Sunny è una detective della polizia che quando era bambina ha perso il senso dell'olfatto, una condizione che da allora le ha creato non pochi problemi nella sfera privata e nelle relazioni con le altre persone. Ciò nonostante le cose sembrano cambiate dopo aver conosciuto il collega Juro, con il quale è nato un innamoramento reciproco nonostante lui fosse già sposato e padre di due bambini. Come vi raccontiamo nella recensione de Il profumiere i due agenti stanno indagando su una serie di inquietanti delitti di giovani donne, che sembrano legati da un medesimo modus operandi e quindi alla presenza in città di un serial killer. Quest'ultimo è il misterioso Dorian, un giovane che con l'aiuto di una complice sta cercando di estrarre l'essenza perfetta dai corpi senza vita delle sue vittime, con l'obiettivo di creare un filtro d'amore. Durante un'irruzione proprio Sunny trafuga di nascosto uno dei flaconi sperimentali, ritrovandosi dopo tanti anni a ritrovare emozioni mai sopite e a sfruttare la magica essenza per propri scopi personali, finendo anche per allearsi con il criminale. Ma come è ovvio le cose finiscono per complicarsi sempre di più...
Una fonte importante
Come dichiarato anticipatamente durante l'opening, Il profumiere si ispira - molto alla larga e con un drastico cambio d'ambientazione - al romanzo cult Il profumo di Patrick Süskind, pubblicato nel 1985 e già trasposto su grande schermo nel controverso adattamento di Tom Tykwer. Qui si adattano alcune delle dinamiche alla base del libro in un contesto poliziesco avente luogo ai giorni nostri, nel tentativo di approfondire le potenzialità che un moderno filtro d'amore può innescare all'interno di una trama investigativa, con tutte le conseguenze del caso. Peccato che minuto dopo minuto la sceneggiatura perda solidità e finisca per attorcigliarsi morbosamente su se stessa, perdendo di vista il cuore effettivo del racconto.
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Soluzioni banali
Racconto che viene accompagnato da un costante voice over, con la voce della protagonista che ripercorre le vicende da lei vissute narrandole al figlio futuro nascituro: un espediente furbo e scontato per esprimere a voce quelle emozioni che non trovano adeguata risposta in una messa in scena flebile e anonima, con il flusso tensivo della vicenda che si spegne progressivamente una volta capito il leit motiv principale. Il profumiere infatti vive sul rapporto complementare e antitetico al contempo tra le due figure centrali, ovvero la poliziotta affetta da profondi traumi psicologici e un villain ancor più tormentato e fuori controllo, anime perse che sembrano potersi avvicinare salvo poi scontrarsi con un'incomunicabilità evidente, atta a deragliare verso quell'epilogo poco probabile e svuotato del climax necessario.
Una messa in scena mediocre
Stilisticamente l'operazione alterna passaggi più ispirati, dall'immagine iniziale che riporta alla mente l'Ophelia del pittore preraffaellita John Everett Millais ad un paio di vagiti visionari nelle fasi dove l'odore prende il sopravvento sulla volontà, ad altri gratuiti e inutilmente pacchiani, come in quell'epilogo che scava forzatamente nella follia di un Dorian ormai completamente perso nel suo delirio. Il cast non brilla e l'impressione di trovarsi davanti a un classico episodio di qualsiasi produzione televisiva per il piccolo schermo tedesco, si fa sempre più palese con lo scorrere dei minuti, con lo stile fiacco e incolore di Nils Willbrandt, regista che non a caso proviene proprio dalla serialità. Una sorta di puntata lunga abbellita con un budget più ampio e qualche spunto narrativo dark e mystery, ma incapace di lasciare il segno.
Conclusioni
Adattamento in chiave moderna, e virato alle logiche del poliziesco, del romanzo cult Il profumo di Patrick Süskind, il film di Nils Willbrandt non riesce a reggersi sulle proprie gambe, con una narrazione costretta ad affidarsi ad un costante voice-over per cercare di mantenere a livelli almeno accettabili l'interesse dello spettatore. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Il profumiere, la storia pecca infatti di diverse ingenuità e inverosimiglianze, con una gestione poco oculata del rapporto tra protagonista e villain e risvolti romantici di sottofondo che rischiano di prendere il sopravvento su una componente investigativa poco ispirata.
Perché ci piace
- L'idea alla base ha qualche discreto spunto...
Cosa non va
- ...purtroppo non sfruttato al meglio in fase di sceneggiatura.
- Un cast poco carismatico.
- La regia si perde spesso in soluzioni gratuite e non riesce a trasmettere la necessaria tensione a tema.