Il giovane Wallander 2, recensione: le indagini svedesi continuano su Netflix

La recensione della seconda stagione de Il giovane Wallander, serie Netflix basata sul personaggio creato da Henning Mankell.

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Il giovane Wallander 2: una scena della serie

Si torna in Svezia con questa recensione de Il giovane Wallander 2, la seconda annata (con il sottotitolo Killer's Shadow) della serie Netflix che racconta le gesta di un Kurt Wallander alle prime armi, anni prima delle indagini rese celebri dai romanzi di Henning Mankell e dagli adattamenti con protagonisti Rolf Lassgård (al cinema), Krister Henriksson e Kenneth Branagh (entrambi sul piccolo schermo). O meglio, la Svezia immaginata in ottica internazionale, con dialoghi in inglese come già accaduto nello show con Branagh, guarda caso anch'esso ora disponibile su Netflix per fungere da sorta di sequel spirituale della nuova serie. Un accostamento che ha però anche dell'impietoso, perché laddove l'attore irlandese è riuscito nel difficile intento di conquistare critici e fan nordici, al punto da essere considerato il miglior Wallander sullo schermo, le gesta del giovane Kurt non possono aspirare a quei ranghi, nonostante le buone intenzioni che si celano dietro la sua produzione.

Un nuovo caso

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Il giovane Wallander 2:un'immagine della serie

Al termine della prima stagione de Il giovane Wallander avevamo lasciato Kurt agli inizi della sua relazione con Mona, unico altro personaggio del canone mankelliano incluso nello show (cosa alquanto ironica, dato che nel primo romanzo i due sono già divorziati e lei appare solo sporadicamente nei libri successivi). Li ritroviamo insieme, felici, e lui sta valutando la possibilità di lasciare la polizia e darsi ad altro, per l'esattezza nell'ambito della sorveglianza. Ma proprio quando pensa di aver chiuso con le indagini, ecco che gliene viene affidata un'altra, dalle ramificazioni complesse poiché legata a un altro caso di alcuni anni prima. E così inizia la caccia a un misterioso killer, che metterà nuovamente alla prova le capacità investigative di Kurt e il suo rapporto non proprio roseo con colleghi e superiori...

Il giovane Wallander, recensione: il celebre poliziotto svedese torna grazie a Netflix

Stagione nuova, impostazione vecchia

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Il giovane Wallander 2: una scena della seconda stagione

Come nella prima annata, è evidente l'intento di mettere a nudo il lato oscuro della Svezia di oggi, aggiornando ai nostri tempi ciò che Mankell denunciava in forma scritta tra il 1991 e il 2009, prima di congedare Wallander per motivi di età. Ed è altrettanto evidente che la Yellow Bird, in collaborazione con Netflix, continui a puntare esclusivamente sulla forza del marchio associato alla figura del poliziotto, presentando il tutto con fare tutto sommato efficace (complice il bingewatching che permette allo spettatore di sorvolare sulle debolezze dei singoli episodi) ma abbastanza superficiale, senza mai sfruttare pienamente le potenzialità dell'ibridazione fra la lingua inglese e gli ambienti nordici, come invece accadeva ne Il commissario Wallander interpretato da Branagh che metteva in risalto le tonalità grigie della città di Ystad e dell'evoluzione dello stesso Kurt, investigatore integerrimo alle prese con un sistema con il quale in fin dei conti è piuttosto incompatibile.

Kenneth Branagh: un talento della recitazione tra cinema, teatro e tv

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Il giovane Wallander 2: una foto di scena

La seconda stagione cerca di andare un po' oltre queste limitazioni, ma ancora una volta la scelta di situare il grosso dell'azione in interni, rendendo l'ambientazione alquanto anonima, pesa su un progetto che avrebbe tutte le carte in regola per ampliare in modo interessante e inedito un universo che da decenni è parte integrante dell'immaginario collettivo per quanto riguarda il poliziesco di stampo scandinavo. Adam Pålsson rimane per lo più carismatico nei panni del giovane Kurt ma, forse anche con la scusa del prequel, viene a mancare lo spessore psicologico che ha sempre contraddistinto il personaggio, trasformandolo in archetipico protagonista di quello che tutto sommato è l'ennesimo serial di genere con cui si può ammazzare il tempo rovistando nei cataloghi sempre più infiniti delle piattaforme streaming, che in casi come questo faticano a smentire il luogo comune della loro natura di meri contenitori di prodotti che soddisfano i prerequisiti minimi ai fini del famigerato algoritmo. Perché Kurt Wallander non è un dato statistico, è una figura stratificata ed affascinante. Almeno sulla carta (in tutti i sensi).

Conclusioni

Chiudiamo la recensione de Il giovane Wallander 2 sottolineando come proponga una nuova indagine ma senza approfondire particolarmente la figura principale, consegnando un poliziesco efficace ma piuttosto superficiale.

Movieplayer.it
3.0/5

Perché ci piace

  • Adam Pålsson rimane carismatico nel ruolo di Kurt.
  • L'indagine procede con ritmo efficace.

Cosa non va

  • La scrittura rimane molto basilare e superficiale.