Siamo tutti un po' principi, e un po' "pirla", soprattutto nell'età adolescenziale. Poi capita che la vita vada avanti, gli anni scorrono, e l'entrata nell'età adulta porti con sé nuove richieste, nuove attese; e così questa duplice caratteristica inizia inesorabilmente a venir meno, lasciando spazio a nuove versioni di sé, sempre meno pirla, e sempre meno principi.
Come sottolineeremo in questa recensione de Il principe di Melchiorre Gioia, il film del giovane e prolifico regista Andrea Castoldi, restituisce con ironia e semplicità di sguardo questo scarto tra una vitalità giovanile, a tratti irresponsabile, con i lasciti di una maturità che prende e chiama in raccolta il proprio senso del dovere, trascinandoci tra lavori insoddisfacenti, e un continuo ritorno al passato. Un viaggio tra le onde della memoria, che culla l'anima e sprona il corpo a svegliarsi per cercare un barlume di speranza nella luce del nuovo giorno, anche per chi all'essere Principe ha fatto soccombere un lato più pirla, ma non per questo meno curioso, sarcastico, e ironico.
Il Principe di Melchiorre Gioia: la trama
Il Principe è un perdigiorno che si aggira assiduamente nell'area attorno a via Melchiorre Gioia a Milano con addosso una finta pelliccia. Gli anni Novanta sono agli sgoccioli e la vita notturna da quelle parti vede in attività strani personaggi con cui l'uomo entra in contatto. La sua vita domestica però non garantisce emozioni: il Principe abita con la nonna. Oggi è diventato un cinquantenne che sopravvive distribuendo volantini, tentando di rispondere alle continue aspettative di una società che corre, mentre lui pare rimanere fermo.
Principi di ieri, anti-eroi di oggi
Viviamo in una società che pretende. Pretende obiettivi da raggiungere, risultati da ottenere; pretende ambizione, e una vita vissuta sulla scia del merito. Ma in un mondo di eroi, "il principe" ha sempre preferito essere la nemesi perfetta del cittadino ideale. Un villain urbano, che si muove tra le vie della città senza mantello, ma con plichi di volantini in mano. Un anti-eroe della sconfitta, un vendicatore mancato delle proprie responsabilità, con il super potere di trasportarsi mentalmente nel passato e lì rimanerci, per superare gli ostacoli della propria quotidianità, tra difficoltà del lavoro e noia del presente. Siamo oggi il frutto di scelte di ieri, e nell'andamento strascicato, e l'aspetto un po' trasandato del Principe, vivono i fantasmi delle feste, i divertimenti giovanili. Tessere di un puzzle ormai scolorito e perduto, ma a cui ancorarsi sempre e comunque, con fare catartico e istinti di sopravvivenza.
La lotta eterna tra passato e presente
Ne Il principe di Melchiorre Gioia c'è un prima, e c'è un dopo che vive di luce riflessa all'ombra del nostro ieri. Non è pertanto un caso se il racconto di secondo livello, tutto giocato sul ritorno al passato, ribalti il proprio costrutto narrativo, sostituendosi a quello principale. Sono continue spallate, quelle compiute dai tanti e continui flashback; una presa di posizione e di predominio, attuata grazie a una resa fotografica abbacinante e colorata, e un'ironia travolgente. Ciononostante, la mancanza di un perfetto equilibrio cronologico a fronte di un eccessivo spazio riservato ai momenti del passato, rischia di lasciar cadere l'intera opera nel calderone della saturazione narrativa, facendo in modo che lo spettatore possa distrarsi e recidere così quel filo affettivo che lo stava legando al proprio protagonista. Aver alternato con maggior frequenza i flashback ai ritorni al presente avrebbe infatti sottolineato con più fermezza lo scarto dicotomico tra i due spettri temporali, esacerbando la portata delle conseguenze di ieri sull'agire dell'oggi. Ciononostante, forte di un'elementarietà di sguardo, Castoldi imbastisce un racconto che intrattiene e diverte, senza pretese ma con un guizzo sarcastico sulla società contemporanea; un riflesso speculare del lato fanciullesco e (fin troppo) spensierato di personaggi immortalati come eterni Peter Pan bloccati nel Neverland del passato, che agiscono per dipingere i confini nebbiosi dell'isola del presente.
Il passato è una terra da scrutare dal basso
Vive di due anime in antitesi e in perfetto contatto (e contrasto), Il principe di Melchiorre Gioia - Una storia inutile. Due facce di una stessa medaglia esistenziale restituite al proprio pubblico in tutta la loro duplice dicotomia. E così quella tonalità gelida, racchiusa in una tavolozza di colori freddi che avvolgono e cristallizzano il protagonista nell'attimo del presente, si fa sintomo perfetto di una certa, improvvisa, nostalgia e malinconia di una joie de vivre che pare andatasi perdendo tra lo scorrere del tempo. Il principe un po' pirla, ha lasciato così spazio a un uomo maturo e disincantato. Un percorso tracciato da una cinepresa che lo coglie nell'oggi ad altezza uomo, anticipandolo nei movimenti, e bloccandolo tra le fila di un passato che lo imprigiona, innestandogli una certa insofferenza verso la sorpresa del domani. Tanto vale allora lasciarsi andare all'apertura dello scrigno dei ricordi, e lì viverci, illuminato da una fotografia abbacinante e abbigliata da colori accesi e cangianti. Le riprese da frontali si vanno adesso ad abbassare, attratte da un sottosuolo fertile di caratteri eterogenei e fuori dagli schemi. Un terreno che germoglia, lasciando fiorire una flora umana pronta ad appassire nell'arco di poco tempo. Racchiuso nello spazio di tanti, lunghissimi flashback, quello di Castoldi si fa pertanto sguardo dal basso, come basso e umile è il koinè antropologico e culturale a cui Il Principe appartiene di diritto e di cui si fa massimo portavoce.
Rivisitare il passato con malinconica fantasia
Non solo massimo rappresentante di un universo fuori dall'ordinario, e di una lotta intestina tra passato e presente, Il Principe si eleva anche a ponte traballante emotivamente, ma forte e solido dal punto di vista narrativo e interpretativo, tra i due livelli di racconto. Un personaggio profondo e complesso nascosto sotto la coltre di un'apparente semplicità, perfettamente restituito dalla prestazione di Silvio Cavallo, interprete brillante che porta sulle sue spalle l'intero film, con professionalità ed estrema spontaneità. Il suo Principe è la chiave di volta di un corollario umano di personaggi idiosincratici, un po' pazzi e a tratti fortemente caricaturali. Ciò che ogni interprete offre sulla scena è una galleria di espressioni marcate e gesti enfatizzati, compiuti volutamente per rispondere non solo a un'esigenza sociale di rappresentare la realtà al di là dello schermo, quanto per rispondere a una nuova concezione del passato, rivissuta mentalmente nei tratti di un universo edulcorato nelle falle del dolore, per colorarsi di una pazzia nuova, un palliativo mnemonico accogliente e inafferrabile che anestetizzi la sofferenza sebbene per un breve, e illusoriamente eterno, momento.
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Gioventù bruciata dal fuoco del passato
Raccordati e uniti da stacchi di montaggio che risentono esteticamente dei primi videoclip dei Manetti Bros. (lo stesso look del principe è memore di quello del Super Cafone del Piotta) e della dinamicità vorticosa dello Spaced di Edgar Wright, i momenti immortalati da Castoldi sono schizzi frenetici di una rivisitazione del passato compiuta in chiave estremamente esacerbata dal punto di vista immaginifico. Un processo di vestizione del ricordo con abiti nuovi compiuto inconsciamente e attraverso il quale tenere stretti a sé solo i mementi belli investendoli di follia inedita. Si percepisce in maniera quasi tangibile il desiderio di Castoldi di costruire un saggio personale su una gioventù perduta e ora bruciata. Uno spirito del tempo che vive nello spazio di ogni raccordo, richiamato a sé per narrare una storia, fors'anche inutile, ma estremamente attuale, tra budget effimeri e nomi sconosciuti.
Non vanterà un parterre di grandi star, Il principe di Melchiorre Gioia; eppure tra i fasti di un amore possibile - ma mai realizzato - incontri notturni sporcati di cocaina, orge e rapporti poliamorosi, e un'atmosfera familiare dal forte calore umano, il film raggiunge con sufficienza il proprio obiettivo, narrando una storia di ordinaria, e un po' eccentrica, follia, per parlare di noi, di tanti principi rinchiusi nel corpo di molti pirla.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione de Il Principe di Melchiorre Gioia sottolineando come il nuovo film di Andrea Castoldi tenti, con ironia e semplicità, di tratteggiare la società dei giovani di ieri, ingabbiati nei corpi disillusi degli adulti di oggi. Un continuo andirivieni tra passato e presente attraverso il quale ricercare ancore di salvezza per evitare il baratro di doveri e responsabilità che ci immergono come onde anomale nell'oceano dell’oggi.
Perché ci piace
- La performance di Silvio Cavallo.
- L'uso del dialetto.
- L'intento di raffigurare il passato come cura pallativa per il dolore del presente.
- La durata dell'opera, consona al contenuto narrato.
Cosa non va
- Il troppo spazio dato ai flashback.
- Il poco equilibrio tra passato e presente.
- Il mancato approfondimento circa certi rapporti interpersonali.