Il quarto processo, la recensione: quando la ricerca di giustizia non ha data di scadenza

La recensione de Il quarto processo, la docuserie Netflix che racconta la ricerca di giustizia di un ragazzo ingiustamente incolpato dell'omicidio di un poliziotto.

So che non possiamo tornare indietro, riavere la nostra giovinezza, e nessuna somma di denaro può compensare ciò che abbiamo perso. Ma sappiate questo, i poliziotti corrotti, i procuratori maligni, e le spie disperate che ci hanno ferito non possono portare via la nostra umanità. State aprendo la strada al cambiamento di questo sistema danneggiato.

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Il quarto processo: un'immagine della docuserie Netflix

Fa strano, a pochi mesi da quanto accaduto a George Floyd e dall'ondata di (giustissime) proteste che ne sono conseguite, ritrovarsi a scrivere questa recensione de Il quarto processo, la docuserie appena resa disponibile su Netflix che partendo da un singolo caso, quello di Sean Ellis, cerca di raccontare tematiche molto più ampie, dall'abuso di potere all'interno degli organi di polizia, alla corruzione di chi indossa un distintivo, al sistematico accanimento nei confronti delle persone di colore. Avessimo visto questo documentario prima di quanto accaduto a George Floyd (e a Breonna Taylor, e a tutti gli altri), forse non avremmo davvero colto il peso di una realtà così radicata. Forse ne avremmo compreso solo in piccola parte l'entità, ma di certo non avremmo immaginato quanto, dal singolo caso (e da ciò che gli ruota attorno) che ci viene raccontato in questo documentario, potesse essere esteso ed endemico nella realtà statunitense.

Sean K. Ellis viene accusato di un crimine che non ha commesso, semplicemente per trovarsi sul luogo del delitto e per essere - è giovane, ingenuo e nero - la copertura perfetta per un gruppo di poliziotti corrotti che avevano molto da nascondere e fin troppo da perdere, si fosse scavato troppo. Il detective (corrotto a sua volta, badate bene) John Mulligan, viene trovato morto nella sua auto davanti a un supermercato, dallo stesso supermercato è passato Sean poco prima, per comprare dei pannolini per il figlio della cugina. Non approfondiamo di più quanto accaduto per non rovinarvi il dettagliatissimo resoconto dei fatti fornito da documentario, che si prende l'impegno di scavare il più possibile nella vicenda, cercando di fare più possibile chiarezza su quanto sia accaduto prima e dopo l'ingiusta condanna ai danni di Sean.

L'omicidio di un poliziotto corrotto

Le regole vengono ignorate quando si tratta dell'omicidio di un poliziotto.

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Il quarto processo: una scena della docuserie Netflix

Il quarto processo si divide in 8 episodi di quasi un'ora ciascuno, in cui, come dicevamo, la vicenda viene esplorata da ogni angolatura possibile: il numero di testimonianze che il produttore esecutivo Jean-Xavier de Lestrade (The Staircase) e il regista Rémy Burkel (Sin City Law) sono riusciti a mettere insieme è qualcosa di strabiliante, non escludendo (nei pochi casi che i soggetti in questione abbiano deciso di partecipare) nemmeno l'altra faccia della medaglia di questa storia. Poliziotti fermamente convinti che John Mulligan fosse un agente di valore, praticamente ciechi davanti alle nefandezze compiute da lui e dai suoi colleghi. Perché come veniamo a scoprire nel corso dei diversi episodi de Il quarto processo i poliziotti di Boston (ma come quelli del resto del Paese ci viene fatto intuire) si sostengono e si appoggiano a vicenda in qualunque caso, anche di fronte alle prove più evidenti di corruzione, di manipolazione delle prove e dei testimoni.

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Il quarto processo: una foto di scena della serie Netflix

Lo ammettiamo, in più di un'occasione ci siamo ritrovati a chiederci come fosse possibile che prove materiali così evidenti a favore di Sean - telefoni cellulari che compaiono misteriosamente giusto dopo che la scientifica ha finito di analizzare l'auto in cui Mulligan è stato ucciso, o un testimone che giura di sapere la vera identità dell'assassino - non siano riuscite a impedire che un ragazzo di soli diciannove anni ne passasse più del doppio dietro le sbarre. Qual è il significato di giustizia in questi casi? Come si può cambiare un sistema che sembra corrotto fin nel midollo?

Il quarto processo

Sean Ellis non è solo, ci sono molti come lui aspettando in prigioni in tutto il Massachusetts. Che aspettano l'avvocato difensore che li salvi. Alcuni di loro potrebbero non essere mai salvati. E questo non è accettabile.

Ma qualcuno che sia venuto in soccorso di Sean Ellis, per fortuna, c'è stato: l'avvocatessa Rosemary Scapicchio, una forza della natura bionda ossigenata che non si fa mettere i piedi in testa da niente e da nessuno (e che vorremo protagonista della sua personale docuserie), e che in pochi anni è riuscita a ribaltare le sorti di un ragazzo ormai quarantenne, portandolo fuori di galera in libertà vigilata in attesa del quarto processo.

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Il quarto processo: una scena della serie Netflix

Sì, perché di processi Sean ne ha già passati tre, due dei quali si erano risolti in un nulla di fatto (perché la giuria non era convinta all'unanimità, guarda caso...): il quarto sarebbe quello dell'assoluzione definitiva, quello in cui, finalmente oltre ad ottenere la libertà definitiva Sean potrebbe anche riabilitare il suo nome (costantemente infangato dai poliziotti convinti della sua colpevolezza). Le cose, però, saranno decisamente più complicate di quanto Rosemary e tutto il suo team avrebbero mai potuto immaginare. Una lotta contro i mulini a vento la loro o ci sono delle reali possibilità per Sean di uscirne finalmente pulito?

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La storia di Sean

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Il quarto processo: un'immagine della serie Netflix

Il quarto processo è una docuserie estremamente ben realizzata, sono pochi i documentari che vantano un'esplorazione del proprio tema così estesa e ben strutturata: a livello visivo lo spettatore viene guidato con una serie di chiarissime grafiche nei vari passaggi della vicenda (aiutandolo anche con delle animazioni ben realizzate), e la ricchezza di testimonianze è tale da dare un senso di completezza assoluta a quello che ci viene raccontato. Non tutti gli episodi procedono con lo stesso ritmo, sia chiaro (anche perché spesso si è costretti a soffermarsi sugli aspetti più burocratici e "noiosi" della vicenda), cosa che potrebbe scoraggiare qualche spettatore. Detto questo però è veramente impossibile non appassionarsi alla storia di Sean Ellis, questo ragazzo affetto da balbuzie costretto a passare il doppio dei suoi anni in prigione per un crimine che non ha commesso, semplicemente - non possiamo che sottolinearlo come spesso fa lui - perché nero.

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Il quarto processo: un'immagine tratta dalla docuserie Netflix

La dignità con cui però ci guida fino alla fine della sua storia, la forza e la speranza nei confronti del futuro che emana sono davvero qualcosa di encomiabile, e trasformano questo documentario dal resoconto di una triste vicenda - una tra le tante - in qualcosa di davvero imperdibile, anche per lo spettatore che lo guarda dall'altra parte del mondo e che sente realtà come quella di Sean (ma anche di tutte le altre persone in situazioni simili che vengono citate) così lontane. Non lo sono, e continuare a documentarci, ad imparare, è il minimo che possiamo fare per portare giustizia a tutti i Sean Ellis, i George Floyd e le Breonna Taylor che hanno subito il lato più crudele - e sbilanciato - della giustizia.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione de Il quarto processo sottolineando quanto questa docuserie dedicata al caso di Sean Ellis sia ottimamente realizzato, e come riesca ad indagare la vicenda nel modo più approfondito possibile. Gli episodi centrali, dal ritmo decisamente più rilassato, potrebbero forse scoraggiare, alcuni spettatori.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il documentario riesce ad indagare la vicenda estremamente nel dettaglio.
  • Le animazioni bel realizzate che guidano lo spettatore nella comprensione della vicenda.
  • L'incredibile numero di testimonianze.

Cosa non va

  • Gli episodi centrali dal ritmo un po' più rilassato potrebbero scoraggiare alcuni spettatori.