Recensione Alfie (2004)

Tema classico ed abusato, trattato in una maniera irritante e scontata, zeppo di luoghi comuni e di psicologismi della peggior specie e come se tutto ciò non fosse sufficiente attraverso la forma dei continui rimandi narranti del protagonista allo spettatore.

Il Macho in cerca di redenzione

Il bell'Alfie (l'onnipresente Jude Law) è un simpatico ed affabile ragazzo dal doppio lavoro e dalle molte ambizioni anche se vive ancora in un piccolo monolocale. Logicamente sa cosa vogliono tutti gli uomini del pianeta e come sono fatte tutte le donne e di questa sua saggezza ci omaggia a piene mani e gratuitamente. Ne conquista molte ne tradisce altre, non capisce il suo capo giapponese, crede nel sogno americano anche se ne ripudia l'istituzione della famiglia, beve molto alcool e quando ha più tempo libero del solito finisce anche nel letto della donna del suo migliore amico, solo però con l'obiettivo perseguito di farli riunire.

Ma prima o poi anche per i più grandi i primi segnali negativi arrivano e quindi Alfie viene lasciato dalla sua pseudo-fidanzata, comincia a manifestare disfunzioni genitali, teme l'impotenza, conosce un vecchio saggio, scopre che non ha nulla che non si curi con il succo di carota e finisce in una notte di Natale a letto con la bionda che tutti noi cromosomati XY naturalmente sogniamo. La bionda si stabilisce a casa, ha ambizioni da pittrice di interni, un problemino con la vita sana e nonostante le sue rinomate capacità amatorie, genera nel caro Alfie il desiderio di dedicarsi ad una donna più matura e di classe (una Susan Sarandon in un momento di profonda disistima della sua notevole carriera professionale). Sarà l'ultimo ruggito del leone, prima che i rifiuti di tutte le donne che ha lasciato e a cui naturalmente si è riproposto, oltre ad un'atroce scoperta lo porteranno a una tragica presa di coscienza: Alfie è una sorta di finto uomo medio incapace di impegnarsi, una tragedia che scuoterà irrimediabilmente sé stesso come tutti gli spettatori immedesimatisi.

E' chiaro intuire ciò a cui ci troviamo davanti in questo ennesimo, ingiustificato remake: la didascalica storia del solito dongiovanni impenitente di turno che passa le giornate a entrare ed uscire dai letti femminili, mascherando, dietro questa facciata da superficiale, nient'altro che una difesa all'incapacità di amare e di instaurare relazioni profonde. Tema classico ed abusato, trattato in una maniera irritante e scontata, zeppo di luoghi comuni e di psicologismi della peggior specie e come se tutto ciò non fosse sufficiente attraverso la forma dei continui rimandi narranti del protagonista allo spettatore (è seriamente dura resistere per tutta la durata della pellicola alle continue frasi fatte che il bell'Alfie ci propina con sano spirito educativo). Tutto questo logicamente per dare più forza all'ostentato messaggio finale per cui la famiglia e gli affetti sono l'unica ancora di salvezza per "pacificare la propria anima".

Ricco di curiose analogie con Hitch - lui si che capisce le donne, la commedia con Will Smith da poco uscita negli Stati Uniti, Alfie ne condivide sia l'estetica fastidiosamente cool, che il sottostrato moralista, portato però nel caso di Alfie a livelli di guardia, da pedagogia buttiglionesca verrebbe da dire. Il percorso del nostro caro Alfie è infatti quanto di più dannatamente conformista si possa vedere sul grande schermo; tanto che è il tentativo moralista è talmente manifesto e lontano da ogni complessità da generare probabili furori politicamente scorretti al termine di un film in cui ogni evento e situazione è prevedibile con un anticipo deprimente.