Con la recensione de Il mostro dei mari, disponibile in esclusiva su Netflix dopo aver fatto alcuni passaggi in sala in certi paesi (chi scrive l'ha visto sul grande schermo in occasione del Festival di Annecy, dove il film ha chiuso una giornata dedicata al catalogo di produzioni originali animate del servizio streaming), entriamo in pieno nel mood estivo. Al netto delle dimensioni dello schermo, infatti, il nuovo lungometraggio di Chris Williams è a tutti gli effetti un blockbuster, per ambizioni e fattura tecnica. Un film di quelli che si facevano regolarmente qualche decennio fa, e che ancora oggi tendono a fare capolino di tanto in tanto (il regista afferma di essersi ispirato a come si sentiva lui da ragazzo vedendo al cinema le avventure di Indiana Jones). E che sia in una sala oscura o sullo schermo di casa (preferibilmente lontano dal caldo, in ogni caso), quel genere di racconto senza tempo è sempre una boccata d'aria fresca se articolato nel modo giusto.
Una vita all'insegna della caccia
Il mostro dei mari si svolge in un mondo leggermente diverso dal nostro, dove le famose mappe con dei mostri sparsi qua e là non sono un vezzo artistico, ma l'indicazione approssimativa della vera ubicazione di creature feroci in grado di annientare intere flotte. Ed è all'inseguimento di questi animali che hanno dedicato le loro vite il capitano Crow (Jared Harris in inglese e Diego Abatantuono in italiano) e il suo discepolo Jacob Holland (Karl Urban e Claudio Santamaria, rispettivamente), accolto nell'equipaggio in tenera età dopo essere finito in acqua proprio a causa di un mostro. Crow, novello Achab, è ossessionato da una creatura in particolare, e non si darà pace finché non l'avrà catturata, anche per una questione di prestigio agli occhi del sovrano. Quando partono per l'ennesima spedizione Jacob si ritrova a dover gestire una clandestina a bordo: Maisie Brumble, orfana che non ne vuole sapere di stare con i coetanei, poiché fissata con i mostri e gli avventurieri. E così, inizia un nuovo viaggio intriso di pericoli...
Pinocchio e non solo: i prossimi film Netflix Animation in anteprima ad Annecy 2022
Un percorso avventuroso
Per anni Chris Williams è stato uno dei nomi importanti della Walt Disney Animation, avendo debuttato come membro della troupe ai tempi di Mulan per poi assumere ruoli sempre più di spessore, fino a firmare - con altri, come da consuetudine per gran parte del cinema d'animazione americano - la regia di film come Bolt - un eroe a quattro zampe, Big Hero 6 e Oceania ed entrare a far parte del gruppo principale di creativi dell'azienda, dando pareri sui progetti degli altri (e a volte contribuendo in altro modo: in Frozen - Il regno di ghiaccio e Frozen II - Il segreto di Arendelle presta la voce al commerciante Oaken). Ha poi lasciato la major nel 2018, per dedicarsi a nuove avventure, e il caso vuole che l'ultimo lungometraggio disneyano a cui ha lavorato - come soggettista - sia Raya e l'ultimo drago, un altro racconto fantastico con creature sovrannaturali e una giovane protagonista che cerca di capire quale sia il suo posto in un mondo roso dalla paura.
Raya e l'ultimo drago, la recensione: Nuove eroine Disney, tra unità e fiducia reciproca
Le lezioni imparate nel corso di quei due decenni sono evidenti in questo suo primo lungometraggio come regista unico, dove l'ambizione narrativa - che si traduce in una storia semplice ma ricca di sfumature sul piano psicologico - si sposa con un apparato tecnico semplicemente sbalorditivo, in particolare per l'annosa questione dell'acqua che ha sempre costituito una sfida di non poco conto per chi si occupa di animazione digitale e qui è parte integrante della creazione di un universo vasto e potenzialmente infinito, che però non si scorda mai del cuore umano (o anche non-umano) dell'operazione. Un cuore che permea l'intero film, rendendolo una bella avventura per tutte le età.
Frozen II: Dietro le quinte con i realizzatori: come nasce un sequel di successo
Alla ricerca del genere perduto
Sono passati quasi vent'anni da quando la Disney, questa volta in live action, riportò in auge i pirati al cinema con Jack Sparrow e la sua Perla nera, dopo l'esito commerciale negativo dell'animato Il pianeta del tesoro (e, in casa DreamWorks, di Sinbad: la leggenda dei sette mari). E se quel filone ora è in standby per quanto concerne le figure in carne e ossa, Williams - pur non avendo firmato un film di pirati in senso stretto - riesce a trasporre il medesimo spirito senza tempo ma comunque molto attuale (c'è un sottotesto politico molto interessante) servendosi di un medium animato all'ennesima potenza, supportato da una galleria di personaggi assolutamente irresistibili, che si tratti degli umani o delle creature, incluso un comprimario molto disneyano che ruba spudoratamente la scena senza praticamente mai aprire bocca. Un piccolo grande divertimento come non se ne vedevano da tempo.
Conclusioni
Chiudendo la recensione de Il mostro dei mari non possiamo che rimanere colpiti dalla grande qualità tecnica e artistica del nuovo film d'animazione targato Netflix, una divertente avventura senza tempo adatta a tutti.
Perché ci piace
- La componente tecnica è sbalorditiva, soprattutto per l'uso dell'acqua.
- La storia è accattivante e ricca di sfumature nella sua semplicità.
- I personaggi sono ben realizzati e doppiati, sia in inglese che in italiano.
Cosa non va
- È un po' un peccato non poter vedere uno spettacolo simile sul grande schermo.