Ecco una cosa che non ci capita spesso di fare: parlare di un episodio poco riuscito de Il trono di spade. Non è certamente la prima volta (anche se francamente facciamo fatica a ricordare quando sia capitato di recente, ad esempio nell'ambito dell'ingiustamente vituperata quinta stagione) e forse non sarà nemmeno l'ultima; ma lasciateci dire che la delusione brucia. Brucia soprattutto perché, dopo due episodi preparatori ben congegnati ed eseguiti come Sangue del mio sangue e The Broken Man, era legittimo attendersi, per questo No One, ad appena due atti dalla fine della stagione, che si iniziasse a portare a compimento in maniera soddisfacente e credibile quanto approntato.
Non è un naufragio totale e irredimibile, No One: ci sono ottimi momenti, su tutti le scene di Delta delle Acque con Jaime alle prese prima con Brienne di Tarth e poi con Edmure Tully. C'è il meraviglioso Sandor Clegane/ Rory McCann che, dopo l'interludio "pacifista" di The Broken Man, torna a fare il gradasso e a menar le mani regalando un paio di battute che faranno piangere di gioia i suoi fan ("Preferisco il pollo"; "Ragazze più toste di te hanno cercato di ammazzarmi"). C'è la bella sequenza dell'inseguimento a Braavos e c'è Essie Davis. Ma nel complesso siamo di fronte un episodio più debole, dal passo incerto, con un paio di momenti imbarazzanti almeno quanto la tragica parentesi dorniana della premiere e un piccolo disastro difficile da digerire nella storyline di Meereen. Iniziamo da lì, così da toglierci subito la spina dal fianco e guardare speranzosi all'orizzonte.
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Brindisi con sorpresa a Meereen
Lo scorso anno avevamo esultato quando Tyrion Lannister era giunto al cospetto di Daenerys Targaryen, con un taglio netto alla poco produttiva storyline secondaria che George R.R. Martin gli aveva dedicato nel romanzo A Dance with Dragons; la prospettiva era quella di avere una fine mente politica e un personaggio sempre accattivante in quel di Meereen anche in assenza della Madre dei Draghi. Le interazioni tra il Folletto e il duo Missandei-Verme Grigio invece sono state scadenti sin dall'inizio di questa sesta stagione, e se i duetti con Varys sono rimasti gustosi nonostante l'infinita sequela di battute sui nani e sugli eunuchi, partito il Ragno - spereremmo per Approdo del Re, intenzionato a riprendersi gli "uccellini" sottrattigli da Qyburn, ma probabilmente per Dorne - invece di nuove emozionanti visite a Viserion e Rhaegal ci vengono servite queste scenette volte a celiare sulle differenze tra un gaudente semi alcolizzato e due giovani e casti innamorati, scritte in maniera inaccettabile per uno show di questo livello.
Come se non bastasse, l'ultimo scambio maldestro viene interrotto con il più banale dei twist. Gli accordi di Tyrion con gli schiavisti sono serviti solo a fare sì che lui abbassasse la guardia e si rammollisse con il vino: la flotta dei Padroni della Baia giunge minacciosa e imponente come nel migliore (si fa per dire) dei videogiochi strategici da desktop in cui si cimenta mio marito quando i bambini gli scippano la playstation. L'attacco a Meereen avrebbe potuto essere visivamente spettacolare, ma è evidente che bisognava risparmiare in vista dell'epica battaglia dell'imminente Battle of the Bastards. Il risultato è talmente fiacco che la tensione all'interno della Piramide fatica a salire, e il colpo di scena finale - se così vogliamo chiamarlo, trattandosi semplicemente di Dany che entra in una stanza - è anticlimatico e persino grottesco; non basta immaginare Drogon che arrostisce schiavisti sulle loro navi per dimenticare la sconcertante implausibilità negli sviluppi di questo segmento e il fatto che si sia riusciti a far sembrare cretino Tyrion Lannister.
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The things we do for love
Lo scenario di Delta delle Acque è quello che, in contrasto con Meereen, ci regala i momenti migliori di No One: ancora una volta una situazione di grande difficoltà e tensione si risolve quasi senza spargimento di sangue, la differenza è che qui le scene di confronto dialogico sono efficaci, e rivelatrici in merito alla caratterizzazione di Jaime Lannister in questa delicata fase del suo arco. Nikolaj Coster-Waldau e Gwendoline Christie ritrovano immediatamente l'antica alchimia, e il momento in cui condividono la scena è carico di emozioni e vibrante di non detto; trascorsi taciuti ma presenti; sentimenti celati ma vivi.
La scena con Edmure Tully è altrettanto bella e persino più illuminante: vi si esplora l'ambiguità morale dello Sterminatore di Re. "Come fai a dormire con il pensiero di quello che hai fatto?", chiede Edmure, che non sa ciò che sappiamo noi di Jaime, non ha ascoltato le parole che ha ascoltato Brienne. Jaime - lontano dal paralizzante veleno di Cersei - è un personaggio complesso, affascinante ed empatico, ma è anche figlio di suo padre: Jaime non rinnega i crimini di cui si è macchiato, e fa quello che avrebbe fatto Lord Tywin con Edmure, usando l'intelligenza per ottenere la resa del castello, e ostentando una spietatezza che gli appartiene meno che a suo padre ma che convince Edmure, che non è a parte di quanto svelato a noi: Jaime usa astutamente la propria cattiva reputazione per ottenere ciò che vuole - e ciò che vuole è riprendere il castello senza dover fare vittime. Quanto al suo amore assoluto per Cersei - qui avvicinata, per il disgusto dei devoti di Lady Catelyn Tully Stark, alla nobile sorella di Edmure - a questo punto ci sembra evidente che lo show sta preparando, per il finale di stagione, una catartica, esplosiva e risolutiva catastrofe finale anche su quel fronte.
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Se il Jaime di Coster-Waldau rende accattivante e tematicamente denso questo segmento, non si può dire lo stesso di quello che era stato il nostro campione dell'episodio precedente, il Pesce Nero, che appare ottuso e testardo nello scambio con Brienne e "spreca" l'occasione per ricreare un legame fruttuoso con il suo stesso sangue (Famiglia, dovere, onore, anyone?) e anche per sperare di scampare all'assedio. Ma il problema per noi è soprattutto la sua uscita di scena fuori campo, con l'annuncio della sua morte riferito a Jaime mentre questi saluta malinconicamente Brienne dai bastioni di Delta delle Acque. E va bene che Clive Russell è un uomo attempato e il rischio era di proporre una scena di combattimento poco incisiva come quelle - infami - con le Serpi delle Sabbie, ma reintrodurre Brynden Tully e la sua tempra leggendaria a questo punto per liberarsene senza nemmeno regalargli non dico un momento di gloria, ma almeno un briciolo di rilevanza narrativa è una scelta che facciamo fatica ad apprezzare.
Altrove nelle Terre dei Fiumi, un altro leggendario combattente riemerso in The Broken Man cerca il suo posto nel plot a colpi di scure. Non ci sarà il paventato processo per combattimento-Cleganebowl (a parte i problemi logistici, l'Alto Passero e Re Tommen hanno cambiato le regole in corsa in barba all'alterigia di Cersei Lannister), e tutto lascia pensare a questo punto che il destino per cui R'hllor ha risparmiato la vita di Sandor Clegane sia proprio la Fratellanza senza Vessilli, che è sì senza scoperta professione politica in fatto di gioco dei troni, ma certamente non è a favore dei Lannister o dei Frey. Ma se non bastasse a farci felici in questo frangente il carisma di Rory McCann, oltre al ritorno di Lord Beric e di Thoros di Myr (con la speranza che abbia uno scopo, per esempio quello di incamminarsi nella direzione da cui spirano i freddi venti dell'inverno?), ecco l'apprezzabile momento-fanservice che ci dimostra come il nostro sgraziato, brutalmente onesto, magnifico eroe non abbia dimenticato Arya Stark e Brienne di Tarth, le più fiere guerriere che abbia mai incontrato.
Un volto per la Casa del Bianco e del Nero
Da Sandor a Arya, il passaggio è naturale, anche se dobbiamo sciorinare altre dolenti note sul fronte Braavosi: mille teorie, supposizioni e giustificazioni per spiegare l'inspiegabile, ma il comportamento da turista senza un pensiero al mondo di Arya in The Broken Man, e il fatto che sopravviva a ferite come quelle che in questa stagione hanno abbattuto in un nanosecondo gente come Areo Hotah e Roose Bolton (non solo, qui corre, salta, rotola e ovviamente combatte al buio) - resta perfettamente assurdo. Non solo, questa chiusa per la saga degli Uomini senza volto ne svilisce la caratura: l'Orfana-Terminator è sconfitta da una ragazzina mezzo dissanguata in un altro anticlimatico scontro fuori campo, e il misterioso mentore Jaqen H'gar - nonostante quella fugace espressione soddisfatta che gli compare sul viso - è pure messo clamorosamente sotto scacco dall'allieva.
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C'è da dire Essie Davis/ Lady Crane, protagonista della nuova versione del monologo di Cersei nella rappresentazione delle Nozze Viola, apre magnificamente il segmento, e non senza una funzione che in una certa misura ne redime le problematiche: ci ricorda che il soggiorno a Braavos, per Arya, non è stato solo l'addestramento finale come combattente e assassina, ma le è servito a confrontarsi con sé stessa e con il passato da cui era fuggita, e a riconciliarsi con i suoi ambivalenti sentimenti per Sandor Clegane e persino con il suo cieco odio per Cersei Lannister: non è più l'assassina psicopatica e terrificante in cui il suo traumatico percorso l'aveva trasformata, quella che mieteva una sanguinosa e insensata vendetta ai danni di Ser Meryn Trant.
In fondo questo è il punto in cui ci aspettavamo che la storyline di Braavos ci conducesse in questa sesta stagione, con Arya cresciuta e ri-equilibrata che si appropria dell'abilità degli Uomini senza volto senza che questi riescano ad appropriarsi di lei. Certo non pensavamo che per riuscirci le servissero - se volete seguirci in un piccolo amarcord televisivo anni '90 - i superpoteri di Buffy - L'ammazzavampiri nel finale della seconda stagione. Ma Buffy non tornava da sua madre e dai suoi amici, dopo aver sconfitto la sua nemesi Angelus.
Arya Stark di Grande Inverno, invece, è pronta a tornare a casa.
E anche noi, a giudicare dalla fantastica preview del prossimo episodio The Battle of the Bastards che dimostra che non tutto è perduto, non per un singolo episodio che delude le aspettative di fan abituati fin troppo bene. Non so voi, ma noi ci sentiamo già più fiduciosi.
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Movieplayer.it
2.5/5