Che sia per i libri o per i film di Peter Jackson, Il Signore degli anelli è di sicuro una delle saghe più amate, utilizzate e conosciute al mondo. Nel corso degli anni le sono state attribuite connotazioni politiche, sono stati citati parti importanti di testo in molte occasioni, le sono state date nuove traduzioni ed è stata realizzata la costosissima serie disponibile su Prime Video, Gli anelli del potere, il tutto sempre commentato e analizzato da quel fandom così affezionato, e a volte tossico, che conferma però la costante attenzione sul mondo fantastico ideato da J. R. R. Tolkien.
È per questi motivi che Il Signore degli anelli: La guerra dei Rohirrim fin dall'annuncio è sembrata un'operazione rischiosa ma interessante perché riportava in animazione, dopo il tentativo fatto nel 1978, una storia ambientata nella Terra di Mezzo. Lo stile scelto è quello degli anime e, proprio per questo, alla regia è stato chiamato Kenji Kamiyama, nome abbastanza di spicco nel settore perché direttore dell'animazione nel film capolavoro Jin-Roh - Uomini e lupi e di un corto della raccolta Star Wars: Vision (oltre che di diversi progetto legati a Ghost in the Shell). Non un novellino, insomma, che questa volta, però, ha dovuto confrontarsi con un percorso già tracciato dalla bravissima sceneggiatrice e produttrice Philippa Boyens, collaboratrice storica di Jackson e penna che ha lavorato già sulla storica trilogia.
Guerra civile a Rohan
In questo nuovo lungometraggio si è scelto tuttavia di proporre al pubblico una storia nuova, della quale negli scritti di Tolkien abbiamo solo flebili tracce, ambientata ben 183 anni prima che la Compagnia dell'anello venisse formata. La storia, infatti, segue le vicende della Casata di Helm Mandimartello, re di Rohan, e in particolare di sua figlia Héra, una giovane donna intraprendente e curiosa che vuole vivere la sua vita esplorando nuovi luoghi anziché tra le mura di un castello. Quando si fa avanti l'ipotesi di organizzarle un matrimonio, si presenta al cospetto del re Wulf, il figlio di un nobile di spicco che, dopo la morte di suo padre a seguito di una lite nata proprio con Helm, giurerà vendetta all'uomo.
Nasce così una guerra interna al popolo di Rohan che vedrà Wulf alla guida di un suo esercito con il quale assediare e annientare la progenie e i cittadini sotto la giurisdizione di Mandimartello, ora rifugiatisi nella roccaforte di Hornburg, una fortezza sulle montagne che diventerà luogo fondamentale anche per la storia futura della Terra di Mezzo.
Buona scrittura e personaggi interessanti
Narrata in originale da Miranda Otto che, anche se solo con la voce, torna nei panni di Éowyn, questa vicenda è legata profondamente alla trilogia cinematografica e ne costituisce un prequel a suo modo efficace, specialmente dal punto di vista narrativo. La storia di Héra, della quale negli anni a seguire si è persa ogni traccia, ci riporta in un mondo diviso dove l'elemento magico, stavolta, rimane marginale per dare più spazio alle vicende degli umani, in lotta per potere e vendetta. La sceneggiatura, però è così solida che non si sente in alcun modo la necessità di spingere troppo sugli elementi fantastici, appassionando con una vicenda che è politica ma sopratutto umana. Attraverso la buona costruzione dei personaggi, infatti, lo spettatore riesce ad appassionarsi in fretta a quelle vicende che prima di ora erano solo un'eco lontana nella storia di Rohan, ma che diventano più tangibili e complesse.
Riusciamo a comprendere Héra, la sua dirompente voglia di libertà e il suo senso di responsabilità, così come comprendiamo i suoi due fratelli con personalità diverse ma plausibili, raccontati attraverso piccoli gesti e dialoghi. Più misterioso rimane l'antagonista, Wulf, roso dalla sete di vendetta a un punto tale che forse sarebbe servita qualche attenzione in più su di lui per farci capire effettivamente quale combinazione di sentimenti e desideri lo muovesse realmente. Ovviamente, non è una grave mancanza, anche considerando che molto di ciò che viene raccontato è frutto di una rielaborazione di tracce raccontate in appendici e note, ma dimostra come il mondo generato da Tolkien racchiuda in sé pressoché infinte potenzialità, continuando a parlare di presente a quasi settant'anni di distanza dalla sua pubblicazione.
La qualità incostante delle animazioni
Ed ora giungiamo a quello che è il tasto dolente de Il Signore degli Anelli: La Guerra dei Rohirrim: le animazioni. Alcune scelte tecniche, infatti, non hanno reso come forse ci si aspettava: i fondali molto dettagliati, quasi pittorici in alcuni momenti, che richiamano lo stile visivo dei film di Jackson, fanno fatica ad armonizzare con le animazioni totalmente in stile anime, la cui qualità risulta veramente altalenante nel corso del film. Combattimenti dinamici e concitati, durante i quali i personaggi si muovono fluidi e in armonia con lo sfondo, si alternano a momenti dove la cura viene meno, generando diverse problematiche anche piuttosto evidenti.
Ci rendiamo pienamente conto che mantenere costante la qualità in un lungometraggio animato di più di due ore e venti, dove è presente animazione a mano e CGI, non è certo una cosa semplice, ma forse qualche sforzo in più sarebbe servito per rendere tutto più armonico e visivamente efficace. Gli spettatori assidui di anime con un occhio abbastanza allenato, quindi, avranno da storcere il naso, con giusta ragione, in più di un'occasione, anche se in aiuto alle problematiche tecniche subentra ancora una volta la buona scrittura in grado di rapire e coinvolgere spostando l'attenzione dalle immagini alla storia e rendendo la visione un'esperienza comunque estremamente piacevole, un sanguinoso e suggestivo viaggio nel mondo de Il Signore degli anelli.
Conclusioni
Fin dall’annuncio Il Signore degli anelli - La guerra dei Rohirrim è apparso come un progetto estremamente rischioso sia per il cambio di medium che per il fandom appassionato ed esigente che segue il mondo di Tolkien. Il risultato è un film con un’ottima scrittura dove i personaggi, complessi e interessanti riescono con le loro gesta a catturare l’attenzione dello spettatore, trasportandolo nuovamente nella Terra di Mezzo, teatro di uno scontro interno alla popolazione di Rohan dove gli elementi fantastici vengono accantonati a favore di una storia più terrena e umana. A non convincere pienamente sono, invece, le animazioni la cui qualità risulta veramente poco costante alternando momenti estremamente dinamici ad altri meno curati e poco convincenti.
Perché ci piace
- La scrittura solida e appassionante.
- I personaggi complessi e ben rappresentati.
- In originale, la voce narrante di Miranda Otto.
Cosa non va
- La qualità delle animazioni, troppo incostante.
- Avremmo voluto conoscere meglio il personaggio di Wulf.