratta di un viaggio avventuroso, ricco di pericoli e di azione, ma uno di stampo intellettuale e didattico, quasi filosofico. Riproponendo l'universo di un suo precedente film, Scimmie come noi, Laguionie ritorna a usare le sue scimmie antropomorfe per parlare dell'umanità, soffermandosi sulla scoperta e sul rispetto del diverso, sulla lezione di vita e sulla crescita personale. Il risultato è un film che si rivolge a una platea di giovani spettatori, anche se, con il proseguimento della visione, si pongono alcuni dubbi sul senso dell'operazione.

Il re delle scimmie

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Il viaggio del Principe: un'immagine

Siamo in un mondo popolato da scimmie antropomorfe, in un tempo indefinito che ricorda un periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento. Un vecchio principe viene trovato privo di sensi sulla riva del mare da un giovane di nome Tom. Qualche giorno dopo, il vecchio si sveglia in un posto sconosciuto, circondato da infermiere e accademici che parlano una lingua diversa dalla sua. Si tratta di due civiltà diverse, separate dal mare, ignare entrambe di un mondo esterno. Sarà l'occasione, per il vecchio principe, di conoscere un'altra società, più civilizzata della sua ma anche diversa e meno aperta allo straniero. I genitori di Tom, gli accademici che hanno preso in cura il principe, proveranno a cambiare la percezione del diverso nella loro rigida società. Il viaggio del principe ha un significato duplice: da un lato è la voglia di scoprire qualcosa che sta al di fuori del proprio perimetro, motore che ha spinto il principe a viaggiare fisicamente e approdare, stanco e debole, sulla spiaggia in cui è stato ritrovato; dall'altro è un viaggio intellettuale che permette la crescita interiore e personale, cercando di capire la varietà del mondo. Da un certo punto di vista si tratta di una rilettura, omaggiata all'interno del film stesso, e rivolta a un pubblico di giovanissimi (quindi senza un tragico finale) della storia di King Kong, il re delle scimmie. Anche in quel caso la scimmia veniva trasportata in una società più civilizzata, ma senza cuore. Va detto, però, che Il viaggio del principe si ferma solo alla superficie di questa tematica, rinunciando all'azione e all'avventura.

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Alla ricerca del pubblico

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Il viaggio del Principe: un'immagine del film d'animazione

Più interessato a uno scopo educativo e didattico, questo lungometraggio d'animazione sembra consapevole di rivolgersi a una precisa tipologia di pubblico, ma porta con sé alcune scelte che risultano rischiose e controproducenti. Molto dialogato, il film tende a spiegare e raccontare più che mostrare, attento a portare avanti un discorso argomentativo e tematico, mettendo da parte tutto ciò che normalmente consideriamo "d'intrattenimento". Rarissimi e brevi momenti d'azione (animati anche con un certo ritmo blando che non li valorizzano) rompono il flusso discorsivo in cui sono rinchiusi i personaggi. La storia, narrata in gran parte dalla voce narrante del principe, rispecchia un linguaggio a tratti aulico, e osa addirittura con la presenza di sottotitoli in alcuni momenti in cui l'incomprensione della lingua risulta importante ai fini narrativi. Sono tutti aspetti che, se per un adulto non dovrebbero causare problemi, potrebbero allontanare un pubblico infantile. Tuttavia, il film non cerca una comunione tra diversi target d'età, risultando poco appassionante e infantile per gli adulti e un po' troppo maturo e complesso per i bambini.

Un'animazione ibrida

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Il viaggio del Principe: una scena del film animato

Colpisce positivamente, invece, la scelta di affidarsi a un'animazione ibrida, di stampo tradizionale 2D supportata nella fluidità dei movimenti e nell'animazione dei personaggi dalla CGI. Anche in questo caso, non si può non notare la scelta di minimizzare gli elementi presenti in scena, prediligendo sfondi acquarellati ed evitando la presenza di dettagli in favore di una leggibilità più immediata di ciò che viene mostrato a schermo. Tipica della scuola francese, il film si basa sulla chiarezza espositiva e sulla ligne claire, la linea chiara che tende alla semplificazione e alla delicatezza del tratto e del segno. Questo non va considerato come un difetto o una mancanza, quanto come una scelta ben precisa capace di affrontare in maniera espressiva le tematiche presenti nel lungometraggio, quali lo scontro tra natura e civiltà. In questa chiarezza visiva, si nasconde il risultato del conflitto.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione de Il viaggio del principe possiamo dire di trovarci di fronte a uno strano ibrido d’animazione, sia dal punto di vista tecnico che contenutistico. Unendo animazione tradizionale e CGI, il lungometraggio francese intende insegnare a un pubblico di giovanissimi il piacere di uscire dai propri confini, non avere paura del diverso e coltivare la propria conoscenza. Chiaro e limpido come il tratto del disegno, Il viaggio del principe rinuncia all’azione per concentrarsi sulla parola e sulla filosofia, risultando però troppo infantile per un pubblico adulto e, allo stesso tempo, poco appassionante per il target di riferimento. Manca, di conseguenza, quell’equilibrio necessario per riuscire a colpire davvero e trasformare una lezione sociale in un film d’intrattenimento.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
1.5/5

Perché ci piace

  • L’animazione che unisce un tratto elegante e semplice del disegno di stampo tradizionale con la CGI.
  • Le tematiche affrontate che invitano alla cultura e a non avere paura del diverso.

Cosa non va

  • Rinunciando all’intrattenimento, il film si trasforma in una storia dal forte stampo didattico e dal linguaggio a volte troppo complesso per il pubblico di riferimento.